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Decreto Rilancio: serve una strategia di cambiamento

Il Decreto Rilancio vale 155 miliardi di investimenti. L’analisi e le proposte alternative della Campagna Sbilanciamoci!. Dal welfare al lavoro, dalla salute alla mobilità, dall’ambiente alla giustizia, dall’istruzione alla cultura, al fisco.

La campagna Sbilanciamoci! reputa di grande importanza il rilevante sforzo finanziario contenuto nel Decreto Rilancio di fronte all’emergenza Covid-19. Si tratta di 155 miliardi di euro di interventi. Circa 55 sono di indebitamento effettivo, mentre più di 100 miliardi sono contabilizzati in termini di saldo netto da finanziare (SNF). La previsione del rapporto deficit/Pil al 2020 sale al -10,7%. Si tratta di una scelta necessaria soprattutto di fronte al crollo della produzione industriale, alla prospettiva di una disoccupazione crescente (più di 800mila persone a rischio di licenziamento secondo l’Ufficio Parlamentare di Bilancio) e di un aumento della povertà (a rischio povertà fino al 20% della popolazione) del nostro paese. Il Decreto si muove in continuità con quanto previsto nel Decreto Liquidità (DL 23/2020), non ancora convertito in legge, e prima ancora nel Decreto Cura Italia (DL 18/2020, convertito in L. 27/2020), rifinanziando misure introdotte nella fase acuta della pandemia nel tentativo di limitare le perdite di liquidità per le imprese.

È importante che il Decreto Rilancio contenga una serie di misure (alcune sono la proroga delle misure già contenute nel Cura Italia) volte a mitigare le conseguenze economiche e sociali dell’emergenza: l’allungamento del periodo di cassa integrazione, il rafforzamento delle misure per i lavoratori autonomi e i collaboratori, il varo del reddito d’emergenza, il blocco dei licenziamenti e degli sfratti e molto altro ancora. Tra le misure significative c’è il rafforzamento del Servizio Sanitario Nazionale e in particolare dell’assistenza territoriale. Finalmente c’è la soppressione definitiva delle clausole di salvaguardia. Importante è il trasferimento di 3,5 miliardi di euro agli enti locali per far fronte all’emergenza nell’esercizio delle loro funzioni specifiche. Ci sono molte importanti misure nei settori della scuola, dell’assistenza, della cultura. Più di 100 miliardi di euro dei 155 complessivi sono destinati alle imprese sotto varie forme: agevolazioni fiscali (come il blocco del pagamento dell’Irap, residuo 2019 e acconto 2020), contributi a fondo perduto, forte sostegno alla ricapitalizzazione del patrimonio, eccetera.

I limiti più importanti (oltre a quelli più specifici) del Decreto sono cinque:

  • manca una strategia sul medio e lungo termine (se non quella vista in questi anni): non si usano queste importanti risorse per avviarci su una strada diversa;
  • ci sono solo modesti investimenti pubblici (di poco superiori al 2% della manovra);
  • non ci sono adeguate condizionalità (ambientali e sociali) nelle misure di sostegno alle imprese: le misure sono generalmente “a pioggia”;
  • la cancellazione temporanea dell’Irap, senza alcun discrimine tra le imprese beneficiarie, è sbagliata (ricordiamo che l’Irap va a finanziare il Servizio Sanitario Nazionale);
  • non ci sono misure fiscali specifiche nella direzione della riduzione delle diseguaglianze: interventi sulle grandi ricchezze, sulla speculazione finanziaria, sui sussidi dannosi.

Senza investimenti pubblici, senza assunzioni e senza una redistribuzione della ricchezza verso il ceto medio e le fasce sociali più disagiate, è improbabile che la domanda riparta. Il Decreto, di Rilancio – pur mobilitando tante risorse – ha poco: rischia di essere l’ennesima occasione mancata, tenendo conto dell’ingente mole di risorse mobilitate, per avviare su una strada diversa l’economia e il modello di sviluppo nel nostro paese. Lo spostamento della bilancia verso l’intervento pubblico e verso una politica industriale pubblica è indubbio: questo è un fatto positivo, ma avviene in modo disordinato e, appunto, senza una strategia definita.

Da un punto di vista operativo bisogna avanzare dubbi sulla tempestività e l’efficacia sul breve termine di molte misure: infatti, una parte importante di queste sono soggette all’emanazione dei decreti attuativi e – come ha scritto nella sua memoria l’Ufficio Parlamentare di Bilancio – “in alcuni casi alla dichiarazione di compatibilità della Commissione europea”. Qui di seguito, proponiamo un’analisi sintetica delle diverse parti del provvedimento e indichiamo tre proposte per ogni tema, rimandando per la nostra proposta più complessiva al documento In salute, giusta, sostenibile. L’Italia che vogliamo.


