Una piattaforma politica decisamente pacifista e anti riarmista ha iniziato circolare nelle sedi dei socialdemocratici tedeschi a partire dal 10 giugno. Con una parte finale di proposte per la Germania, l’Europa e l’Ucraina. Qui il testo tradotto e i firmatari.
Il manifesto pubblicato il 10 giugno dal settimanale “Der Stern” da un centinaio di politici SPD, per lo più di alto livello – tra cui l’ex capogruppo parlamentare SPD Rolf Mützenich – sulla fine della guerra della Russia contro l’Ucraina e sulla stabilizzazione della sicurezza e della pace in Europa ha dominato da allora il dibattito politico pubblico in Germania. Per la prima volta dall’inizio di questa guerra l’attenzione non si concentra sull’attribuzione di colpe e obiettivi militari, ma sul riesame delle esperienze della politica CSCE di distensione e cooperazione in Europa, iniziata 50 anni fa, che sono riassunte come linee guida in otto punti per gli attuali decisori politici:
- Collegare il sostegno all’Ucraina con attività diplomatiche al fine di riprendere il dialogo con la Russia su un ordine di pace e sicurezza in Europa che sia rispettato da tutti;
- Una capacità di difesa degli Stati europei indipendente dagli Stati Uniti, non orientata alla corsa agli armamenti e alla preparazione alla guerra, ma a una capacità di difesa che non crei ulteriori rischi per la sicurezza;
- Contro un aumento della spesa militare fissato per anni a una quota astratta del PIL senza una specifica giustificazione di politica di sicurezza;
- Contro lo stazionamento di nuovi missili a medio raggio statunitensi in Germania;
- Rinnovo dell’impegno al disarmo nucleare alla Conferenza dei membri del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari del 2026;
- Rinnovo del trattato New START sulla limitazione delle armi nucleari strategiche, che scade nel 2026, e rinegoziazione del controllo degli armamenti, delle misure di rafforzamento della fiducia e del disarmo in Europa;
- Ritorno a una politica di distensione con la Russia, tenendo conto delle esigenze del Sud globale;
- Nessun coinvolgimento europeo in un’escalation militare nel Sud-Est asiatico.
I sostenitori del manifesto sono oggetto di critiche massicce in Germania. I rappresentanti dell’SPD nel governo Merz (CDU) – ma anche i Verdi – li accusano di essere retrogradi e illusi, anche se ciò non è dimostrato. Di giorno in giorno il dibattito degenera sempre di più in un’accusa nei confronti di alcuni individui, che ora vengono addirittura accusati di vanità personale. È quindi ancora più importante che il dibattito in Germania venga a conoscenza del fatto che anche in Italia e in altri Paesi europei molti cittadini e politici chiedono di riaprire il dibattito su come porre fine al più presto alla guerra della Russia contro l’Ucraina e su come avviare una diplomazia per includere la Russia in una nuova politica europea di distensione e cooperazione.
Martin Köhler
Qui di seguito il manifesto tradotto dal tedesco:
Garantire la pace in Europa attraverso capacità di difesa, controllo degli armamenti e il raggiungimento di un’intesa
A 80 anni dalla fine della catastrofe della Seconda guerra mondiale e dalla liberazione dal fascismo di Hitler, la pace è di nuovo minacciata in Europa. Stiamo vivendo nuove forme di violenza e di violazione dell’umanità: la guerra russa contro l’Ucraina, ma anche la fondamentale violazione dei diritti umani nella Striscia di Gaza. Il divario sociale nel mondo si sta approfondendo, all’interno delle società e tra le società. La crisi della terra e del sistema climatico causata dall’uomo, la distruzione delle risorse alimentari e le nuove forme di colonialismo per le materie prime minacciano la pace e la sicurezza umana. Infine, ma non meno importante, i nazionalisti cercano di sfruttare le insicurezze, i conflitti e le guerre per i loro sordidi interessi.
