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L’intervento di Sbilanciamoci! agli Stati Generali

Lo scorso 20 giugno la Campagna Sbilanciamoci! è intervenuta agli Stati Generali, presso Villa Pamphilj a Roma, avanzando le proprie proposte alla presenza del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e di numerosi Ministri. Pubblichiamo qui una breve sintesi dell’intervento.

La Campagna Sbilanciamoci! in occasione dell’incontro agli Stati Generali il 20 giugno 2020, avanza le proposte già formulate con il documento In salute, giusta, sostenibile. L’Italia che vogliamo e con il documento Decreto Rilancio. Serve una strategia di cambiamento. L’emergenza Covid-19 può essere l’occasione per mettere in campo una strategia di cambiamento e di radicale cambio di rotta rispetto al passato.

Serve una svolta nel sostegno al servizio sanitario pubblico, con il rafforzamento della medicina territoriale e della lotta alle diseguaglianze sanitarie, al welfare (almeno 3 miliardi di euro aggiuntivi per il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali), al sistema dell’istruzione, con massicci investimenti pubblici di almeno il 5% del Pil nei prossimi anni. Ancora c’è grande, troppa confusione sulla riapertura di scuole e università il prossimo settembre.

È inoltre necessario formare e assumere medici e infermieri, la cui scarsità è stata messa in evidenza dalla pandemia, carenza dovuta anche a politiche di riduzione all’accesso alle facoltà universitarie. La Corte dei Conti ha ricordato come, in soli otto anni, oltre 9mila medici formati in Italia abbiano preferito cercare lavoro all’estero.

L’università e la ricerca pubblica italiana devono essere rilanciate sulla base di un modello ambizioso, che sappia risolverne i problemi strutturali (le risorse scarse, la burocratizzazione, la frammentazione, la fuga dei cervelli), facendo tesoro del capitale umano dei ricercatori italiani che da anni riscuotono successi per il numero e la qualità delle loro pubblicazioni scientifiche a livello internazionale.

Sostenibilità ambientale, medicina digitale, intelligenza artificiale sono ambiti che coinvolgono comunità scientifiche integrate, ma trovano ancora poca cittadinanza in un sistema universitario abituato a premiare la specializzazione e a penalizzare le comunità multidisciplinari, come ci insegnano le VQR e le abilitazioni scientifiche nazionali.

È necessaria – per una politica delle risorse – la lotta all’evasione fiscale con la riduzione dell’uso del contante e l’introduzione di una serie di misure – come l’incrocio dei dati, l’elenco clienti-fornitori, eccetera – adeguati a questo obiettivo. Serve anche una politica di giustizia fiscale, accentuando il principio costituzionale della progressività fiscale, abbassando l’imposizione sui primi due scaglioni, innalzandola sull’ultimo e introducendo una aliquota al 48% sopra i 100mila euro di redditi, anche con un ampliamento della base imponibile erosa da misure clientelari che si sono succedute negli anni. È necessario prevedere forme di intervento sui patrimoni e le successioni superiori al milione di euro, abbassando, con forme di progressività, l’imposizione per i patrimoni e le successioni al di sotto di questa soglia.

Occorre riconoscere pienamente l’importanza del lavoro domestico e di cura e riorganizzare il welfare per alleggerire il carico svolto dalle donne.

In questo contesto chiediamo di rivedere la selezione degli indicatori di benessere utilizzati in sede di DEF e di Legge di Bilancio. Alla luce della pandemia, gli indicatori utilizzati per valutare le politiche pubbliche sulla sanità sono insufficienti. Chiediamo al Parlamento e al governo di aggiornare e allagare gli indicatori utilizzati – ad esempio utilizzando anche indicatori sulla presenza dei presidi sanitari territoriali – oltre a far sì che gli indicatori di benessere diventino sempre più vincolanti per la politica economica.

