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La tua firma per l’Italia che vogliamo

Il documento “In salute, giusta, sostenibile. L’Italia che vogliamo”, promosso da 42 studiosi e dirigenti di associazioni, sta già raccogliendo molte adesioni. L’obiettivo è avviare un grande dibattito pubblico sul futuro del Paese nel dopo-epidemia, con proposte concrete per il governo, le istituzioni, la politica.

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Debitori per sempre?

Negli ultimi 20 anni l’Italia ha pagato per interessi sul debito pubblico una somma pari a 2 anni di Pil. Per non restare in una condizione di eterni debitori, si deve abbattere il debito. Come? Aumento del Pil su regioni e produzioni strategiche, lotta all’evasione, patrimoniale sull’1% più ricco.

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Prima le persone: Covid e riduzione delle disuguaglianze

L’Italia che vogliamo/Una serie di proposte concrete per ridurre le disuguaglianze socio-economiche inasprite dalla crisi Covid-19, a partire da alcuni ambiti cruciali: scuola, famiglie e reddito, affitti, sicurezza sul lavoro. Con la consapevolezza che oggi più che mai è necessario un progetto di cambiamento sistemico.

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Esportare il Modello Genova per far cosa?

Il premier Conte non deve ascoltare le sirene che reiterano la richiesta di duplicare il Modello Genova ovunque. Così si vuole solo mano libera, superare il codice appalti del 2016, con i conseguenti rischi di corruttela e infiltrazioni della criminalità già denunciate anche dall’Anac e dal procuratore antimafia.

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Covid-19: che fine farà la mobilità sostenibile?

Con la fase 2 riprenderanno gli spostamenti di milioni di persone. Per evitare che l’auto privata sia l’unica soluzione, occorre potenziare la mobilità a piedi e in bicicletta e innovare trasporto pubblico e sharing mobility. E puntare su riduzione del traffico, orari della città e servizi di prossimità.

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Le risposte europee alla pandemia

La Commissione Europea rivendica quasi 3mila miliardi per gli Stati membri di fronte alla crisi, il Governo italiano un piano d’azione nazionale da 750 miliardi. Al di là delle cifre (ballerine), si sbaglia dal principio: trattare la crisi come congiunturale e rifiutare l’intervento pubblico diretto nell’economia.