Siamo ben lontani dal ritorno a un ordine di pace e sicurezza stabile in Europa. Al contrario: in Germania e nella maggior parte dei Paesi europei hanno prevalso forze che guardano al futuro soprattutto con una strategia militare di scontro e centinaia di miliardi di euro per gli armamenti. Dicono che la pace e la sicurezza non possono più essere raggiunte con la Russia, ma devono essere applicate contro la Russia. Si invoca la necessità di aumentare gli armamenti e di prepararsi a una presunta guerra imminente, invece di collegare la necessaria capacità di difesa con una politica di controllo degli armamenti e di disarmo, al fine di raggiungere una sicurezza comune e una capacità di pace reciproca. Noi siamo invece convinti che il concetto di sicurezza comune sia l’unico modo responsabile per prevenire la guerra che viene preparata in questo momento col confronto ed il riarmamento, indipendentemente dalle differenze ideologiche e dagli interessi contrastanti. Il concetto di sicurezza comune è stato anche alla base del trattato del 1987 tra il Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan e il Segretario Generale del Partito Comunista della Unione Sovietica Mikhail Gorbaciov che ha messo al bando tutte le armi nucleari a medio raggio, contribuendo in modo significativo alla fine della Guerra Fredda in Europa e alla riunificazione tedesca.
Dagli anni ’60, il mondo è stato condotto più volte verso l’abisso nucleare. La Guerra Fredda è stata caratterizzata dalla diffidenza reciproca e dal confronto militare tra le principali potenze dell’Est e dell’Ovest. Il Presidente degli Stati Uniti, John F. Kennedy, Willy Brandt e altri politici di spicco dell’epoca trassero le giuste conclusioni dalla pericolosa mancanza di prospettiva di questa spirale di armamenti che si manifestò durante la crisi dei missili di Cuba. Lo scontro e il riarmo furono sostituiti da colloqui e negoziati sulla sicurezza da raggiungere tramite la cooperazione, la costruzione di fiducia, il controllo degli armamenti e il disarmo.
La firma dell’Atto finale di Helsinki della CSCE (Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa) nel 1975 ha rappresentato un punto culminante di questa riflessione comune sulla politica di difesa e disarmo, che ha garantito la pace in Europa per decenni e, in ultima analisi, ha reso possibile la riunificazione tedesca.
A Helsinki sono stati concordati i principi fondamentali della sicurezza europea attraverso un’interazione più pacifica tra gli Stati: l’uguaglianza degli Stati a prescindere dalle loro dimensioni, la preservazione dell’integrità territoriale degli Stati, la rinuncia alle minacce reciproche di violenza, il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, la rinuncia all’interferenza negli affari interni degli Stati e l’accordo di cooperazione globale.
Purtroppo, oggi viviamo in un mondo diverso. L’ordine di sicurezza europeo basato sui principi dell’Atto finale della CSCE era già stato sempre più minato negli ultimi decenni prima dell’attacco della Russia all’Ucraina in violazione del diritto internazionale – anche da parte dell'”Occidente” – ad esempio dall’attacco della NATO alla Serbia nel 1999, dalla guerra in Iraq con la “coalizione dei volenterosi” nel 2003 o dall’inosservanza degli obblighi di disarmo nucleare del Trattato di non proliferazione nucleare riaffermato nel 1995, dall’annullamento o dall’inosservanza di importanti accordi sul controllo degli armamenti, soprattutto da parte degli Stati Uniti, o dall’attuazione completamente inadeguata degli accordi di Minsk dopo il 2014.
Questo sviluppo storico lo dimostra: non abbiamo bisogno di una attribuzione unilaterale delle colpe, ma un’analisi differenziata di tutti i contributi alla rinuncia dei principi di Helsinki. Proprio per questo non dobbiamo dimenticare le lezioni della storia. Il ritorno a una politica di pura deterrenza senza controllo degli armamenti non renderebbe l’Europa più sicura. Dobbiamo invece tornare a lavorare su una politica di pace con l’obiettivo della sicurezza comune.
