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Terre rare ucraine, l’accordo stracciato con Trump

Zelensky continua a dirsi pronto a firmare l’accordo sulle terre rare con l’amministrazione Trump dopo il litigio nello studio Ovale. Ma non sono solo le terre rare oggetto del negoziato. In ballo c’è anche il gas e soprattutto il litio, tra le cause economiche e geopolitiche della guerra.

Il presidente Volodymyr Zelensky da Londra, a margine del summit di europei e alleati convocato lunedì 3 marzo dal premier britannico Keir Starmer sull’Ucraina, ha rilanciato l’accordo “sulle terre rare” come base per riprendere i negoziati con Donald Trump dopo il pesante alterco tra i due e il vice presidente J.D. Vance avvenuto venerdì nelle studio Ovale in diretta planetaria. Zelensky ha detto infatti, quasi come segno di sottomissione, che l’accordo-quadro è “pronto per essere firmato”. Del resto il testo dell’accordo-quadro che Zelensky aveva in mano quando è entrato nella Casa Bianca a titolo di rimborso, spropositato ma funzionale alla ricostruzione del paese, degli aiuti statunitensi per la guerra, è già stato approvato dal governo di Kiev. Trump però si è rifiutato di controfirmarlo prima di cacciare Zelensky in malo modo e dalle indiscrezioni sembra piuttosto intenzionato a bloccare ulteriori invii di armamenti e aiuti a Kiev. La sostanza di ciò che Zelensky voleva ottenere era sostegno futuro della NATO e dell’alleato atlantico alla sicurezza di Kiev in funzione anti-russa in cambio di una contropartita in risorse strategiche e questo in effetti sembrava essere lo scambio se mandiamo indietro le lancette degli orologi alla mattina del 28 febbraio. In attesa che sia la storia a decodificare il nastro di ciò che è avvenuto a Washington la settimana scorsa, per il momento si può solo cercare di capire di cosa si sarebbe dovuto parlare prima del litigio che ha fatto saltare tutte le regole della diplomazia fin qui acquisite. 

Dell’accordo in questione è circolata una bozza articolata in 11 punti (qui), nella quale non una sola volta è citata la dizione “terre rare” o Rare Earth Elements (REE): i 17 minerali – per la verità non rari sulla crosta terrestre – indispensabili per la produzione di tutti gli apparecchi digitali, dai telefonini ai televisori e computer, della cui estrazione dalle viscere della terra per il momento è semi-monopolista la Cina (qui un articolo di Sbilanciamoci per capire cosa sono e a cosa servono). Giacimenti di queste terre rare in effetti sono segnalati anche in Ucraina ma non in misura tale da poter essere influenti sul prezzo di mercato e non tali da essere da soli fondamentali per l’Europa.

Secondo le stime più accreditate si parla di 500 mila tonnellate di terre rare presenti in Ucraina, pari al 5% delle forniture mondiali, anche se si tratterebbe in ogni caso di avviare un processo di estrazione molto complesso e dispendioso. In ogni caso come si vede dalla figura 1 i giacimenti si troverebbero proprio nelle zone del Donetsk e del Luhansk conquistate e reclamate dalla Federazione Russa. E comunque, per capire l’ordine di grandezza, un giacimento recentemente scoperto in Norvegia, a circa 150 chilometri da Oslo, è accreditato come contenente 8,78 milioni di tonnellate di terre rare, la cui prima estrazione è prevista per il 2030. 

Fonte: Ukrainian Geological Survey

Il sottosuolo dell’Ucraina è fatto di rocce particolarmente antiche ed è pertanto sicuramente ricco di molte materie prime strategiche, non solo di terre rare. Oltre al gas e all’uranio, la terra ucraina è ricca di titanio, nichel, persino di cobalto. Ma a quanto pare è molto ricca soprattutto di litio, di cui alcuni grandi giacimenti sono stati scoperti proprio poco prima dello scoppio della guerra e dell’invasione delle truppe russe. L’Ucraina ha nelle sue viscere 500 mila tonnellate di litio, ovvero circa il 3% delle riserve totali globali e si tratta della più grande riserva d’Europa di questo materiale, fondamentale per batterie delle auto elettriche e per i grandi accumuli delle rinnovabili (qui un approfondimento di Sbilanciamoci sul litio). In questo caso solo il 25% del litio ucraino si troverebbe nelle zone orientali occupate dai russi. Mentre, secondo funzionari statunitensi recentemente intervistati in forma anonima dal Washington Post, Mosca sarebbe già riuscita ad assumere il controllo di asset energetici, metalli e minerali per un valore di oltre 12 trilioni di dollari.

Un grande giacimento di litio è stato scoperto (link qui) nelle profondità di una vecchia miniera sovietica per la produzione di quarzo piezoelettrico utilizzato fino ai primi anni Novanta per sistemi di puntamento militare nella zona di Khoroshiv-Volodarsk della regione di Zhytomyr. Ma il il Servizio geologico ucraino ha individuato varie altre zone con pegmatiti a spodumene, le rocce più pregiate per l’estrazione di litio, sempre della fascia centro-occidentale del paese, in piena disponibilità – quindi – dello Stato ucraino, perché evidentemente non sottraibili dalla Russia anche nel caso di un trattato di pace territorialmente molto penalizzante per Kiev. 

C’è un dato che servirà per una ricostruzione storica delle ragioni economiche, oltre che geopolitiche, dello scoppio della guerra in Ucraina e riguarda proprio un giacimento di litio. A novembre del 2022, quindi solo tre mesi prima dell’inizio dell’invasione russa, la società australiana European Lithium aveva dichiarato di essere vicina ad assicurarsi i diritti su due promettenti giacimenti di litio nella regione di Donetsk (Ucraina orientale) e a Kirovograd, al centro del paese. 

L’Ucraina ha inoltre il 10% delle riserve mondiali di ferro, il 20% di grafite, notevoli quantità di carbone, di ferro e, come dicevamo, metano. Concludendo, si può dire che l’ingresso pattuito dell’Ucraina nell’Unione Europea potrebbe portare in dote all’Ue le risorse minerarie strategiche per affrancare almeno in parte le proprie produzioni industriali dalle catene del fornitura internazionali per la transizione energetica e digitale. A ciò, in un mondo che fosse magicamente tornato ad essere multipolare, si potrebbe affiancare la riattivazione della pipeline NordStream 2, in una logica di sganciamento dal petrolio di scisto e dal gas liquefatto che paghiamo a caro prezzo di importazione dagli Stati Uniti a causa del blocco delle forniture russe successivo allo scoppio della guerra. La guerra, la prima a essere scoppiata nel cuore dell’Europa dopo il Secondo conflitto mondiale, appare più chiara nella sua genesi e anche nel suo ostinato protrarsi per oltre tre anni senza avanzamenti diplomatici. Le sue ragioni di fondo sembrano risiedere nel tentativo, ormai non solo russo, di minare o bloccare le pretese di indipendenza dell’Europa per quanto riguarda le materie prime strategiche e l’energia.