Welfare e diritti

 Premesso che è necessaria e urgente una legge quadro per la non autosufficienza, che la spesa per la non autosufficienza ammonta a 5,4 miliardi e lo Stato garantisce 700 milioni e che la richiesta per affrontare l’emergenza socio-sanitaria a causa della pandemia è stata di 1 miliardo: nel Decreto Rilancio gli interventi sono molti, ma anche molto frammentati. Le misure a favore della non autosufficienza sono presenti e positive, ma sono ancora limitate. È previsto l’aumento del Fondo per le non autosufficienze, che viene incrementato di 90 milioni per il 2020 “al fine di potenziare l’assistenza, i servizi e i progetti di vita indipendente per le persone con disabilità non autosufficienti e per il sostegno di coloro che se ne prendono cura”. Riferendosi a “coloro che se ne prendono cura”, non si usa la definizione di caregiver familiari che pure è presente nella nostra normativa. Per la realizzazione di progetti per la vita indipendente vengono vincolati 20 milioni del FNA.

L’aumento del Fondo per il “dopo di noi” di 20 milioni è invece destinato alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare, e quindi per potenziare i percorsi di accompagnamento per l’uscita dal nucleo familiare di origine o per la de-istituzionalizzazione, gli interventi di supporto alla domiciliarità e i programmi di accrescimento della consapevolezza, di abilitazione e di sviluppo delle competenze per la gestione della vita quotidiana e per il raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile. Il Decreto Rilancio istituisce anche un nuovo fondo, denominato “Fondo di sostegno per mettere in sicurezza le strutture semi residenziali per persone con disabilità”, per sostenere le spese derivanti dall’impiego dei dispositivi di protezione del personale e degli utenti, finanziandolo con 40 milioni nel 2020.

Ci sono, positivamente, interventi a contrasto della povertà educativa e per l’infanzia (centri estivi, eccetera), ma sono isolati e sembrano scollegati da un piano più generale che preveda la collaborazione tra MIUR, Ministero per la Famiglia ed enti locali per affrontare questa emergenza. Negativo, rispetto alle politiche dell’infanzia, è il continuo ricorso a misure estemporanee come bonus e congedi, invece di affrontare il tema del potenziamento delle strutture e dei servizi per l’infanzia: asili nido, eccetera.

Viene introdotto il reddito d’emergenza. Pure se è positivo che il requisito di residenza del reddito di emergenza sia sostanzialmente diverso, e grandemente più inclusivo, di quello del reddito di cittadinanza, sarebbe stato molto meglio rivedere e riformulare il reddito di cittadinanza già istituito invece di moltiplicare gli strumenti di lotta alla povertà. Non è previsto, altro fatto negativo, alcun rafforzamento dei servizi sociali nel ruolo di “accompagnamento” delle persone che vivono in condizioni di povertà, né è previsto un rafforzamento dei servizi a fronte del sicuro moltiplicarsi della domanda di presa in carico delle persone in stato di bisogno; così come non è stata data durante l’emergenza un’indicazione in favore del rafforzamento di servizi quali la domiciliarità per anziani e persone con disabilità, l’assistenza ai senza fissa dimora, il tutoraggio degli studenti più svantaggiati, che sono stati il più delle volte abbandonati a loro stessi, con interruzione di percorsi di inclusione magari realizzati in anni con fatica.

Il Fondo nazionale per le abitazioni è incrementato di soli 140 milioni di euro. Per l’immigrazione il provvedimento di regolarizzazione temporanea è un tampone, una misura limitata che non considera la necessità di una regolarizzazione ben più ampia che tenga conto dei diritti delle persone soggiornanti sul nostro territorio. Positivo è lo stanziamento di 100 milioni per il terzo settore, anche se vanno chiarite le modalità e le priorità di intervento per evitare forme residuali di supplenza istituzionale.

I 20 milioni per il servizio civile sono assolutamente insufficienti di fronte alla necessità di garantire livelli di partecipazione di ragazzi e ragazze che chiedono di svolgere questa attività. Il Piano triennale 2020-2022 per la programmazione del Servizio Civile Universale/SCU (D. M. 4 novembre 2019), con 11 Obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e 15 ambiti di azione indicati alle organizzazioni come finalità dei programmi e dei progetti, fornisce il quadro istituzionale e programmatico per inserire il SCU negli obiettivi che Sbilanciamoci! propone. Alcuni obiettivi vedono il SCU già ben inserito (welfare e diritti), per altri (salute, ambiente e territorio) servono incentivi, ma in generale gli interventi più consistenti sono necessari per dare attuazione, più che inventare strumenti nuovi. Programmazione triennale del contingente minimo di giovani da impegnare e delle risorse conseguenti: questa la priorità fra gli interventi. Un contingente minimo di 80mila giovani, in linea con il numero di domande fatte, per adempiere all’impegno di far partecipare chi chiede di farlo. Questo permetterebbe di depositare programmi triennali, nazionali ed europei su cui concentrare le risorse degli enti e avere una effettiva rendicontazione, anche ai fini di intercettare fondi europei, con una integrazione con il programma del Governo nella sua interezza. Anche per raccogliere fondi aggiuntivi dedicati, provenienti dai vari Ministeri.

