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Nord Stream 2, la geopolitica dei tubi

Biden ha deciso di risparmiare dalle sanzioni la Nord Stream AG, la principale azienda impegnata nella costruzione della Nord Stream 2, il secondo braccio del gasdotto che attraversa il Baltico che sta ormai per essere ultimato. Un progetto che interseca gli equilibri geopolitici atlantici e non solo.

Il summit Biden-Putin a Ginevra è stato un evento epocale, in grado di segnare la svolta con l’era Trump e riallacciare i rapporti tra Usa e Russia. Si è parlato di molte questioni, dalla cybersicurezza al nucleare. «Un incontro positivo», secondo Joe Biden. Vladimir Putin lo ha definito «produttivo». Durante il summit, almeno a vedere i comunicati ufficiali, non si è parlato però di ciò che è accaduto pochi giorni fa: Biden ha deciso di risparmiare dalle sanzioni la Nord Stream AG, principale azienda impegnata nella costruzione della Nord Stream 2, società con sede in Svizzera ma di proprietà della compagnia russa Gazprom, costruttrice del secondo braccio del gasdotto che attraversa il Baltico. Mancano poco meno di 60 chilometri per concludere l’opera di raddoppio del Nord Stream, che dal terminal russo di Vyborg, al confine con la Finlandia, va a quello tedesco di Greifswald, nel Nord-Est del Paese. Il raddoppio del gasdotto transbaltico porterà dalla Russia in Germania circa 55 miliardi di metri cubi di gas naturale aggirando i paesi di Visegrad (Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Ungheria–V4).

Quel gas rifornisce direttamente la Germania e l’Europa orientale, continuando giù giù, potenzialmente fino all’Italia. Si tratta dell’ennesimo progetto di energy dominance. Assieme al Turk Stream, operativo da inizio anno, il Nord Stream 2 inonderà il Vecchio Continente di gas russo, in linea con gli obiettivi attuali della “transizione energetica” così come viene intesa. Il mercato energetico europeo è tentato da ogni dove, e l’Italia in particolare lo è da più attori: oltre che dalla Russia, l’Italia riceve infatti il gas soprattutto da Algeria e Libia. A complicare il quadro, gli Stati Uniti in questa nuova “guerra fredda del gas”, hanno aumentato massicciamente le proprie esportazioni di gas naturale liquefatto e hanno forti interessi a penetrare nel mercato europeo. Per questo la decisione di Biden sulle sanzioni al Nord Stream 2 è in controtendenza rispetto al ruolo confliggente Russia-Stati Uniti. Eppure Biden si è detto disposto a collaborare, anche sulle questioni più divergenti. In ogni caso a metà giugno l’Alto Rappresentante dell’Ue per la politica energetica Josep Borrell ha chiarito che il Nord Stream 2 «non è un progetto dell’Ue, è un progetto della Germania». Per l’Unione quel progetto «non è una priorità» – ha aggiunto Borrell – perché «non aumenta la diversificazione» degli approvvigionamenti di energia dell’Unione.

Secondo quanto afferma il sito americano di news Axios, il freno di Biden è proprio dovuto alla volontà di non giungere allo scontro con Berlino sulla sua politica energetica, cercando di salvaguardare lo spazio per una mediazione. La Germania si è legata strategicamente alla Russia, diversamente dalla Francia che non ha mai rinunciato all’energia atomica. Per Berlino, ormai il gas naturale è indispensabile. La decisione di dismettere tutte le centrali a carbone entro il 2038 l’ha fatta puntare tutto su un mix di rinnovabili e gas. Ma il Nord Stream 2, ha affermato il nuovo capo della politica estera Usa Antony Blinken, rappresenta «un cattivo accordo, per la Germania, per l’Ucraina e per tutti i nostri partner in Europa centrale ed in Europa orientale». Si tratterebbe quindi di un progetto geopolitico russo, destinato a spaccare l’Europa e a indebolire la sicurezza energetica del Vecchio Continente.

Dell’Ucraina si è parlato anche all’incontro a Ginevra tra i due capi di Stato. In una nota, il comitato di associazione dei parlamentari Ue e dell’Ucraina, al termine di una riunione informale, ha dichiarato: «Siamo profondamente preoccupati per la ripresa dei lavori di costruzione del gasdotto Nord Stream 2, lo consideriamo un progetto geopolitico, non commerciale, finalizzato all’espansione dell’influenza geostrategica della Russia sull’Europa». Il testo continua chiedendo alla leadership UE di rivedere la sua collaborazione con la Russia, fermando immediatamente la costruzione del gasdotto. Ma ormai è solo una questione di diplomazia. Il vice primo ministro russo, Aleksandr Novak, ha dichiarato che la costruzione del gasdotto sarà completata entro la fine del 2021. Lo ha affermato anche Rainer Seele, amministratore delegato della compagnia petrolifera e del gas austriaca Omv, a margine dei lavori del Forum economico internazionale di San Pietroburgo. Il 3 giugno, Il consigliere per la Sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, ha incontrato a Washington Jan Hecker, consigliere per la Politica estera della cancelliera tedesca Angela Merkel, per parlare delle preoccupazioni sul Nord Stream 2 e ciò che implicherebbe per l’Ucraina. Il 12 giugno scorso, durante i lavori del G7 a Cornwall nel Regno Unito, la stessa Merkel ha avuto un colloquio con Joe Biden e i due hanno parlato anche di Nord Stream e Ucraina. La cancelliera tedesca crede che i due Paesi siano «sulla buona strada» e ha ribadito l’importanza dell’Ucraina nel transito di gas dalla Russia all’Europa.

La Russia di Vladimir Putin, al termine del progetto, avrà un peso sempre maggiore nello scacchiere internazionale. Se Nord Stream 2 vedrà la luce, in pochi mesi Mosca avrà incassato il terzo successo dopo il via a Turk Stream e l’avvio delle forniture verso la Cina del gasdotto denominato Power of Siberia. Il presidente americano ha preferito, per ora, prendere la via del perdono, o meglio della prudenza. Ma il messaggio è chiaro, soprattutto per i partner del G7: la diplomazia statunitense è tornata.