Il referendum su lavoro e cittadinanza è un appuntamento fondamentale: partecipare è un dovere verso il bene comune.

Il referendum su lavoro e cittadinanza è un appuntamento fondamentale: partecipare è un dovere verso il bene comune.
Ci ha lasciati Don Franco Monterubbianesi, fondatore della Comunità di Capodarco. Il suo impegno ha permesso di rivoluzionare l’assistenza alle persone con disabilità, promuovendo un modello comunitario fondato sulle pari dignità tra assistenti e assistiti e sul protagonismo di questi ultimi.
Pubblichiamo la traduzione dell’editoriale della rivista scientifica The Lancet sulla situazione nella Striscia di Gaza dove in media ogni giorno muoiono 35 bambini. E segnaliamo che il 21 giugno a Roma ci sarà una manifestazione nazionale contro il riarmo e per fermare Israele.
La demercificazione del lavoro è sempre andata insieme alla democratizzazione della società. Per questo la battaglia dei referendum lanciata dalla Cgil è soprattutto una battaglia di democrazia, contro l’abulia della crisi della partecipazione. L’analisi della fondazione Di Vittorio sugli effetti del Jobs Act.
Lavoro povero e declino economico: è questa la fotografia del Paese che emerge dal Rapporto annuale Istat. Ma non è avvenuto per caso, piuttosto da trent’anni di politiche che hanno peggiorato le condizioni di lavoro. I referendum dell’8 e 9 giugno sono l’occasione per cancellare alcune di queste politiche.
Oggi l’85% delle attivazioni di rapporti di lavoro è costituita da contratti a tempo determinato, nel 35% dei casi si tratta di lavori con durata effettiva inferiore ai 30 giorni, per 1,5 milioni di contratti di un solo giorno. La precarietà colpisce soprattutto le donne e il Sud.
Voto cinque Sì al Referendum dell’8 e 9 giugno e spiego perché: contro l’insicurezza economica della precarietà che danneggia l’intero sistema produttivo scoraggiando l’innovazione; per fermare le morti sul lavoro e perché si torni a investire in sicurezza e formazione.
Le spese per la difesa trainano l’intesa. Così anche Londra entra negli appalti militari comuni (al via il piano Safe da 150 miliardi). Le università britanniche resteranno invece appannaggio dei ricchi locali, niente Erasmus.
Non è accettabile che la stagione politica degli anni 70 venga ricordata sotto l’insegna “anni di piombo”, come fu per mettere in ombra il protagonismo operaio in funzione neoliberista sotto i governi di centro-sinistra. Una politica della memoria serve ad attivare la mobilitazione, a iniziare dal lavoro, dai referendum.
Al valico non si passa (Meloni non ha accettato di far pressione su Tel Aviv) mentre parte l’operazione “carri di Gedeone”. Come non passa uno spillo delle 160mila tonnellate di aiuti. Ma scopriamo cosa Israele vuole fare di Rafah: un hub di schedatura dei palestinesi e gestione selettiva degli aiuti.