Ci sono poi alcune politiche specifiche da potenziare per rendere universale l’accesso. Nelle scuole secondarie superiori deve entrare la promozione del SCU e vanno tolti vincoli che limitano l’impiego di giovani con minori opportunità, cittadini UE e stranieri regolarmente residenti. La valorizzazione delle capacità acquisite dai giovani va inserite nell’Atlante delle competenze, per una spesa nazionale ed europea del nostro capitale umano. Così come l’europeizzazione del SCU significa favorire i partenariati fra organizzazioni di Terzo Settore dei Paesi UE e il potenziamento dei progetti all’estero per contribuire all’Unione Europea “pilastro della pace” che ne ha motivato la nascita e l’identità. Il radicamento locale delle organizzazioni che impiegano i giovani, per non essere localistico e lasciare al caso la buona riuscita e l’efficacia del servizio, va inserito in reti associative nazionali che siano interlocutori ordinari delle istituzioni, dando sostanza alla governance circolare che può sostenere l’innovazione sociale ed economica richiesta dalle sfide globali e locali che ci troviamo ad affrontare.

Le tre proposte di Sbilanciamoci!

  • la revisione del reddito di cittadinanza per allinearlo alle politiche di inclusione sociale, di lotta alla povertà, di avviamento al lavoro, in particolare per superare il razzismo evidente nelle regole per accedervi e il paternalismo che emerge da come sono state costruite le condizionalità, le modalità di calcolo che penalizzano le famiglie rispetto ai singoli;
  • uno stanziamento aggiuntivo complessivo di 3 miliardi di euro per tutto il complesso delle politiche sociali, a partire dal Fondo per le politiche sociali, dal Fondo per la lotta alla povertà e dal Fondo per la non autosufficienza e per le politiche per l’infanzia e per quelle di accoglienza dei migranti: risorse destinate a finanziare l’adozione di un primo nucleo di livelli essenziali delle prestazioni del sistema dei servizi sociali validi sull’intero territorio nazionale, coerentemente con l’articolo 117 della Costituzione e la legge 328/2000;
  • uno stanziamento triennale aggiuntivo di 500 milioni per il servizio civile per rispondere all’obiettivo della creazione di un servizio civile universale.

Lavoro

Al capitolo ammortizzatori e indennità il Decreto Rilancio destina 26 miliardi di euro. In modo positivo, il Decreto prevede la proroga del blocco dei licenziamenti e l’allungamento del periodo di cassa integrazione da 9 a 18 settimane, con l’allargamento della platea considerata (lavoratori/trici domestiche, eccetera). Si prevede la continuazione dell’indennità per lavoratori autonomi e collaboratori anche per i mesi di aprile (600 euro) e, a determinate condizioni, a maggio (1.000 euro). Vi sono poi una serie di misure specifiche come la deroga (per le causali) per i rinnovi dei contratti a tempo determinato, lo smart working, le procedure concorsuali per le assunzioni nel pubblico impiego. Viene finanziato con soli 100 milioni un Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell’attività d’impresa (art. 43) rivolto alle società di capitali con almeno 250 dipendenti, ma in stato di difficoltà economico-finanziaria (in teoria Patrimonio Destinato dovrebbe rivolgersi solo a imprese con squilibri finanziari temporanei).

Le tre proposte di Sbilanciamoci! 

  • istituzione di un salario orario minimo obbligatorio;
  • istituzione di un fondo di 500 milioni di euro per la riduzione e la redistribuzione dell’orario di lavoro;
  • piano di assunzione di 200mila occupati nella Pubblica Amministrazione (ospedali, scuole, welfare, eccetera).

Salute

Nel Decreto Rilancio ci sono importanti misure per il Servizio Sanitario Nazionale: nel 2020, 4,85 miliardi di euro. Più di 1,250 miliardi sono destinati agli interventi per la medicina territoriale, 1,9 miliardi per gli ospedali e 1,5 miliardi per il Fondo emergenze nazionali. Di questi stanziamenti quasi 900 milioni di euro sono destinati al personale. Gli stanziamenti si dimezzano però per il 2021 (1,7 miliardi) e questo non è un segnale positivo. Significative sono le assunzioni per circa 10mila “infermieri di famiglia” per l’assistenza territoriale e domiciliare. 100 milioni vengono destinati fino al 2024 alle borse di studio per gli specializzandi in medicina.

