La Commissione europea sbatte la porta in faccia all’Italia in nome del rischio di una espansione fiscale restrittiva che, in una congiuntura economica per niente rosea, è un assurdo logico.
Nel mentre lo scenario economico internazionale manifesta un rallentamento economico che condizionerà l’attività produttiva, il lavoro, il reddito e conti pubblici, al netto della bolla finanziaria incipiente che potrebbe far saltare ogni previsione economica, l’Europa dei tecnocrati vuole imporre misure di contenimento della spesa pubblica per contenere e ridurre il debito pubblico. Il modello sotteso è quello del Fiscal compact e la sua declinazione econometrica che spaccia una disoccupazione al 10% come coerente per sostenere la crescita in assenza di inflazione.
Paradossi dell’output gap europeo che durante la crisi più nera ha sostenuto la cosiddetta “austerità espansiva”, mentre ora declina, per interposta persona – Olivier Blanchard e Jeromin Zettelmeyer – il rischio di una espansione fiscale restrittiva.
L’attuale gruppo – tecnocrate – europeo riabilita persino Friedrich August von Hayek; era molto critico rispetto alle politiche pubbliche, ma non avrebbe mai sostenuto l’output gap europeo e la sottesa politica di contrazione del PIL. Sostenere che il vincolo europeo è l’inflazione – secondo questa tesi la crescita del deficit fa aumentare l’inflazione – è un assurdo economico che qualsiasi studente al primo anno saprebbe smontare.
Questa discussione diventa ancora più assurda davanti all’evidenza di un tasso di inflazione ben al di sotto del target europeo (2%). Se leggiamo bene la comunicazione della Commissione è ancor più sciocca di quello che non sembra a prima vista. Sebbene l’economia internazionale rallenti, anche la Germania subisce la guerra commerciale e monetaria internazionale, la stima di crescita dell’economia italiana fatta dalla Commissione per il 2019 passa da 1,1 a 1,2%. In parole più semplici: il PIL nazionale dovrebbe diminuire perché la crisi internazionale condiziona tutti, ma gli interventi pubblici permettono di contenere la caduta e, addirittura, permettono un piccolissimo aumento dello 0,1%. A questo punto chi è, citando la mamma di Forrest Gump, lo stupido di turno? “Stupido è chi lo stupido fa”.
C’è poi qualcosa di fastidioso che va ben oltre il comunicato dall’Europa. L’Europa stima il deficit al 2,9 per il 2019 e al 3% nel 2020 e questa cifra non tiene in considerazione la clausola di salvaguardia, cioè l’aumento dell’Iva, data la sistematica sterilizzazione”. I precedenti governi hanno fatto veramente tanti danni, ma il danno permanente delle cosiddette “clausole di salvaguardia”, è insopportabile: impediscono qualsiasi misura di politica economica.
Dobbiamo forse tagliare la spesa per l’equivalente valore (12,5 mld) per ridurre il deficit? Dobbiamo forse ridurre il deficit facendo aumentare l’IVA con grave pregiudizio per la crescita? Le brutte e cattive riforme dei primi ministri della passata legislatura realizzate con il metodo del deficit postdatato è qualcosa che grida ancora vendetta e l’ex ministro Padoan non è meno colpevole perché ha consentito tutto ciò.
Il principale difetto della manovra del governo Conte è l’assenza di una politica economica, nonostante l’obiettivo fosse quello di ridurre il gap di minore crescita rispetto alla media europea. In altri termini, come facciamo a ridurre la distanza di valore aggiunto italiano per addetto rispetto a quello tedesco (23.000 euro)? Qualche esponente politico e, purtroppo, anche sindacale ha criticato la riduzione degli incentivi (4.0) alle imprese presente nella Legge di Bilancio, ma è ormai chiaro a tutti che la maggiore domanda delle imprese legata agli incentivi (investimenti) non è soddisfatta da una equivalente dinamica della produzione di beni strumentali. La parte nobile e di conoscenza dei beni strumentali non è realizzata in Italia e, coerentemente, il valore aggiunto per addetto è più basso di quello tedesco.
La disputa tra governo italiano e Commissione, per non parlare della cosiddetta opposizione, nasconde l’assassinio della ragione. La campana del libro “Il Potere ignorante” di Leon, amico e maestro, non è mai stata così rumorosa.