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Cambiamenti climatici e scelte energetiche

La politica italiana per il contrasto ai cambiamenti climatici appare poco convinta se si considera la scarsità di risorse e di strumenti a disposizione e la poca attenzione dedicata a coerenti scelte energetiche. Le proposte di Sbilanciamoci!

La politica del nostro Paese per il contrasto ai cambiamenti climatici, in attuazione dello storico Accordo di Parigi, appare poco convinta se si considera la scarsità di risorse e di strumenti a disposizione previsti nel Disegno di Legge di Bilancio 2017 (AC 4127-bis) e la poca attenzione dedicate a coerenti scelte energetiche.

Nella Tabella B del Disegno di Legge è previsto un accantonamento di 60,748 milioni di euro sul bilancio del Ministero dell’Ambiente per finanziare interventi in esecuzione dell’Accordo di Parigi del 12 dicembre 2015: un accantonamento che serve, però, anche a finanziare interventi di bonifica e il ripristino dei siti inquinati, la difesa del suolo e interventi diversi.

Le uniche risorse certe per interventi subito realizzabili, in campo energetico e climatico, sono dunque quelle indicate in Tabella 9 (Bilancio di previsione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare): per interventi a favore della mobilità sostenibile, l’efficientamento e il risparmio energetico, vengono stanziati 6,315 milioni di euro (lo 0,02% dell’ammontare complessivo della Manovra 2017, pari a circa 27 miliardi di euro).

Inoltre, all’art. 2 della Legge di Bilancio si conferma al 31 dicembre 2017 (senza stabilizzarlo una volta per tutte) il cosiddetto Ecobonus, cioè la detrazione al 65% per le spese relative agli interventi di riqualificazione energetica degli edifici, con modulazioni che arrivano al 70% nel caso interessino l’involucro degli edifici condominiali e al 75% nel caso si raggiungano determinati standard (così come si fa per le misure antisismiche), con proroga in questo caso sino al 2021.

Si tratta di misure non coordinate e di scarsa efficacia, date le limitatissime risorse messe a disposizione, rispetto alle sfide che il nostro Paese dovrebbe affrontare. L’Italia, dopo la Cop22 di Marrakech (7-18 novembre 2016) dovrà mettere a punto a partire dal 2017 la Strategia Nazionale sul Clima, come previsto dall’Accordo di Parigi, e presentarla alle Nazioni Unite. È questo un obbligo non solo in sede europea, ma anche multilaterale.

Una task force tecnica ha lavorato presso la Presidenza del Consiglio, ma al momento non è ancora chiara la sede istituzionale in cui verranno elaborati gli indirizzi di carattere politico; mentre, come è noto, appare ormai naufragato l’intento del Governo di dotare l’Italia di un Green Act, che doveva riguardare in primo luogo proprio le politiche del nostro Paese in materia climatica ed energetica, come preannunciato nel gennaio 2015 dal Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi.

Come abbiamo visto, nella Legge di Bilancio 2017 non c’è alcuna traccia, né alcuna anticipazione di strumenti che costituiscano le basi per una Strategia Nazionale di Decarbonizzazione, né che in qualche modo servano a creare le premesse per piani di attuazione, prima di tutto in campo energetico, che ci portino decisamente fuori dalla dipendenza dai combustibili fossili e favoriscano le energie rinnovabili, il risparmio e l’efficienza energetica (l’ultimo documento governativo è l’ormai inattuale Strategia Energetica Nazionale pro-fossili del 2013 del Governo Monti).

Bisogna ricordare che in questa situazione di stallo rispetto agli indirizzi governativi, pur in presenza dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, negli ultimi anni in Italia il carbone ha rafforzato la propria posizione nel settore termoelettrico, passando da un contributo del 12% della produzione nel periodo 1990-2000, al 17% dal 2000 al 2010, al 24% nel periodo 2006-2014, con un picco del 28% nel 2014.

Il Regno Unito nel 2013 ha introdotto il meccanismo di “Carbon Floor Price” (Cfp), uno strumento fiscale (a cui anche la Francia sta pensando) che fa pagare agli operatori elettrici per le proprie emissioni di anidride carbonica la differenza tra un valore minimo fissato per legge (nel caso britannico 21 euro/t) ed il valore dell’Ets (Emission Trading System, che prevede la messa all’asta delle quote di emissione). L’introduzione di questo meccanismo ha permesso da solo di arrestare la crescita della generazione elettrica a carbone e di rispondere agli obiettivi di decarbonizzazione stabiliti in precedenza.

LE PROPOSTE DI SBILANCIAMOCI!

Introduzione anche in Italia del Carbon Floor Price

Sbilanciamoci! propone, sulla scorta dell’esperienza positiva realizzata dal Governo del Regno Unito, di introdurre anche in Italia il meccanismo del “Carbon Floor Price”, come primo strumento concreto per valutare correttamente il costo delle emissioni, a integrazione del sistema Ets (in via di ripensamento su scala comunitaria). Questo consentirebbe di favorire la Strategia Nazionale di Decarbonizzazione, puntando nel 2017 a un valore di 20 euro/t di anidride carbonica emessa, linearmente crescente a 30 euro/t nel 2030, con entrate per lo Stato che nei primi anni saranno non inferiori in media a 1 miliardo di euro.