Le tre proposte di Sbilanciamoci!

  • il varo di un organico piano straordinario di 5 miliardi di euro per la medicina territoriale e preventiva, finanziato con la riduzione del 20% della spesa militare;
  • la programmazione della crescita degli stanziamenti alla sanità pubblica per arrivare dal 6,5 al 7% del PIL entro il 2024;
  • la riduzione dei benefici fiscali a favore del tabacco riscaldato da utilizzare per l’assistenza territoriale e domiciliare.

Imprese

Nel Decreto Rilancio, sfruttando la revisione della direttiva sugli aiuti di stato dell’Ue, sono previste in particolare misure per favorire la patrimonializzazione e rafforzare la struttura finanziaria delle aziende. Due terzi degli stanziamenti (oltre 100 miliardi di euro) del Decreto Rilancio vanno alle imprese. Il Decreto Rilancio prevede diverse misure. L’obiettivo del fondo Patrimonio Destinato presso Casa Depositi e Prestiti (art. 27) è quello di sostenere le imprese (con fatturato almeno di 50 milioni di euro) per il rilancio economico e produttivo. Si tratta sostanzialmente di interventi per la ricapitalizzazione di società per azioni in difficoltà (44 miliardi) dentro la cornice stabilita dall’Unione europea per l’emergenza Covid-19 (Temporary Framework).

Si tratta di interventi rivolti alle grandi imprese in settori ritenuti strategici: telecomunicazioni, cantieristica, siderurgia, automotive, eccetera. I requisiti di intervento saranno decisi dal MEF di concerto con il MISE. Il fondo dovrebbe sostenere imprese attive in filiere nazionali ritenute strategiche per sostenere obiettivi tecnologici, logistici, occupazionali, di sostenibilità, con la possibilità di realizzare interventi di ristrutturazione su imprese in difficoltà ma con prospettive di redditività future. L’intervento è previsto per le imprese con sede legale in Italia. Patrimonio Destinato potrà anche essere finanziato con obbligazioni e prevedere la garanzia dello Stato ai portatori dei titoli. Dagli interventi sono esclusi il settore bancario, finanziario e assicurativo.

Il DL Rilancio rifinanzia inoltre la SACE, accantonando 30 miliardi, per concedere garanzie in favore di banche e istituti di credito per finanziamenti alle imprese colpite dal Covid-19. Sono previste in questo caso alcune condizionalità riguardanti i livelli occupazionali e l’assenza di delocalizzazioni e la non distribuzione di dividenti o riacquisto di azioni nel 2020. L’altro intervento significativo è quello della cancellazione del saldo e dell’anticipo Irap a tutte le imprese. L’abolizione dell’Irap rappresenta invece un vero e proprio contributo a fondo perduto per la maggior parte delle imprese; la mancata selettività dell’intervento rappresenta un elemento di forte criticità, non solo perché, come mostrato dall’audizione dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio alla Camera, l’esenzione (per un totale di 3,9 miliardi) andrebbe anche a imprese che hanno risentito meno della crisi (nessun vincolo è legato alla perdita di fatturato, come avviene per altri interventi previsti nel Decreto), ma anche perché si rinuncia di fatto alla leva fiscale come strumento di politica industriale (imponendo condizionalità rispetto agli standard ambientali, occupazionali, eccetera). L’Irap, fra l’altro, finanzia le spese sanitarie: la sua cancellazione indiscriminata è un chiaro cortocircuito logico dopo gli effetti devastanti della pandemia.

Altri 4 miliardi sono destinati al Fondo Patrimonio PMI, 12 miliardi agli enti locali in un Fondo per pagare i debiti alle imprese. Ci sono poi altre misure: 3miliardi per la nuova società di trasporto aereo, 4 miliardi per il fondo patrimoniale delle PMI e 3,950 miliardi per il fondo garanzia delle PMI. Quello che manca in questa parte del decreto è una strategia, un disegno organico, condizioni ambientali e sociali che evitino l’effetto “a pioggia” di stanziamenti che rischiano di essere di essere senza effetti. Ci sono per alcune misure alcune condizionalità minime (divieto di distribuzione dei dividendi nel 2020, garanzia dei livelli occupazionali e sede legale in Italia), ma mancano criteri e indirizzi strategici nella concessione dei benefici.

