È dagli anni ’80 che numerosi governi hanno promesso di avviare i cantieri per realizzare il Ponte sullo stretto di Messina e adesso anche il Governo Draghi si è aggiunto alla lista, promettendo l’avvio per il 2023: una promessa al Parlamento e al Paese tuttavia non credibile.
È dagli anni ’80 che numerosi governi hanno promesso di avviare i cantieri per realizzare il Ponte sullo stretto di Messina. Adesso anche il Governo Draghi si è aggiunto alla lista, promettendo con una audizione del 4 agosto del Ministro Enrico Giovannini in Parlamento, che dal 2023 sarà possibile finanziare l’opera e quindi avviare i lavori. Anche se prima va svolto uno Studio di fattibilità tecnico-economico per individuare il progetto, superare la Valutazione Ambientale e svolgere il Dibattimento Pubblico: un iter necessario che rende quindi piuttosto ardua la promessa.
Il Parlamento, con una inedita maggioranza trasversale, insiste: alla Camera con Ordini del Giorno votati a grande maggioranza e solo una cinquantina di contrari (LeU, FacciamoEco, una parte dei cinque stelle e qualche esponente del PD), ha impegnato il Governo a «adottare le opportune iniziative» per «individuare le risorse necessarie per realizzare un collegamento stabile, veloce e sostenibile dello Stretto di Messina estendendo, così la rete dell’alta velocità fino alla Sicilia».
Anche il Presidente del Consiglio Draghi in Parlamento ha speso parole favorevoli al progetto, anche se poi l’Attraversamento stabile non è rientrato nel PNRR e nel Fondo Complementare per tre ragioni. Non esiste un progetto autorizzato e cantierabile, i tempi superano di gran lunga il 2026 orizzonte del PNRR e non sono possibili lotti funzionali, non è stato dimostrato che non arreca danni significativi all’ambiente secondo i criteri di valutazione della commissione Europea, come ha spiegato a più riprese il ministro Giovannini.
Ma i pasdaran del ponte non si arrendono ovviamente e sono tornati alla carica chiedendo conto al governo del lavoro in corso e degli impegni assunti. Il 4 agosto, il Ministro per le Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili Enrico Giovannini in audizione di fronte alle Commissioni Trasporti e Ambiente della Camera dei deputati, ha illustrato l’esito della Relazione MIMS sull’Attraversamento, identificato le tappe future, ribadendo che il Governo Draghi è favorevole all’opera. Ha anche illustrato cosa è previsto a breve medio termine per il miglioramento del traghettamento.
La relazione del gruppo di lavoro MIMS asserisce che il ponte è utile, che vanno esclusi i tunnel (in alveo e flottante) dalle ipotesi in campo per la complessità nell’area, che oltre al ponte sospeso va considerato il Ponte a più campate, che viene suggerito come la soluzione più appropriata (anche se il progetto non esiste). Come associazioni ambientaliste WWF, Legambiente e Kyoto Club, abbiamo smontato in modo puntuale gli esiti del gruppo di lavoro, con un Contro Dossier che sottolinea le contraddizioni tra una lunga lista di criticità ed approfondimenti da svolgere con l’indicazione conclusiva che “sussistono profonde motivazioni per realizzare l’attraversamento stabile”.
Infatti, il Ministro Giovannini ha spiegato che il Governo pensa di destinare 50 milioni di euro, iscritti nel bilancio 2021, per arrivare a definire uno Studio di fattibilità tecnico economico da porre alla base del Dibattimento Pubblico entro il 2022, per poi arrivare con la Legge Finanziaria 2023 a trovare le risorse per realizzare il ponte.
Una incredibile roadmap
C’è più di una cosa che non funziona in questa roadmap, davvero poco credibile. Non esiste un progetto autorizzato e cantierabile per il ponte sospeso, non esiste uno studio di fattibilità tecnica del ponte a tre campate, manca tutto l’iter autorizzativo di progetto di tale importanza e complessità.
Inoltre, rileviamo una grave contradizione nelle parole del Ministro Giovannini: se serve uno studio che accerti la fattibilità tecnica ed economica, se sarà svolto un Dibattito Pubblico e la Valutazione di Impatto Ambientale, non si può sostenere che il Ponte si farà sicuramente, perché dovrebbe essere il processo di valutazione e partecipazione a determinare l’esito.
Del progetto del ponte se ne parla da 40 anni e dal 1981 al 2013, come ha documentato nel 2017 la Corte dei Conti, solo in studi di fattibilità, elaborazione dei progetti preliminare e definitivo, sono stati spesi inutilmente, oltre 477 milioni di euro dei complessivi 958 milioni di euro spesi nello stesso periodo per un’opera di cui non è stata mai dimostrata la fattibilità tecnica ed economico-finanziaria, oltre che ambientale. (Deliberazione 14/2017 della CdC. Relazione su “Lo stato della liquidazione di Stretto di Messina SpA”).