La sicurezza comune sembra oggi a molti un’illusione. Si tratta di un ragionamento fallace pericolosa, perché non esiste un’alternativa responsabile a questa politica. Il percorso non sarà facile. Prima di poter adottare vere e proprie misure di rafforzamento della fiducia, sono necessari piccoli passi: limitare ulteriori escalation, proteggere gli standard umanitari minimi, avviare una cooperazione tecnica in settori come il controllo dei disastri o la sicurezza informatica e riprendere con cautela i contatti diplomatici. Solo quando saranno state gettate queste basi, la fiducia potrà crescere, aprendo così la strada a una nuova architettura di sicurezza europea. A questo deve contribuire anche il discorso pubblico sulla politica di sicurezza.
Inoltre, l’Europa è oggi più che mai chiamata ad assumersi responsabilità autonome. Sotto il presidente Trump, gli Stati Uniti stanno nuovamente perseguendo una politica di confronto, in particolare con la Cina. Ciò aumenta il rischio di un’ulteriore militarizzazione delle relazioni internazionali. L’Europa deve contrastare questo fenomeno con una politica di sicurezza indipendente e orientata alla pace e contribuire attivamente al ritorno a un ordine di sicurezza cooperativo, basato sui principi dell’Atto finale della CSCE del 1975.
Una cosa è chiara: è necessaria una Bundeswehr in grado di difenderci e un rafforzamento della capacità dell’Europa di agire in termini di politica di sicurezza.
Tuttavia, questa capacità di difesa deve essere inserita in una strategia di de-escalation e di graduale rafforzamento della fiducia, non in una nuova corsa agli armamenti. Infatti, i soli Stati europei membri della NATO, anche senza le forze armate statunitensi, sono chiaramente superiori alla Russia in termini militari convenzionali. La retorica dell’allarme militare e gli enormi programmi di armamento non creano maggiore sicurezza per la Germania e l’Europa, ma portano piuttosto alla destabilizzazione e al rafforzamento della percezione della minaccia reciproca tra NATO e Russia.
Gli elementi centrali di una nuova politica di pace e sicurezza sostenibile sono quindi
- Porre fine alle uccisioni e alle morti in Ucraina il più rapidamente possibile. A tal fine, è necessario che tutti i Paesi europei intensifichino i loro sforzi diplomatici. Sostenere l’Ucraina nelle sue rivendicazioni di diritto internazionale deve essere collegato ai legittimi interessi di tutti in Europa alla sicurezza e alla stabilità. Su questa base, deve essere fatto il tentativo straordinariamente difficile di riprendere il dialogo con la Russia dopo il silenziamento delle armi, anche su un ordine di pace e sicurezza per l’Europa che sia sostenuto e rispettato da tutti.
- Stabilire una capacità di difesa autonoma per gli Stati europei, indipendente dagli Stati Uniti. Fermare la corsa agli armamenti. La politica di sicurezza europea non deve basarsi sul principio dell’armamento e della preparazione alla guerra, ma su un’efficace capacità di difesa. Abbiamo bisogno di un armamento difensivo delle forze armate che protegga senza creare ulteriori rischi per la sicurezza.
- Non c’è alcuna giustificazione di politica di sicurezza per aumentare il bilancio della difesa al 3,5% o al 5% del prodotto interno lordo per gli anni a venire. Riteniamo irrazionale fissare una percentuale del PIL per le spese militari. Invece di destinare sempre più denaro agli armamenti, abbiamo urgentemente bisogno di maggiori risorse finanziarie per gli investimenti nella riduzione della povertà, nella protezione del clima e nella lotta contro la distruzione delle risorse naturaliche colpiscono in modo sproporzionato le persone a basso reddito in tutti i Paesi.
- No allo stazionamento di nuovi missili americani a medio raggio in Germania. Lo stazionamento di sistemi missilistici americani a lungo raggio e iperveloci in Germania renderebbe il nostro Paese un obiettivo primario per attacchi di prima ora.