Il DL Rilancio fornisce anche diversi bonus alle imprese per ridurre i costi legati ai canoni di locazione (1,3 miliardi condizionati alla perdita di fatturato), per la riduzione delle tariffe delle utenze elettriche (600 milioni) o per l’adeguamento dei luoghi di lavoro e per la messa in sicurezza delle attività (2 miliardi a valere nel 2021). Vi sono poi una serie di misure settoriali, volte a sostenere le imprese del settore agricolo (600 milioni), il settore turistico (bonus di 500 euro fruibile da un solo componente del nucleo familiare con un reddito Isee non superiore a 40mila euro – circa 2 miliardi di euro nei prossimi due anni – e l’esenzione Imu), il settore dei trasporti (circa 500 milioni) e, con cifre minori, il settore della cultura e dell’editoria; vengono infine rifinanziati e potenziati gli incentivi per le ristrutturazioni edilizie in modo da favorire il settore delle costruzioni.

Il pacchetto di misure propone anche alcuni incentivi per l’innovazione, in particolare per le startup e le PMI innovative, estendendone gli incentivi fiscali per quelle che investono in ricerca e sviluppo nel Mezzogiorno. Finanzia inoltre 200 milioni il fondo del MISE per il venture capital e 500 milioni per valorizzare il trasferimento tecnologico e prevede inoltre 450 milioni per l’internazionalizzazione del sistema produttivo. Misure utili, ma cui manca la cornice coerente di politica industriale per renderle efficaci.

Non ci sono praticamente riferimenti al Green Deal che pure era al centro della Legge di Bilancio del 2020, né allo European Green Deal e agli obiettivi e alle linee di intervento da questo stabiliti, ad esempio riguardo a: il varo di una Legge sul Clima con obiettivi ambiziosi e vincolanti di taglio delle emissioni di CO2 e gas serra;  la definizione di una politica industriale che sappia  favorire al riconversione produttiva dei settori energivori e resource intensive e assicurare le giusta transizione, invece che attestarsi sul business as usual. Considerando i 3 decreti seguiti all’emergenza coronavirus, decine di miliardi di euro – nella forma di sussidi, garanzie bancarie, prestiti, sgravi fiscali – sono andati alle imprese per assicurare liquidità e impedire la chiusura durante il blocco delle attività per l’epidemia.

Ma si è parlato pochissimo delle condizioni a cui fornire tali aiuti e di come essi possono contribuire a ricostruire una capacità produttiva qualificata per il paese. Soltanto il caso della FCA, ora con sede all’estero e in procinto di essere acquisita da Peugeot, ha ricevuto la giusta attenzione: una proposta per richiedere investimenti nella mobilità elettrica è venuta dalle principali organizzazioni ambientaliste e da Sbilanciamoci!. Va ricordato che è previsto tra le misure per il Mezzogiorno uno stanziamento per start-up nell’ambito del programma “Io resto al Sud”. Molto limitate, alcune solo di facciata (come il bonus di 500 euro), sono le misure per il rilancio del turismo.

Le tre proposte di Sbilanciamoci!

  • la creazione di un’Agenzia nazionale pubblica per lo sviluppo e le imprese con una dotazione di almeno 100 miliardi di euro;
  • l’anticipo delle misure previste nei prossimi 15 anni per il Green Deal dalla Legge di Bilancio del 2020 nel triennio 2020-2023;
  • la trasformazione di Cassa Depositi e Prestiti in una Banca nazionale di investimenti pubblici sul modello della BEI.

Mobilità e trasporti

Sulla mobilità gli interventi sono molto parziali e modesti. Il Decreto Rilancio avrebbe potuto essere l’occasione per il lancio di una grande piano pubblico per la mobilità sostenibile (come ha fatto in questi giorni il governo francese), ma anche in questo caso è stata una occasione persa. Di un certo interesse, tra le misure puntuali, è il potenziamento di 50 milioni in due anni degli incentivi all’intermodalità e cabotaggio, già previsti dalle norme vigenti per i cosiddetti Ferrobonus e Marebonus. Il fondo ecobonus per l’acquisto di auto elettriche viene incrementato di soli 100 milioni per il 2020 (si tratta comunque di una platea molto ristretta che esclude di fatto dai beneficiari le classi sociali più povere) e si dà vita a uno sperimentale buono mobilità (200 milioni) per l’acquisto di biciclette, monopattini elettrici, eccetera; da cui, però, si esclude tout court il car sharing. Contributi sono destinati al trasporto aereo e alle ferrovie, mentre sotto-finanziato rimane il trasporto pubblico locale e si rischia che le aziende, autorizzate dal decreto a sospendere l’obbligo di uso di mezzi ad alimentazione alternativa, facciano massici acquisti di mezzi pubblici diesel, in contrasto con gli obiettivi di decarbonizzazione.