Serve un vero e proprio piano del lavoro, una politica integrata di creazione di occupazione – anche con la riduzione dell’orario di lavoro – attraverso specifiche misure di sostegno e di tutela, soprattutto per l’occupazione femminile, prevedendo solo 5 forme di lavoro contrattuale, combattendo fino in fondo la precarietà, che colpisce soprattutto le fasce più giovani della popolazione. Va introdotto per legge il salario minimo orario.

Va rinnovato ed esteso il reddito di cittadinanza, assicurando in particolare la copertura di tutti i cittadini in condizioni di povertà assoluta e il sostegno per chi è senza fissa dimora.

In questo quadro, non vanno dimenticati i diritti di cittadinanza e accoglienza per i migranti, tra i gruppi più esposti all’emergenza, cominciando dall’abrogazione dei “Decreti sicurezza”.

Bisogna ridurre del 20% le spese militari, cancellare il programma degli F35 e vietare la vendita di sistemi d’arma – come le Fremm – a paesi che violano i diritti umani, come l’Arabia Saudita (impegnata in una sanguinosa guerra in Yemen) e l’Egitto (il cui governo è ancora colpevolmente reticente sull’assassinio di Giulio Regeni).

Serve un vero e proprio servizio civile universale che coinvolga almeno 100mila giovani del nostro paese in una grande opera di pace e di solidarietà, con la risposta a tanti bisogni sociali: la lotta alla povertà, la riqualificazione delle periferie, l’assistenza alle fasce sociali più svantaggiate. Servono almeno 500 milioni per questo obiettivo, che potrebbero essere trovate dalla riduzione delle spese militari.

Il Green Deal deve essere il baricentro delle nuove politiche economiche, unendo alla sostenibilità ambientale un modello di equità e solidarietà.

Per questo bisogna rimettere al centro il ruolo dell’intervento pubblico con una politica di investimenti – volta a finanziare non tanto le grandi opere, quanto le piccole opere (messa in sicurezza delle scuole, riqualificazione delle periferie, lotta al dissesto idrogeologico) – e con una vera politica industriale fondata sulla ricerca, l’innovazione e la sostenibilità – anche prevedendo l’istituzione di una Banca pubblica sul modello della BEI o di un’Agenzia ad hoc.

Nel ricostruire la base produttiva è essenziale la riduzione delle disparità territoriali, nelle capacità produttive prima ancora che nei redditi; in questa direzione, il rilancio del Mezzogiorno dovrebbe essere un obiettivo prioritario di qualsiasi nuovo approccio alla politica industriale.

Entro il 2025 – come previsto dal Rapporto di Sbilanciamoci! – bisogna trasformare i 19,8 miliardi di SAD (Sussidi Ambientalmente Dannosi) in SAF (Sussidi Ambientalmente Favorevoli) e avviare un percorso che porti alla costruzione di una politica organica di fiscalità ambientale, a partire dalla carbon tax e dalla tassazione dei veicoli per emissioni e non per cilindrata. Serve un piano della mobilità sostenibile, anche con un deciso rafforzamento del TPL, della mobilità su ferro e di una politica industriale a sostegno dei veicoli di trasporto collettivo.

I necessari sostegni alle imprese non possono essere a pioggia e indiscriminati. Basta alle politiche non selettive di sgravi fiscali, come anche l’ultimo provvedimento sull’IRAP del Decreto Rilancio. Anche le riduzioni del cuneo fiscale devono contenere misure di premialità e di selettività rispetto agli obiettivi di politica industriale e di modello di sviluppo – sostenibile, giusto, innovativo – che vogliamo costruire.

Infine, non possiamo cadere nell’errore di accettare la concorrenza fiscale tra i paesi né l’arroganza di grandi imprese transnazionali pronte a chiedere garanzie, benefici fiscali e sussidi al nostro paese per poi spostare all’estero i profitti, grazie a una legislazione internazionale e europea che favorisce invece di scoraggiare l’elusione fiscale delle grandi imprese.