Occorre un nuovo modo di produrre che guardi al futuro, investendo nella ricerca e nel rispetto della natura, in una politica economica espansiva, nella redistribuzione del reddito. E ignorando i moniti di rigoristi e sovranisti.

Occorre un nuovo modo di produrre che guardi al futuro, investendo nella ricerca e nel rispetto della natura, in una politica economica espansiva, nella redistribuzione del reddito. E ignorando i moniti di rigoristi e sovranisti.
Il movimento delle imprese recuperate dai lavoratori si sta affermando in Italia, in Europa e nel mondo come un’alternativa concreta all’ordine del capitalismo neoliberale. Vi si intrecciano diverse forme e storie di conflitto, mutualismo, resistenza.
Le multinazionali sfruttano le differenze di regolamentazione dei Paesi per realizzare strategie di investimento e localizzazione della produzione. A farne le spese sono i lavoratori.
L’anomalia italiana è data da un sistema del tirare a campare, dove lo Stato oberato dal debito non investe in ricerca e così le Pmi e le poche grandi aziende perdono la sfida della rivoluzione 4.0.
L’asse economico, politico, tecnologico, del globo si va spostando verso Oriente: negli ultimi anni sono i paesi emergenti a contribuire per circa i tre quarti alla crescita globale e così per i consumi.
A volte ritornano: commissari straordinari, aumento di subappalto e trattativa privata, varianti facili per le grandi opere, appalto integrato, ridimensionamento dell’Autorità Anticorruzione, rigenerazione urbana in deroga, proroghe per i lavori delle concessioni.
Senza vele né rotta, come la nave del comandante-ostaggio Benito Cereno: così appare Bruxelles alla vigilia di queste elezioni europee dove tutto dovrebbe cambiare e dove invece si preferirà l’immobilità, nefasta.
Ue al bivio/ Gli errori dell’Europa, una Germania con l’economia che rallenta e fatica a cambiare modello, il ritardo dell’Italia. L’analisi dell’economista Achim Truger.
Scontro tra due concezioni del diritto: da un lato il costituzionalismo, dall’altro il diritto del finanzcapitalismo, che esprime la nuda materialità dei rapporti di forza.
Il destino di Unicredit si lega alla crisi delle tedesche Commerzbank e Deutsche Bank e alla possibile fusione con Société Générale. La punta dell’iceberg del riassetto del sistema bancario europeo e mondiale.