- Alla Conferenza di revisione del 2026 del Trattato di non proliferazione nucleare, l’impegno al disarmo nucleare previsto dall’articolo 6 deve essere rinnovato e rafforzato con relazioni vincolanti sui progressi compiuti e dichiarazioni di “non primo utilizzo” ai sensi del diritto internazionale.
- Allo stesso tempo, è importante spingere per il rinnovo del Trattato New Start sulla riduzione delle armi strategiche, che scade nel 2026, e per nuovi negoziati sulla limitazione degli armamenti, sul controllo degli armamenti, sulle misure di rafforzamento della fiducia, sulla diplomazia e sul disarmo in Europa.
- Un graduale ritorno alla distensione e alla cooperazione con la Russia e la considerazione delle esigenze del Sud globale, in particolare per combattere la minaccia comune del cambiamento climatico.
- Nessun coinvolgimento della Germania e dell’UE in un’escalation militare nel Sud-Est asiatico.
Primi firmatari
Ralf Stegner, membro del Bundestag; Rolf Mützenich, membro del Bundestag; Norbert Walter-Borjans, ex presidente della SPD; Dr. hc. Gernot Erler, ex Ministro di Stato; Prof. Dr. Ernst Ulrich von Weizsäcker, Presidente onorario del Club di Roma; Dr.ssa Nina Scheer, membro del Bundestag; Maja Wallstein, membro del Bundestag; Sanae Abdi, membro del Bundestag; Lothar Binding, Presidente federale del gruppo di lavoro SPD 60 plus; Hans Eichel, ex Presidente del Bundesrat ed ex Ministro federale delle Finanze; Dr Carsten Sieling, Presidente del Senato ed ex Sindaco di Brema; Prof. Dr Julian Nida-Rümelin, ex Ministro di Stato; Arno Gottschalk, membro del Parlamento di Brema; Mirjam Golm, membro del Parlamento di Berlino; Matthias Hey, membro del Parlamento di Turingia, Dunja Wolff, membro del Parlamento di Berlino; Michael Müller, Presidente federale di Naturfreunde Germania ed ex Segretario di Stato parlamentare; Erik von Malottki, presidente di Sinistra Democratica 21 e vicepresidente federale del Gruppo di Studio sul Lavoro (AfA); Katja Weitzel, membro del Parlamento bavarese; Matthias Kollatz, membro del Parlamento di Berlino ed ex senatore per le Finanze; Friedhelm Hilgers, presidente federale del Gruppo di Lavoro 60-plus della SPD; Theodor Ziegler, primo presidente di SPD Baiersbronn; Peter Kox, vicepresidente del gruppo parlamentare SPD della città di Bonn;Martin Schilling, ex presidente del sottodistretto SPD di Bonn; Heinz Oesterle, presidente federale del Gruppo di Lavoro 60-plus della SPD Baviera; Prof. Dr. Renate Meyer-Braun, ex membro del comitato esecutivo della SPD di Brema; René Röspel, ex membro del Bundestag; Adi Ostertag, ex membro del Bundestag; Robert Antretter, ex membro del Bundestag; Klaus Barthel, ex membro del Bundestag ed ex presidente federale del Gruppo di Studio sul Lavoro (AfA); Sigrid Skarperlis-Sperk, ex membro del Bundestag;, Joachim Schuster, ex membro del Parlamento Europeo; Prof. Dr. Dietmar Köster, ex membro del Parlamento Europeo; Ulrike Neumann, ex membro del parlamento di Berlino; Karlheinz Nolte, ex membro del Parlamento di Berlino; Bärbel Dieckmann, ex sindaco di Bonn; Anke Brunn, ex