Le tre proposte di Sbilanciamoci!

  • la predisposizione di un Piano nazionale per la mobilità sostenibile, organico e strategico per i prossimi 10 anni;
  • l’avvio di un Piano specifico per la mobilità elettrica;
  • l’introduzione di condizionalità e vincoli ambientali per il sostegno al comparto dell’automotive, come già avanzato dalle associazioni ambientaliste per il prestito alla FCA.

Ambiente e territorio

Come detto il Green Deal, così presente – almeno nelle intenzioni e con stanziamenti futuri – nella Legge di Bilancio 2020, praticamente scompare nel Decreto Rilancio. Si tratta di una grande occasione persa. Gli aiuti alle imprese, così cospicui, avrebbero potuto essere destinati o vincolati in senso ambientale e sociale, come tra l’altro richiesto dalla Strategia industriale dell’Unione Europea. Così non è stato. Il Decreto Rilancio proroga per quest’anno alcune norme che permettono ai Comuni di continuare opere di messa in sicurezza delle scuole e del territorio, e questo è sicuramente un fatto positivo. Vi è poi la norma che introduce l’aliquota del 110% di detrazione per gli interventi di adeguamento antisismico e alcuni interventi di efficientamento energetico con una scarsa attenzione alla classificazione di cosa debba intendersi per “ibrido” e alle nuove soluzioni tecnologiche più efficienti dal punto di vista energetico e ambientale. Questa è una misura positiva che, se meglio dettagliata, può incentivare molto la risistemazione del patrimonio privato e pubblico.

L’unica misura che riguarda la tutela del territorio nel suo complesso è quella relativa all’incremento di 40 milioni di euro del Fondo per le Zone Economiche Ambientali – ZEA situate nelle aree protette: buona notizia sulla carta, a patto che non si tratti solo di finanziamenti “compensativi” per le aziende, a fronte di vincoli esistenti, come trapela, scandalosamente, dalla lettura della Relazione illustrativa del provvedimento. Si avvia con il Decreto la riprogrammazione dei Fondi strutturali e di investimento europei nel Mezzogiorno alleandoli con quelli dei Fondi di coesione.

Le tre proposte di Sbilanciamoci! 

  • un piano di investimenti pubblici di 10 miliardi per le piccole opere: messa in sicurezza del territorio, manutenzione delle coste, riqualificazione delle periferie;
  • l’istituzione di un Fondo nazionale per l’efficienza energetica e l’accesso al credito da parte delle famiglie;
  • introduzione del vincolo del fossil free per la misura della detrazione del 110% per gli interventi di adeguamento sismico.

Carceri e giustizia

Nel Decreto Rilancio sono stati destinati 31,7 milioni agli uffici giudiziari e agli uffici centrali del Ministero della Giustizia per consentire la sanificazione degli ambienti, l’acquisto di materiale igienico-sanitario e altri dispositivi di protezione individuale e di apparecchiature informatiche. Inoltre, i Tribunali e le Corti d’Appello sono stati autorizzati ad assumere personale per smaltire il carico di lavoro che si è accumulato in questo periodo e per favorire l’informatizzazione delle pratiche.

Per quanto riguarda il sistema penitenziario di adulti e minori, sono stati stanziati 7 milioni per il lavoro straordinario degli operatori, 1,2 milioni per le spese di sanificazione e 4,6 milioni per l’acquisto di materiale informatico. Ci limitiamo a commentare quest’ultima disposizione. Ci auguriamo che i fondi stanziati per le nuove tecnologie non siano una concessione temporanea, ma un segnale di apertura permanente. Il carcere è infatti oggi, dal punto di vista dell’accesso alle nuove tecnologie, un microcosmo rimasto ingiustificatamente indietro nel tempo. Qualsiasi prospettiva di reinserimento sociale non può che passare anche attraverso l’utilizzo della rete web. Come l’emergenza sanitaria ha mostrato, l’utilizzo di video-chiamate per comunicare con i parenti è realizzabile in carcere con facilità e senza rischi per la sicurezza. Anche l’uso di smartphone, che sembrava impensabile fino a poche settimane fa, ha dimostrato di essere virtuoso e ci auguriamo venga potenziato.

L’informatica deve entrare in carcere in maniera massiccia, anche per quanto riguarda le procedure di archiviazione. Si pensi ad esempio alla cartella clinica informatizzata e a quanto essa possa migliorare le stesse prestazioni sanitarie, permettendo la conservazione di una memoria clinica completa. L’obiettivo a lungo termine deve essere inoltre quello di utilizzare le nuove tecnologie non solo per le comunicazioni “private” tra detenuti e familiari ma anche per accedere al mondo della didattica a distanza, che per quanto non possa sostituire la didattica dal vivo, la può senz’altro potenziare, nonché per garantire ai detenuti un pieno diritto all’informazione, come tra l’altro esplicitamente sancito dall’ordinamento penitenziario riformato nell’ottobre 2018.

