Negli Stati Uniti gli incentivi per l’acquisto di auto elettriche sono riservati a prodotti Mede in Usa e mentre la Germania irrobustisce gli scambi con la Cina nel settore, Stellantis perde occasioni di partnership.
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Negli Stati Uniti gli incentivi per l’acquisto di auto elettriche sono riservati a prodotti Mede in Usa e mentre la Germania irrobustisce gli scambi con la Cina nel settore, Stellantis perde occasioni di partnership.
La produzione di semiconduttori è diventata l’attività più importante al mondo a livello industriale visto che i chip costituiscono i mattoni di tutta la civilizzazione numerica. Ma la loro produzione, super globalizzata, adesso va a singhiozzo. E il motivo è tutto geopolitico.
Alcune grandi compagnie come Apple, Google e Amazon stanno spostando produzioni in Vietnam e India dalla Cina ma il processo di decoupling va lento e presenta spinte in senso contrario. L’Europa si allinea agli Usa ma grandi aziende tedesche continuano a investire nel paese asiatico.
In Europa e non solo si parla di tassazione degli extraprofitti delle compagnie che stanno speculando sui prezzi dell’energia e sulla guerra in Ucraina. Intanto le società fanno discorsi di riconversione verso fonti sostenibili ma continuano a investire sul fossile e a incassare dividendi galattici. Non si fermeranno da sole.
Sono pochi e quasi tutti cinesi i produttori d’auto in grado di rispondere alle sfide dell’auto elettrica e a guida autonoma. Un’auto-commodity, sempre più a noleggio, che interessa ora anche le società della Gigeconomy. In Italia gran parte della componentistica soffrirà particolarmente.
Il ministro Cingolani, insieme al collega Giorgetti, si è opposto in tutti modi alla soglia del 2035 per la produzione e vendita di auto a energia fossile, una battaglia di retroguardia. Case d’auto e paesi lungimiranti stanno invece velocizzando al massimo la transizione all’elettrico.
Proviamo ad analizzare un altro aspetto dei processi di globalizzazione, quello relativo all’andamento degli investimenti diretti in entrata ed in uscita a livello globale. La dinamica del fenomeno appare, tra l’altro, significativa di alcuni importanti mutamenti in atto nel mondo.
Biden sta cercando di stringere patti economici e commerciali che escludono la Cina, sia nell’area dell’indo-pacifico che in America Latina in una logica a blocchi contrapposti. L’Ue cerca di fare altrettanto nei Balcani. Ma le interrelazioni sono tali e tante che la separazione non sarà mai netta.
Tolto per ora il gas dal tavolo, perché impraticabile il blocco in tempi rapidi almeno per alcuni paesi tra cui l’Italia, le sanzioni alla Russia sembra che non contribuiranno a far deviare Mosca dai suoi obiettivi, mentre si cerca di aggirarle.
Sull’economia mondiale gravano minacce rilevanti, dal Covid in Cina a una possibile contrazione dell’economia Usa, alla guerra in Ucraina. Il Fmi stima un rialzo dell’inflazione al 7,4%, una contrazione della crescita del Pil mondiale al 3,6 con rischi di recessione in paesi fragili come l’Italia.