Se la crescita è “misurabile”, stagnazione e recessione si prestano a diverse interpretazioni. Ma a prendere sul serio le previsioni Bankitalia 2019 sarebbe da suonare un allarme rosso. Perché non scatta?
	
	Se la crescita è “misurabile”, stagnazione e recessione si prestano a diverse interpretazioni. Ma a prendere sul serio le previsioni Bankitalia 2019 sarebbe da suonare un allarme rosso. Perché non scatta?
	A fine novembre il Parlamento europeo ha bocciato l’assunzione del Fiscal compact nel diritto comunitario e la discussione a Strasburgo (Lega e 5 stelle erano assenti) è stata prolifica ma in Italia nessuno ne parla. E la disputa tra governo e Commissione resta spiaggiata sul deficit eccessivo.
	Siamo a due lettere dalla Commissione Ue sulla legge di bilancio 2019, con osservazioni basate ancora su una interpretazione rigida del Fiscal compact, mentre il governo cerca di ridurre il differenziale con la crescita media europea ma agendo solo sulla partita corrente. Sottovalutato l’avanzo primario.
	La Commissione europea sbatte la porta in faccia all’Italia in nome del rischio di una espansione fiscale restrittiva che, in una congiuntura economica per niente rosea, è un assurdo logico.
	Cerchiamo allora di fare chiarezza tra deficit tendenziale e strutturale, sull’impatto di condono, reddito, pensioni. Andando oltre il paradosso della storia recente per cui il deficit è diventato di destra e il rigore di sinistra. Ricordando la lezione di Leon.
	Secondo il governo in soli 6-7 mesi il Paese dovrebbe crescere di 0,6 punti di PIL in più rispetto al quadro tendenziale. E c’è anche il dubbio che le ingenti risorse impegnate eccedano l’effettiva capacità di spesa della pubblica amministrazione.
	La manovra si iscrive in un panorama economico complesso, dalla guerra valutaria, ai dazi, dai vincoli europei e dalla Brexit alla possibile incapacità della Ue di far fronte a una possibile nuova bolla finanziaria. E non è ancora chiaro quante siano le risorse disponibili.
	Il 27 settembre il governo gialloverde dovrà presentare il Def. C’è uno strabismo tra chi si aspetta interventi su pensioni, fisco, investimenti e reddito di cittadinanza e chi guarda a riduzione del debito. Mentre Tria sembra aver archiviata la battaglia per ridefinire i criteri del fiscal compact.
	La discussione relativa al decreto Dignità è monca. Anche la la relazione tecnica si è concentrata soltanto su effetti marginali come 8 mila posti su 2 milioni di contratti a tempo determinato.
	Il diritto non è naturale, va storicizzato, così come i bisogni e l’impoverimento. E’ bene ricordare che ciò che separa sinistra e destra è la Storia. La prima si rifa alla modernità, la seconda è post-moderna.