Le tre proposte di Sbilanciamoci! 

  • dare carattere di continuità e permanenza all’utilizzo delle tecnologie web come strumento di inclusione e reinserimento sociale;
  • fare in modo che le nuove tecnologie siano utilizzate non solo per i colloqui con i familiari, ma anche per la didattica a distanza (DaD);
  • utilizzare l’emergenza per un risanamento più generale delle strutture penitenziarie.

Scuola e università

Nel Decreto non c’è alcun piano organico sulla riapertura delle scuole e delle università (e asili nido e materne) a settembre. Il tutto è rinviato a futuri provvedimenti. Si tratta di una carenza grave, soprattutto perché il sistema formativo fa parte del rilancio del nostro paese. Il rischio è che il governo si adagi alla soluzione della didattica a distanza (DaD) come scelta prioritaria sottovalutando le criticità emerse e il rischio di esclusione delle fasce più deboli, tra cui gli studenti e studentesse con disabilità. Bisogna investire invece nella ristrutturazione degli edifici scolastici e dell’aumento degli organici per la ripresa delle attività in presenza.

Per la scuola si stanziano 920 milioni per il 2020 e 600 per il 2021 per affrontare l’emergenza Covid-19. Tra questi, 331 milioni sono destinati al Fondo per il funzionamento delle scuole: tra le priorità gli interventi per il riadattamento degli spazi per la didattica in presenza. Si prevede l’assunzione di 16mila nuovi docenti per la scuola secondaria. Circa 40mila euro circa saranno destinati per ciascuna scuola per l’affidamento di servizi di supporto tecnico. Il decreto destina oltre 280 milioni di euro al sostegno degli studenti: 40 milioni in più per il diritto allo studio, 15 milioni per i dottorandi per due mesi di proroga della borsa di studio, oltre a 165 milioni per consentire la riduzione dei contributi degli studenti. Inoltre, il decreto prevede 62 milioni di euro, di cui 50 nel 2020, per il fondo di emergenza Covid-19 per le università, enti di ricerca e per l’alta formazione artistica, musicale e coreutica, AFAM. Tali fondi sono finalizzati a sostenere l’accesso alla ricerca e la didattica a distanza a sostegno degli studenti.

Date le carenze di personale medico specializzato che l’emergenza Covid ha messo a nudo, il decreto per correre ai ripari prevede maggiori stanziamenti per 319,2 milioni di euro per i medici specializzandi e le scuole di specializzazione delle discipline sanitarie. L’innovazione e il trasferimento tecnologico invece trovano maggiori stanziamenti per 500 milioni a favore del nuovo Fondo per il trasferimento tecnologico alle start-up e alle piccole e medie imprese gestito dal Ministero dello sviluppo economico, assieme a un Tecnopolo a Bologna per ricerca meteoclimatica con 40 milioni complessivi fino al 2022 e di una infrastruttura di ricerca a Torino, il centro nazionale per la ricerca, l’innovazione e il trasferimento tecnologico nel campo della mobilità e dell’automotive con 20 milioni.

Positivo è l’incremento dei fondi (290 milioni per il 2020 e 600 per il 2021) per le università e AFAM, gli enti di ricerca. Si tratta di stanziamenti finalizzati alla diffusione degli strumenti digitali e del sostegno alle borse studio. Il personale di ricerca delle università e degli enti pubblici di ricerca, dopo anni di blocco del turnover, trova uno spazio di recupero dal 2021 con un piano di reclutamento straordinario grazie a maggiori stanziamenti di 200 milioni per gli atenei e 50 milioni per gli enti pubblici di ricerca. In termini di ricercatori, all’università si vanno ad aggiungere ai 1.607 ricercatori previsti dal Decreto Mille proroghe dei mesi scorsi altri 3.333 ricercatori, per un totale di 4.940 unità. Gli enti di ricerca invece potranno assumere circa 1.300 ricercatori. 80 milioni vengono destinati all’istruzione 0-6 anni. Si prevede anche uno stanziamento di 70 milioni per le scuole private: si tratta di una scelta non condivisibile.

Le tre proposte di Sbilanciamoci! 

  • programmare nel più breve tempo possibile il piano per la riapertura delle scuole a settembre, attraverso interventi immediati per l’adeguamento degli spazi e stanziamenti maggiori per nuovo personale docente e non docente;
  • portare entro il 2025 gli stanziamenti per l’istruzione al 4% del Pil;
  • cancellare il nuovo stanziamento di 70 milioni per le scuole private.

