La manovra economico-finanziaria proposta dal Governo Meloni è modesta, iniqua, regressiva: questo il giudizio della Campagna Sbilanciamoci! espresso in occasione dell’audizione presso le Commissioni Bilancio di Camera e Senato. La traccia dell’intervento del Portavoce Giulio Marcon.
Pubblichiamo qui di seguito la traccia dell’intervento del Portavoce della Campagna Sbilanciamoci!, Giulio Marcon, in occasione dell’audizione parlamentare della campagna sul Disegno di Legge di Bilancio del Governo presso le Commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato, in data lunedì 4 novembre 2024.
La campagna Sbilanciamoci!, composta da 53 organizzazioni della società civile italiana, da quasi 25 anni analizza i provvedimenti di spesa pubblica – tra tutti la legge di bilancio – e formula le sue valutazioni, inserendo anche delle proposte concrete su come vorremmo fosse la legge di bilancio per indirizzarla ad un modello di sviluppo sostenibile e di qualità.
Il disegno di legge per il Bilancio dello Stato 2025-27 si presenta come una manovra economico-finanziaria modesta, di galleggiamento, iniqua socialmente e, dal punto di vista ambientale, regressiva.
E’ una manovra che si tiene lungo i vincoli ristretti delle compatibilità finanziarie e del nuovo Patto di Stabilità: la crescita del PIL per il 2025 ondeggia intorno all’1,2% (il FMI prevede uno 0,9%) e l’effetto della manovra sulla crescita è dello “zero virgola”. Questo significa un impatto irrisorio sulla crescita e lo sviluppo del paese. E’ una manovra che -dedicata prevalentemente al rifinanziamento delle misure dell’anno scorso, come il taglio al cuneo fiscale – non riuscirà, a causa del fallimento del concordato fiscale che scadeva il 31 ottobre scorso (raccolte solo tra il 15% e il 20% degli importi previsti), ad avere le risorse sufficienti per procedere ai tagli previsti dalla riforma dell’Irpef. Riforma che, secondo noi, lede i principi costituzionali della progressività e dell’equità. In ogni caso i tagli fiscali – a contro i dogmi della vulgata neoliberista – non hanno alcun impatto sulla crescita,
Quel poco che abbiamo avuto di politica industriale e di investimenti in questi anni, grazie al PNRR, rischia di arenarsi. Rischia di fermarsi l’impatto sulla transizione ecologica. Il taglio del fondo di 4,6 miliardi al fondo automotive (l’80% dell’intero fondo) costituisce una scelta assolutamente miope di fronte alla crisi del sistema industriale dell’automotive e ai rischi di licenziamenti e cassa integrazione del settore. Per rimanere nel settore della mobilità la penuria del fondo per il trasporto pubblico locale – non si sono ascoltate nemmeno le richieste della Conferenza Stato Regioni – rischia di mettere in ginocchio regioni e comuni. In legge di bilancio ci sono in più solo 120 milioni per il TPL, ma ne servirebbero 700 per adeguarlo all’inflazione. La Conferenza Stato Regioni – ricordiamo – ha chiesto un aumento del fondo di almeno 1miliardo l’anno. La disastrosa vicenda dell’Industria Italiana Autobus mette in evidenza, tra l’altro, l’incapacità delle istituzioni italiane e del governo di puntare su un asset strategico per la transizione e il sistema industriale del nostro paese. Sempre in questo ambito bisogna ricordare – in negativo – lo sperpero delle risorse, anche quest’anno, per la inutile opera del Ponte sullo Stretto. E inoltre, la mancanza di misure per la trasformazione dei Sussidi Ambientalmente Dannosi (pur citati velocemente dal disegno di legge) in Sussidi Ambientalmente Favorevoli. Si tratta di oltre 22miliardi di euro. Ma sulla parte ambientale -per non ripetere le stesse valutazioni – lasciamo al WWF, Legambiente ed Ecco la parola, auditi questa mattina.
Sulla parte sociale evidenziamo il definanziamento di fatto del Servizio sanitario nazionale, con aumenti minimi (1,3 miliardi, all’incirca lo 0,9% in più rispetto all’anno scorso), che sono largamente insufficienti di fronte alla crescita dei servizi dovuti all’invecchiamento della popolazione, alle insufficienze croniche dei servizi e all’emergere di nuovi bisogni sanitari. Di fatto, si sta smantellando il Servizio sanitario nazionale. Rispetto al PIL il finanziamento alla sanità (6,05% nel 2025) sta diminuendo. E con la scusa della lotta alle liste d’attesa, si incentiva il ricorso alle strutture private. Ricordiamo inoltre il taglio di oltre 500milioni di euro alle università e alla ricerca, cosa che ha sollevato la protesta degli atenei e dei rettori. Ricordiamo altresì che per i dipendenti dei contratti pubblici, i poco più di 5miliardi postati, coprono solamente 1/3 della perdita di potere d’acquisto a causa dell’inflazione, rispetto all’ultimo contratto. Sulla previdenza, non c’è praticamente nulla, con ridicoli aumenti di qualche euro alle pensioni più basse.
Di fronte a questo quadro – nulle risorse alla transizione ecologica, alla sanità, all’istruzione, al lavoro – registriamo (dati Milex) un aumento delle spese militari (allocate sia nel Ministero della Difesa, nel MEF che nel MIMIT) di oltre il 12% nel 2025 e di ben 40miliardi di euro per acquisto e costruzione di sistemi d’arma in tre anni, dal 2025 al 2027. Nel 2025 la spesa militare sarà di 32 miliardi, di cui 13 per le armi. Si tratta di uno spreco di risorse enormi e anche eticamente insostenibili di fronte – come ci dice l’ISTAT- all’aumento della povertà assoluta e relativa. Ricordiamo che, sempre secondo l’ISTAT, gli italiani a rischio di povertà assoluta costituiscono il 25% della popolazione e oltre 4,5 milioni di italiani non si curano perché non possono permetterselo più.
La campagna Sbilanciamoci! presenterà nei prossimi giorni ai parlamentari delle proposte specifiche, che potranno essere tradotte in emendamenti.
Sul fronte delle entrate o delle minori spese proponiamo, dal lato fiscale, una patrimoniale sopra i 5milioni di euro (si tratta dei super ricchi, meno dell’1% della popolazione), il taglio della flat tax nelle forme esistenti, il superamento dei SAD (oltre 22miliardi di euro), la tassazione dei sovra profitti delle industrie militari, la riduzione del 20% delle spese militari e la cancellazione degli 11miliardi di euro ancora da spendere per il Ponte sullo Stretto.
Sul fronte delle uscite noi proponiamo 10 miliardi di investimenti e di politica industriale per la transizione giusta: un fondo straordinario per l’automotive e la mobilità sostenibile, il trasporto pubblico locale, un piano diffuso di almeno 1000 piccole opere contro il degrado del territorio, la messa in sicurezza delle scuole, ecc. Pensiamo che sia necessario un aumento di almeno il 5% dell’attuale Fondo sanitario nazionale e di un miliardo per l’istruzione pubblica. E poi interventi per rilanciare il diritto all’abitare, il welfare, i servizi sociali.
Queste sono solo alcune delle oltre 110 proposte – dettagliate e sostenibili – che presenteremo nel nostro Rapporto annuale il prossimo 4 dicembre alla sala stampa della Camera dei deputati.