Ministro della Scienza della Nord Rhino-Estfalia;, Gabriele Behler, ex Ministro di Stato; Prof. Jochen Dieckmann, ex Ministro di Stato; Dr. Wolfgang Lieb, ex Segretario di Stato; Dr. Hans Misselwitz, ex Segretario di Stato parlamentare; Christoph Habermann, ex Segretario di Stato; Dr. Wilhelm Schäffer, ex Segretario di Stato; Prof. Dr. Dieter Schimanke, ex Segretario di Stato; Dr. Karlheinz Bentele, ex Segretario di Stato; Dr. Karl-Heinz Klär, ex Segretario di Stato; Prof. Dr. Peter Brandt, Entspannungspolitik Jetzt!; Knut Lambertin, Vice Presidente dei Democratici di Sinistra 21; Dr. Uwe Pöhls, Blog der Republik; Herbert Sahlmann, ex ministeriale; Cay Gabbe, ex ministeriale; Dr. Wolfgang Biermann, ex collega di Egon Bahr; Prof. Dr h.c. Cornelia Füllkrug-Weitzel, ex presidente di “Brot für die Welt”; Jürgen Zurheide, giornalista; Dr. Wolfgang Roters; Martin Schmuck, giornalista; Burkhard Zimmermann; Reiner Hammelrath; Ingrid Hentzschel; Axel Fersen; Bernhard Pollmeyer, ex direttore ministeriale; Michael Pöllath, presidente di Naturfreunde; Dott.ssa Susanne Zickler; Dott.ssa Petra Frerichs; Hartmut Palmer, giornalista; Beenhard Oldigs; Dr. Heinrich Lienker; Dagmar Wenzel, biologa; Dott.ssa Joke Frerichs; Jogi Vormbrock; Meinholde Sollmann; Prof. Dr. Clemens Knobloch; Margret Schmitz; Dr. Paul Hugo Sudin; Willi Vogt, sindacalista; Prof. Dr. Andreas Fisahn; Michael Buckup, portavoce di Sinistra Democratica 21 Brema/Bassa Sassonia; Holger Egger; Wilfried Gaum, presidente del “Forum per la politica e la cultura di Hannover”; Wolfgang Wiemer, capo ufficio del presidente della SPD Kurt Beck; Dr. Ulrich Brandt; Reinhard Thon; Prof. Dr. Dieter Stammler; Barbara Petersen; Folkert Kiepe, ex deputato dell’Associazione tedesca delle città; Hans- Joachim Wunderlich; Rainer Papke; Thomas Albert; Henning von Borstell; Anna von Borstell; Roland Klapprodt, ex segretario del Comitato esecutivo del partito SPD; Hartmut Veitengruber, ex amministratore delegato del distretto ver.di Bassa Baviera; Ursula Hagen; Dr. Eckehart Hagen; Stefan Bone, direttore d’orchestra; Prof. Dr. Klaus Semlinger; Prof. Dr. Heinz Stapf-Finé; Prof. Dr. Gerhard Bosch; Helmut Krings; Eberhard Weber; Heinz Witte; Prof. Volker Riegger; Frank Schmiedchen; Dr. Karl Lauschke; Heiko Wessel; Dieter Schormann; Florian Dohmen; Claudia Osten-Bornheim; Hugo Waschkeit, Consigliere comunale di Ronnenberg; Prof. Dr Bernhard Nagel; Thomas Hönscheid; Prof. Dr Dieter Segert; Dr. Wolfram Geier; Dr. Günter Bonnet; Gerd Pflaumer; Horst Meixner; Steffen Lehndorff; Prof. Dr. Christoph Butterwegge; Dr. Hans-Jochen Luhmann; Dr. Joachim Paul.
ICircolidellapaceSPD
I Circoli della pace dell’SPD sono un organo consultivo che si riunisce a intervalli regolari per discutere questioni relative alla politica di pace dell’SPD. I partecipanti provengono da vari circoli, associazioni e gruppi di lavoro, come l’Erhard-Eppler-Kreis, il Willy-Brandt-Kreis, la Johannes-Rau-Gesellschaft, SPD 60 plus, Mehr-Diplomatie-wagen, Demokratische Linke 21, Entspannungspolitik Jetzt!, Naturfreunde, AK Frieden Bremen e Köln.