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A Taranto un polo per l’acciaio verde

Un impianto decarbonizzato, a idrogeno verde. Legambiente, alla vigilia del nuovo round di confronto tra governo e sindacati per scongiurare la chiusura dell’ex Ilva, propone la soluzione per il rilancio dell’impianto di Taranto. E lo fa con un video-reportage.

Alla vigila del nuovo incontro tra governo e sindacati sul dossier strategico dell’ex Ilva di Taranto dopo l’abbandono dei privati di Arcelor Mittal, Legambiente pubblica un interessante video-reportage sul futuro dello stabilimento pugliese indicando una via d’uscita dalla paralisi attuale: convertirlo in produzione di acciaio verde. 

L’Italia è ancora uno dei primi produttori europei e mondiali di acciaio e le previsioni degli esperti concordano su un fabbisogno crescente di acciaio primario anche in funzione della transizione energetica. La trasformazione impiantistica dell’ex Ilva verso l’acciaio prodotto attraverso l’idrogeno verde significherebbe mantenere sul mercato la produzione di Taranto, rendendo la fabbrica finalmente salubre, mantenendo i posti di lavoro e creando nuove professionalità. 

Le tecnologie sono ampiamente note e mature ed è questa la direzione che le produzioni di acciaio europee stanno sempre più prendendo. E questa è anche la soluzione proposta dagli esperti del settore e da Legambiente. 

Tra l’altro nella strategia europea del Green Deal legata alla decarbonizzazione dell’industria, l’Eurozona dovrà essere in grado di produrre quantità rilevanti di idrogeno verde a costi del tutto paragonabili, quando non vantaggiosi, rispetto all’idrogeno prodotto da fonti fossili.

É bene ricordare che l’idrogeno è un gas non presente in forma libera in natura e va pertanto ricavato attraverso processi chimici. Attualmente il 95% dell’idrogeno utilizzato dall’industria nel mondo proviene da fonti fossili, per lo più da gas metano: questo è chiamato “idrogeno grigio”, molto inquinante perché genera grandi quantità di anidride carbonica (CO2). L’industria fossile sta puntando molto su processi di decarbonizzazione tramite cattura e stoccaggio della CO2 (carbon capture and storage o CCS), processo che, applicato alla produzione di idrogeno da metano, produce un gas definito in questo caso “idrogeno blu”. L’idrogeno “verde”, l’unico ambientalmente sostenibile, viene invece ricavato direttamente dall’acqua attraverso un processo di elettrolisi con energia prodotta da fonti rinnovabili.

Nel video-reportage di Legambiente si calcola che riconvertire il grande impianto tarantino all’acciaio verde costerebbe all’incirca 4,5 miliardi. Un costo ingente, che però manterrebbe sul mercato l’acciaio italiano, fondamentale materia prima per l’industria nazionale, rendendolo adeguato agli standard di compatibilità ambientale che l’Europa si è data. Questa soluzione conserverebbe in prospettiva il livello di occupazione attuale. Un grande impianto eolico offshore a largo di Taranto, impianti di elettrolisi per la produzione di idrogeno, sistemi di manutenzione on e off shore possono creare l’opportunità di una Taranto finalmente fuori da una storia di nocività, di inquinamento e di morti, evitando al contempo la deindustrializzione.   

Il Pnrr prevede uno stock di finanziamento anche per l’idrogeno verde. Almeno una parte di questa cifra potrebbe ben costituire un punto di avvio per la decarbonizzazione dell’ex Ilva e creare un circuito sostenibile e virtuoso per la città.