Ricordiamo che l’unico progetto definitivo sinora elaborato del ponte a campata unica di 3.300 metri ferroviario e stradale – da costruirsi nelle aree a più elevato sismico del Mediterraneo e di grandissimo pregio ambientale e naturalistico – non ha superato né la valutazione di impatto ambientale, né la verifica tecnica ed economica voluta dall’allora Governo Monti. Questo ha portato alla caducazione, otto anni fa, del rapporto con il General Contractor e all’apertura della procedura di liquidazione della concessionaria Stretto di Messina SpA.
Innovare il traghettamento tra le due sponde
Si aggiunga che di fronte a questa vera e propria bancarotta della credibilità dello Stato, si pensa di investire altri 50 milioni di euro, ma per esaminare quali ipotesi da portare alla base del dibattito pubblico? Dalle parole del Ministro alla Camera emerge che le uniche due ipotesi da portare al confronto sarebbero quello del ponte sospeso ad unica campata e quella del ponte a tre campate. Ma il progetto di fattibilità tecnico ed economico, come stabilisce il Codice degli Appalti, serve proprio a vagliare tutte le alternative: e allora l’alternativa costituita dal miglioramento del traghettamento perché non viene considerata?
Nella audizione il Ministro Giovannini ha documentato un investimento già programmato di 510 milioni di euro entro il 2025, per migliorare il servizio di traghettamento attuale dedicando risorse al materiale ferroviario, al naviglio, alle stazioni ferroviarie e alla logistica. E ‘una buona notizia e gli investimenti vanno di certo accelerati. Se si è convinti che il servizio possa e debba essere migliorato non si può escludere l’alternativa progettuale costituita dal miglioramento e potenziamento del traghettamento, approfondendo quali possano essere le soluzioni innovative, e, quindi, gli interventi sul sistema infrastrutturale e logistico che consentano anche di favorire l’instradamento dei treni, l’accessibilità degli autoveicoli ed il miglioramento dei servizi quotidiani dei pendolari nell’area dello Stretto.
Il traghettamento assicura oggi, senza ulteriori impatti, tempi di attraversamento di 20-35 minuti con corse per le persone con le auto al seguito che avvengono con una frequenza di 40 minuti o 1 ora, a seconda delle compagnie di navigazione. Per i treni, i tempi per il traghettamento con migliorie relative all’imbarco di convogli interi, possono essere portati da 1 ora e 10 a 40 minuti.
Si può e si deve migliorare il traghettamento, non si dovrà trattare non di semplice adeguamento dell’esistente ma di soluzioni innovative ed avanzate per attraversare lo Stretto in tempi veloci.
Infine, è emerso che il Governo è orientato ad affidare la redazione del progetto di fattibilità a Italferr, la società di progettazione di FS. Noi invece riteniamo più opportuno indire una gara europea che studi le varie alternative, basata su chiari parametri di trasparenza e indipendenza, per evitare ogni potenziale conflitto di interesse con un soggetto coinvolto nel progetto ed il suo utilizzo futuro in caso venga realizzato.
Necessario un confronto serio e indipendente tra le alternative
La relazione degli esperti MIMS, su cui si è basato l’intervento del Ministro Giovannini in audizione alla Camera, ha indicato che sarà lo Stato a doversi sobbarcare i costi elevatissimi di realizzazione del ponte. Nella relazione degli esperti si legge che appare evidente che la brevità del percorso di attraversamento e delle relative opere connesse non consente di prevedere un numero di pedaggi a carico degli utenti in grado di consentire un’operazione di project financing.
Infatti, se guardiamo i dati di traffico i conti non tornano: ogni giorno si muovono tra le due sponde non più di 4.500 persone e il 76,2% degli spostamenti dei passeggeri è locale e senza auto al seguito. Numeri che potranno crescere se le condizioni generali di imprese, servizi, occupazione, turismo cambieranno, ma che non raggiungeranno i numeri necessari per giustificare un’opera come il Ponte sullo stretto.
E’ evidente da tutte queste nostre considerazioni che il traghettamento è l’alternativa a minor impatto e di maggiore efficacia, che non può essere elusa nello Studio di fattibilità tecnico economico, che deve essere elaborato da un soggetto indipendente, scelto a seguito di gara. E su questo sia svolto un serio e partecipato Dibattimento Pubblico, dai tempi adeguati di studio e confronto.
Siamo fortemente preoccupati che il Governo Draghi prometta al Parlamento e al Paese di far partire il Ponte sullo Stretto entro il 2023: non è credibile questa ipotesi e fa intuire soluzioni preconfezionate, approssimative e anche finzione nel dibattito pubblico.
Non è quello che ci aspettiamo da un Governo che ha lanciato la transizione ecologica come una priorità essenziale per il futuro dell’Italia, che sta lavorando per il rilancio del Mezzogiorno, che parla di partecipazione e trasparenza, di uso oculato delle risorse pubbliche.