Maggiori entrate: 1.000 milioni di euro

Ritocco royalties e canoni per le trivellazioni offshore

Le estrazioni di gas e petrolio in Italia sono esenti in diversi casi dal pagamento di royalties, malgrado queste siano già estremamente basse rispetto ad altri Paesi europei. Le aziende petrolifere non pagano nulla ad esempio sulle prime 20mila tonnellate di petrolio prodotte annualmente in terraferma, le prime 50mila tonnellate prodotte in mare, i primi 25 milioni di metri cubi standard di gas estratti in terra e i primi 80 milioni di metri cubi standard estratti in mare. Completamente gratis sono le produzioni in regime di permesso di ricerca, e sono molto bassi i canoni per la ricerca ed estrazione. Inoltre, le royalties che le imprese pagano alle Regioni possono essere dedotte dalle tasse pagate allo Stato. Si propone quindi di eliminare tutte le esenzioni dalle royalties, aggiornare i canoni per la concessione delle aree al livello dell’Olanda e abolire la deducibilità delle royalties, in modo da ristabilire una più equa fiscalità sulle estrazioni di petrolio e gas. Con canoni di tipo olandese gli introiti per le casse italiane sarebbero di circa 15-17 milioni di euro (dieci volte di più di quanto avviene attualmente). Se non ci fosse questa soglia di esenzione, per lo Stato il guadagno derivante dalle royalties passerebbe da 400 milioni a circa 488 milioni di euro. Si avrebbero quindi maggiori entrate pubbliche per un ammontare complessivo di 104 milioni di euro.

Maggiori entrate: 104 milioni di euro

Promozione e installazione di impianti fotovoltaici con accumulo

Si chiede la reintroduzione degli incentivi in conto energia per la sostituzione dei tetti d’amianto con il solare fotovoltaico e, come già fatto in Germania, si propone di introdurre un sistema di incentivi rivolti a famiglie e piccole e medie imprese per l’installazione di impianti fotovoltaici integrati con sistemi di accumulo vincolati a contratti di net-metering programmato con almeno il 60% della produzione in autoconsumo. A copertura di questi incentivi si destinano 200 milioni di euro.

Costo: 200 milioni di euro

Introduzione di una tassa automobilistica sull’emissione di CO2

Si chiede che la tassazione dei veicoli, ora legata alla cilindrata e ai cavalli fiscali, sia cambiata progressivamente legandola all’emissione di CO2, in modo tale da colpire progressivamente i veicoli più potenti ed ecologicamente inefficienti (come i Suv o i veicoli di vecchia immatricolazione). Le entrate ammonterebbero a oltre 500 milioni di euro.

Maggiori entrate: 500 milioni di euro

Eliminare i sussidi alle fonti fossili

Si propone di eliminare i sussidi diretti e indiretti alle fonti fossili sia nel settore della generazione elettrica che dei trasporti (autotrasporto), attraverso un intervento sulle bollette che elimini tutte le voci legate a fonti “assimilate”, rimborsi per centrali inquinanti di riserva o nelle isole minori, oneri impropri e vantaggi per i grandi consumatori che devono essere sostituiti con incentivi per gli interventi di efficienza energetica.

Autoproduzione da fonti rinnovabili

Si propone di cambiare il meccanismo di scambio sul posto dell’energia elettrica, elevando fino a 5 Megawatt la possibilità di accedere al meccanismo per gli impianti da fonti rinnovabili e in cogenerazione ad alto rendimento, come alternativa agli incentivi. Si propone inoltre di introdurre per gli impianti da fonti rinnovabili e in cogenerazione ad alto rendimento fino a 200 Kilowatt la possibilità di accedere allo scambio sul posto di energia attraverso net-metering programmato, ossia di bilancio tra energia elettrica prodotta e consumata nell’anno. Si chiede infine di introdurre la possibilità per l’energia termica ed elettrica prodotta da impianti da fonti rinnovabili fino a 5 Megawatt e in cogenerazione ad alto rendimento, che non beneficiano di incentivi, di poter essere venduta attraverso contratti di vendita diretta tra privati o a soci di cooperative o a utenze condominiali.

Strumenti aggiuntivi per la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio

Si propone di affiancare allo strumento dell’Ecobonus, confermato dalla Legge di Bilancio 2017, la possibilità a singoli o soggetti pubblici di perfezionare accordi con Esco e istituti di credito per il finanziamento e la gestione di interventi finalizzati al risparmio energetico, rendendo subito operativo il Fondo per l’efficienza energetica (da alimentare anche con Fondi comunitari della nuova programmazione 2014-2020) introdotto con il Decreto Legislativo 102/2014 e stabilendo criteri per l’accesso da parte di privati ed enti pubblici. Per quanto riguarda la riqualificazione energetica degli edifici condominiali, si chiede inoltre di puntare su una revisione del meccanismo dei Certificati bianchi: in particolare, occorre estendere e potenziare gli obiettivi nazionali annui obbligatori di risparmio energetico a carico dei distributori di energia elettrica e gas per l’ottenimento di tali Certificati fino al 2020 e aumentarli a 15 milioni di Mtep/anno (dall’attuale previsione di 7,6 al 2016), rendendoli così convenienti per gli interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio.

 

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