Cultura e turismo

Numerose le misure destinate a Cultura e Turismo. Considerando che Sbilanciamoci! ha sempre denunciato la cronica insufficienza della spesa pubblica per la cultura, in particolare quella che consente a una platea vasta di cittadini di accedere al patrimonio culturale materiale e immateriale, i provvedimenti in oggetto sono un buon punto di partenza, ma sono purtroppo insufficienti. Per il turismo la principale misura è il buono-vacanze (credito di imposta fino a 500 euro per le famiglie), per il quale si prevede uno stanziamento di oltre 1,6 miliardi di euro. Dubbi tra gli operatori del settore vengono espressi sull’efficacia e il successo di questa misura.

Viene poi istituito un Fondo d’emergenza di 360 milioni per le istituzioni culturali (librerie, musei, eccetera) e di 115 milioni per il settore dello spettacolo e dell’audiovisivo. Interessante l’ampliamento della platea di soggetti che possono accedere al Art Bonus, anche se pur sempre legati al mondo dei soggetti tradizionalmente finanziati dal Mibact. Particolarmente utile il credito d’imposta del 60% sia sulle spese per la sanificazione, sia sugli affitti degli immobili in cui si svolgono le attività. Purtroppo, così come sono scritte le modalità di accesso, non sembrano applicabili alla maggioranza delle organizzazioni culturali non profit. Vi sono poi misure di ristorno (100 milioni) ai Comuni per la tassa di soggiorno che potrebbero aiutare i Comuni, soggetti dai quali non è possibile prescindere per la definizione di politiche culturali territoriali per il rilancio. Si tratta di misure necessarie, ma che non bastano. E sono ancora insufficienti le misure per intervenire sul digital divide che colpisce particolarmente alcune fasce sociali e aree territoriali.

 Le tre proposte di Sbilanciamoci! 

  • un organico piano per la promozione del libro e della lettura;
  • interventi per il superamento del digital divide;
  • sostegno alla proposta dell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) per l’istituzione di un fondo “Cura Cultura” di 100 milioni gestito direttamente dai Comuni a sostegno del tessuto connettivo culturale e sociale del territorio.

Fisco

La parte sul fisco del Decreto Rilancio è particolarmente deficitaria: mancano norme per la giustizia fiscale. La norma più importante è la cancellazione per quest’anno e per il futuro delle clausole di salvaguardia. Si tratta di un dato positivo, anche se il fatto che le clausole assorbano una fetta così consistente della manovra è un evidente indice di come le fallimentari politiche economiche degli ultimi anni abbiano ipotecato il futuro del paese: le prossime Leggi di Bilancio saranno sollevate dal fardello di trovare le risorse per la loro temporanea sterilizzazione.

Si è già detto nel capitolo sulle Imprese della cancellazione del saldo 2019 e dell’acconto Irap per il 2019. Altre misure previste sono il rinvio dell’introduzione della plastic tax e della sugar tax e – purtroppo – della generalizzazione della trasmissione telematica dei corrispettivi, utile strumento per la lotta all’evasione fiscale. Vi è poi la posticipazione di alcuni pagamenti di natura fiscale (cartelle, eccetera). Risulta tuttavia evidente la riproposizione di un’impostazione già rivelatasi fallimentare della politica fiscale, che considera l’imposizione un peso in sé, a prescindere da quello che va a finanziare. Il risultato di tutto ciò è una rincorsa alla riduzione della pressione fiscale, che da un lato non potrà che continuare ad alimentare il deficit e a riproporre di nuovo la “necessità” di ridurre occupazione e spesa pubblica per far quadrare i conti, e dall’altra si fonda sul mito di un ceto imprenditoriale che, percependo una maggiore profittabilità grazie alla minore imposizione, dovrebbe automaticamente aumentare il livello di investimenti, e con questo i tassi di crescita economica. Si tratta di un modello già rivelatosi in passato fallimentare e che, nella sua teorizzazione ideologica, non è capace di dare conto della mutata natura della produzione capitalistica e della competizione internazionale.

Le tre proposte di Sbilanciamoci! 

  • istituzione di una tassazione patrimoniale progressiva sopra 1 milione di euro;
  • riforma del sistema fiscale accentuando la progressività dell’Irpef;
  • il superamento dei Sussidi Ambientalmente Dannosi (SAD) entro il 2025 e la loro riconversione in Sussidi Ambientalmente Favorevoli (SAF).

Per sostenere le proposte della campagna Sbilanciamoci, firma l’appello In salute, giusta, sostenibile. L’Italia che vogliamo