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Piano di Ripresa e Resilienza: c’è ancora lavoro da fare

La Campagna Sbilanciamoci! è stata ascoltata presso la Commissione V Bilancio della Camera dei Deputati nell’ambito del ciclo di audizioni parlamentari sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Pubblichiamo il testo dell’intervento e il link alla registrazione video dell’audizione.

Gli effetti sanitari, economici e sociali dell’emergenza pandemica sono stati devastanti, in Italia e nel mondo. All’arrivo dell’emergenza Covid-19 l’Italia si trovava già in una situazione molto difficile: la decrescita del Pil nel IV trimestre del 2019, il calo dell’occupazione e della produzione industriale tra i mesi di dicembre 2019 e gennaio 2020 ne sono testimonianza. La pandemia ha fatto emergere quanto era già latente nelle critiche condizioni italiana ed europea: la necessità di una svolta nelle politiche nazionali ed europee – fondate sull’austerità e i vincoli di bilancio – a favore di politiche espansive, con la sospensione del Patto di Stabilità e la scelta di fare debito per finanziare gli interventi del Recovery Plan. È stato di nuovo messo al centro il ruolo dell’intervento pubblico ed è stata accelerata la realizzazione del Green Deal.

La Campagna Sbilanciamoci! negli ultimi mesi e in diverse occasioni ha riaffermato la necessità di una svolta nelle politiche economiche e nel modello di sviluppo: lo ha fatto con l’appello di aprile 2020 In salute, giusta, sostenibile. L’Italia che vogliamo che ha avuto migliaia di adesioni, con il documento presentato in occasione degli “Stati Generali” promossi dal governo a giugno 2020, con il Rapporto sulla spesa pubblica e la legge di bilancio 2021 – la nostra “Controfinanziaria” – pubblicato a dicembre 2020.

In questo contesto il piano Next Generation EU rappresenta un passaggio fondamentale, di cui sottolineiamo l’importanza e la consistenza. L’Italia è la principale beneficiaria dei fondi europei e le risorse del Next Generation EU sono una formidabile occasione per dare una risposta importante alla crescita economica e alla costruzione di un nuovo modello di sviluppo per il nostro paese. Il governo italiano ha proposto un Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza (PNRR) attraverso un percorso partito dagli Stati Generali (di cui abbiamo apprezzato la volontà di coinvolgimento e di dialogo con le forze sociali ed economiche), passato poi per l’elaborazione di linee guida nel mese di settembre, una prima versione del piano a dicembre e la stesura finale del gennaio scorso, che rappresenta sicuramente un passo avanti rispetto ai documenti precedenti.

Positiva è nel PNRR la connessione – non formale – con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e più in generale con il principio della sostenibilità come architrave delle politiche economiche, sociali e ambientali. Ci sarebbe piaciuto vedere a fianco delle tre priorità trasversali del Piano Nazionale – giovani, donne e Mezzogiorno – anche una quarta priorità, quella della sostenibilità. Vogliamo qui evidenziare alcuni punti critici e da migliorare del PNRR.

Strategia. Il Piano sembra non avere ancora un sufficiente respiro strategico di fronte alla necessità di imprimere una svolta alle nostre politiche economiche nella direzione di un modello di sviluppo diverso, sostenibile, di qualità, fondato sull’equità e la riconversione ecologica e sociale dell’economia. Esso sembra ancora caratterizzato dalla somma di interventi (molti sicuramente utili) più che da una linea unitaria e strategica cui far ruotare molti degli interventi proposti.

Governance. Un Piano così consistente e complesso meriterebbe una governance forte, che per noi deve essere una governance pubblica con strumenti di intervento pubblico chiari e definiti. Tutto questo viene rinviato ad un futuro provvedimento, evidenziando in questo modo una incertezza non su un aspetto secondario o su una questione di dettaglio, ma su un tema centrale del coordinamento, dell’indirizzo e della realizzazione dei vari interventi. Vi è poi una questione di trasparenza sulle modalità realizzative, procedurali e di valutazione dei progetti selezionati.

Progetti. Molti degli interventi previsti non sono progetti nuovi, ma già in cantiere o avviati con altri fondi: un esempio è la proroga con i soldi del PNRR della misura del 110% per il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici. L’impressione è che questi interventi non si collochino coerentemente dentro la strategia – ripetiamo carente – di un Piano così ambizioso e importante, ma che siano stati inseriti, giustapposti dentro questa cornice, senza un disegno organico e strategico.

Ambiente. La parte ambientale – la più importante parte del PNRR – sarà oggetto dell’analisi dettagliata del collega Stefano Lenzi. Ci limitiamo qui a evidenziare seri e documentati interrogativi sulla reale consistenza dei fondi nel rispetto della destinazione del 37% delle risorse ai progetti Green, alla contraddittorietà e alla insufficienza di alcune misure, nonché il timore che alcuni progetti, presentati come Green, abbiano ben poco di ambientale e sostenibile.

Sussidi Ambientalmente Dannosi. Nel PNRR si parla genericamente di revisione dei SAD, mentre si sarebbe dovuto scrivere: superamento dei SAD. Da due anni assistiamo al susseguirsi di promesse, decreti annunciati e mai presentati, impegni nella legge di bilancio, istituzioni di commissioni, ma di atti concreti praticamente non vi è traccia. Tra l’altro questa timidezza, al limite dell’immobilismo, sul tema evidenzia la contraddizione con quanto previsto dalle linee guida del Next Generation UE, che chiede ai governi passi concreti in questa direzione.

