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Gaza, il target dell’Unrwa e Giorgia Meloni

L’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi Unrwa è l’infrastruttura civile di Gaza. Il governo ha bloccato i fondi dopo le accuse di Israele a 12 dipendenti di appoggio alla strage del 7/10. Ma 200 ex ambasciatori e giuristi chiedono di ripristinare il finanziamento, essenziale con carestia e carneficina in atto.

Sedici paesi, tra cui l’Italia, hanno sospeso i finanziamenti all’Unrwa dopo le accuse israeliane a carico di 12 dipendenti dell’agenzia Onu che si occupa degli aiuti ai profughi palestinesi non solo a Gaza e in Cisgiordania, ma anche in Siria e in Libano. Il governo di Benjamin Netanyahu non ha finora fornito prove del coinvolgimento di questi 12 dipendenti nell’attentato di Hamas del 7 ottobre scorso. I servizi di sicurezza israeliani hanno solo diffuso gli audio di due maestri elementari che simpatizzavano per le azioni di gruppi armati nella Striscia. In via cautelativa l’Onu ha già licenziato i 12 accusati, cercando di tamponare l’emorragia di consensi per le accuse israeliane, ma lo stesso Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres recentemente ha dovuto difendersi dalla critica di essere stato fin troppo precipitoso e ha chiarito che i licenziamenti potranno essere riconsiderati ed eventualmente revocati nel caso non emergessero prove a loro carico al termine dell’inchiesta che l’apposita commissione indipendente, incaricata di vagliare l’indipendenza dell’Unrwa e guidata dall’ex ministra degli esteri francese Catherine Colonna, renderà pubblica a fine aprile. 

Nel frattempo alcuni paesi hanno scelto di ripristinare gli aiuti alla popolazione palestinese, colpita oltre che dai continui bombardamenti, da una crisi alimentare e umanitaria senza precedenti. Lo ha fatto la Svezia e lo ha fatto il Canada, mentre l’Alto rappresentante per la politica estera della Commissione europea Joseph Borrell ha chiarito che l’Unione europea non farà mancare il “pieno sostegno all’Unrwa in queste terribili circostanze” e che l’Europa entro la fine dell’anno conta di aumentare di 10 milioni di euro i suoi finanziamenti per la grave crisi umanitaria di Gaza. Anche il Cile, dall’altra parte dell’oceano, ha inviato un pur modesto surplus di aiuti all’Unrwa per affrontare le attuali emergenze. 

Molti appelli si sono succeduti in tutto il mondo per mantenere i canali di finanziamento e di aiuto dell’Unrwa a Gaza e in Cisgiordania, dalla democratica Alexandra Ocasio-Cortez negli Stati Uniti, alle ong Human Right Watch e Oxfam. 

Ora a chiedere che il governo italiano faccia altrettanto è un appello promosso da settantacinque tra costituzionalisti, giuristi e diplomatici a riposo riuniti nel Coordinamento per la democrazia costituzionale. 

L’ex ambasciatore in Somalia e in Libano Giuseppe Cassini, ispiratore dell’iniziativa, comunica che i nomi dei sottoscrittori sono ormai più di duecento. E spiega il senso della raccolta: firme autorevoli per stimolare un possibile ripensamento nella premier Giorgia Meloni e nel ministro Antonio Tajani, il quale finora si è vantato di aver bloccato i pochi fondi italiani destinati all’agenzia per i palestinesi a caldo, senza starci tanto a pensare. E in aula alla Camera la premier Giorgia Meloni ha ribadito che non ha intenzione di ripristinare il finanziamento, così come gli chiedeva dall’opposizione Nicola Fratoianni di Sinistra italiana, “finche’ non è stata fatta piena luce sull’utilizzo delle risorse”, intendendo presumibilmente il pagamento degli stipendi a dipendenti di Hamas.

Ma non è solo per questo che Israele attacca l’Unrwa, accusandola addirittura di essere una organizzazione “non neutrale” e ideologica” e di dare impiego a personale che al 50% ha parenti affiliati ad Hamas o alla. Jihad islamica. Dopo l’ultima votazione alle Nazioni Unite in cui l’Assemblea dell’Onu per la prima volta ha approvato una risoluzione per sul cessate il fuoco a Gaza durante il Ramadan, con l’astensione degli Stati Uniti, anche l’Onu di Antonio Guterres è entrato nel mirino del governo Netanyahu. Il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz è arrivato a dire che ”sotto la leadership di Antonio Guterres l’Onu e’ divenuta una istituzione antisemita e anti israeliana che offre protezione ed incoraggia i terroristi”.

“L’Unrwa – spiega la feluca Cassini – ha un ruolo basilare nella sopravvivenza della popolazione palestinese, a Gaza e non solo a Gaza, ma è anche il simbolo di ciò che non è stato risolto nel 1948 in quell’area: i territori occupati e la cacciata dei palestinesi dalle loro case e dalla loro terra. Tra l’altro, paradossalmente, se si volesse liquidare questa testimonianza istituzionale che ricorda al mondo la questione palestinese, i rifugiati palestinesi dovrebbero essere presi in carico dall’Alto commissariato per i rifugiati di Ginevra e in questo caso, per convenzione internazionale, la loro condizione giuridica cambierebbe, cioè milioni di palestinesi avrebbero giuridicamente il diritto a ritornare nella loro patria, si vedrebbero quindi riconoscere il contestato diritto al ritorno”. Secondo l’ambasciatore Cassini, anche se l’inchiesta indipendente dovesse accertare la colpevolezza dei 12 dipendenti accusati di aver in qualche modo appoggiato il massacro del 7 ottobre, non ha senso che ciò implichi il coinvolgimento dell’intera struttura e metta addirittura a repentaglio il budget dell’agenzia. 

L’Unrwa ha un totale di 30 mila dipendenti palestinesi – maestri, assistenti sociali, educatori, operatori umanitari, magazzinieri etc – di cui 13 mila a Gaza, e non gestisce solo gli aiuti alimentari – la maggior parte dei 1.500 Tir di aiuti bloccati ai valichi da Israele sono a lei destinati – ma si occupa di tutta l’amministrazione civile, dalla sanità alle scuole, dalla logistica alle fogne. 

In questi quattro mesi, dopo il 7 ottobre, il suo staff è stato bersagliato dall’Idf, l’esercito israeliano, come e più di Hamas. Ha subito la distruzione di 150 strutture, ha avuto 400 dipendenti uccisi (più dei sanitari, che sono stati 340) e oltre mille feriti. L’Unrwa non è infatti solo il tessuto civile di Gaza, ma è anche il principale occhio del mondo su ciò che lì accade. Per questo motivo nei piani del governo Netanyahu gli sforzi propagandistici per infangarne l’operato sono così intensi. Basti vedere come ha esternato senza pudore il ministro degli Esteri Israel Katz: “L’Unrwa non resterà a Gaza dopo Hamas”, “in questo modo si porrà fine all’influenza di Hamas in seno all’Onu”. Ma come ha ribattuto a distanza, dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il suo commissario generale Philippe Lazzarini, dichiarato persona non gradita da Israele: “Smantellare l’Unrwa è miope. Così facendo sacrificheremmo un’intera generazione di bambini seminando in loro odio, risentimento e il conflitto futuro”. Un conflitto che Israele non ha timore di vedere infinito e non riesce a capire come possa ritorcerglisi contro.