La digitalizzazione. Insieme all’ambiente, la digitalizzazione è l’altro ambito di grande importanza per l’allocazione delle risorse e degli investimenti del Next Generation EU. IL PNRR prevede diversi interventi, tra cui spicca la digitalizzazione dei servizi della Pubblica Amministrazione. Quello che invece colpisce è la poca importanza (con pochi interventi) che viene data nel Piano all’obiettivo dell’eliminazione del digital divide nel nostro paese causato dalle diseguaglianze di accesso alla rete (pensiamo alle difficoltà delle aree interne), ma anche dalla scarsità di competenze che colpisce alcune fasce sociali e classi di età – i più anziani – nel nostro paese.

La politica industriale. La mancanza di una strategia adeguata viene evidenziata dall’assenza nel PNRR delle linee di una politica industriale che – noi pensiamo – debba avere una regia e nuovi strumenti pubblici di programmazione e intervento diretto. Esemplare a questo riguardo, in un contesto in cui si parla molto di mobilità sostenibile, è l’assenza di riferimenti, di linee di indirizzo (al contrario di quello che ha fatto il governo francese) e di un piano per il settore dell’automotive: la riconversione di questo settore verso modelli elettrici e ibridi è fondamentale, ma il PNRR su questo non interviene.

Diseguaglianze e politica fiscale. Le diseguaglianze sono un male crescente nella nostra società. Nel piano si afferma: Per l’Italia, la drastica riduzione delle disuguaglianze territoriali, generazionali e di genere è un obiettivo di crescita economica, oltre che di giustizia e coesione territoriale. Il concetto viene ripetuto tre volte nel documento del Piano. È grave che non vengano citate in questo e negli altri passi le diseguaglianze sociali ed economiche e che queste, in un successivo paragrafo, vengano ricondotte ad un problema di povertà e di disagio sociale. È sintomatica in questo senso la vaghezza delle indicazioni sulla riforma fiscale – con una promessa di un modesto ritocco a favore delle aliquote più basse – e la mancanza di alcun cenno a favore di misure radicali volte a limitare le crescenti diseguaglianze economiche e sociali, come la tassazione dei grandi patrimoni finanziari milionari e della finanza speculativa e la revisione dell’attuale e assai parziale web tax.

La sanità. Vi sono sicuramente dei passi in avanti, rispetto alla prima bozza del Piano, in particolare per gli interventi in materia di salute, e soprattutto per gli aspetti relativi al rafforzamento della medicina territoriale e preventiva, anche se non vengono evidenziati con chiarezza per questa parte del Piano gli obiettivi del necessario rafforzamento del personale nel settore dell’assistenza domiciliare e degli altri servizi collegati. Bene anche la riscoperta nel PNRR degli ospedali di comunità: c’è da chiedersi se la politica – centrodestra e centrosinistra – non debba fare profonda autocritica per aver cavalcato negli scorsi decenni la chiusura dei piccoli ospedali, in nome di una falsa razionalizzazione delle strutture. Positivi i ripetuti riferimenti alle diseguaglianze sanitarie nel nostro paese, che per essere superate hanno bisogno però di un sostanzialmente innalzamento dei Livelli Essenziali delle Prestazioni. Su questo punto c’è ancora un’insufficiente consapevolezza nel Piano. E ci permettiamo su questo punto di sollecitare di concludere il nuovo patto con le regioni nel migliore dei modi, con il riconoscimento dell’autonomia non prima di avere definito diritti uguali e livelli di servizi adeguati per tutti i cittadini, dovunque vivano.

Scuola, università e ricerca. Sicuramente sono positivi nel Piano gli stanziamenti per il diritto allo studio, l’edilizia scolastica e la ricerca. Va però ricordato che gli stanziamenti previsti per l’edilizia scolastica (6,4 miliardi) sono circa la metà di quelli che servirebbero per riqualificare l’intero patrimonio edilizio scolastico. Un passo in avanti sono anche le misure per le borse di studio, ma la Sbilanciamoci! ha da tempo espresso la propria posizione sulle tasse universitarie: con un intervento di poco più di due miliardi garantiremmo l’istruzione gratuita all’università. Non vi è cenno poi nel Piano alla costruzione di un vero welfare studentesco, che includa ad esempio anche la gratuità dei trasporti, e l’abolizione dei contributi – cosiddetti “volontari” – che le famiglie italiane sono costrette a pagare nei primi due anni alle scuole secondarie superiori per i propri figli.

Inclusione sociale. Vi è nel PNRR un’enfasi sulle misure per le politiche attive del lavoro, ma riscontriamo tuttavia un limitato investimento nelle misure relative ai servizi sociali integrati sul territorio: pensiamo alle misure per la non autosufficienza e per l’inclusione sociale dei migranti. Anche in questo caso il tema dei Livelli delle prestazioni di assistenza sociale – come previsto dalla legge Turco del 2000 – rimane non affrontato. Positivo è invece l’impegno di prevedere stanziamenti adeguati per permettere a 80mila giovani di svolgere il servizio civile universale.

Conclusioni

C’è ancora molto da fare per adeguare il PNRR alle esigenze di un piano strategico, capace di visione, di dare vita ad una stagione nuova delle politiche economiche, sociali ed ambientali: un modello di sviluppo fondato sulla sostenibilità, i diritti, l’eguaglianza, la pace. Chiediamo al parlamento e al governo di approfondire i contenuti e le proposte del Piano per adeguarlo all’obiettivo di una Italia capace di futuro.

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Qui il link alla registrazione video dell’audizione della Campagna Sbilanciamoci! (dal minuto 53:30).