Troppa distanza tra le parole e le proposte concrete della nuova presidente della Commissione europea. Per avere una chance contro il riscaldamento globale bisognerebbe riaprire la discussione su tutti i dossier su energia e clima.
“Signora Von der Leyen nel suo discorso ci sono dei miglioramenti e delle belle parole, ma soprattutto molta vaghezza di fronte alle sfide epocali, sociali, ambientali, democratiche cui facciamo fronte“.
Con queste parole Philippe Lamberts, capogruppo dei Verdi/Ale al Parlamento europeo, annuncia il voto negativo sulla nomina alla presidenza della Commissione di Ursula Von der Leyen. Aggiungendo: “Lei capirà che non possiamo accontentarci”.
Eppure, è indubbio che rispetto ai farfugliamenti vaghi durante l’audizione di fronte al gruppo o alla sostanziale eco-indifferenza di praticamente tutti i suoi predecessori, ci sono stati dei passi avanti sulla strada di un programma della Commissione più attento all’urgenza climatica.
A PARTIRE dall’ambizione di fare diventare la Ue la prima regione a emissioni zero entro il 2050 e di aprire alla richiesta del Pe di ridurre le emissioni del 55% entro il 2030; o di lanciare un Green New Deal entro i primi 100 giorni; o di trasformare la Bei (Banca europea di investimenti) in una “Banca del Clima”, l’introduzione di una carbon tax alle frontiere o ancora un fondo per la “transizione giusta”.
Ma guardando da vicino numeri e proposte è facile vedere che in realtà non c’è ancora una consapevolezza reale dell’urgenza di agire con misure radicali, di una disponibilità vera ad entrare subito in un conflitto duro con il Consiglio su queste, ma anche su altre politiche, dall’immigrazione (nessun accenno di sostegno alla riforma già adottata dal Parlamento sul regolamento di Dublino, qualche vaga parola inconcludente
sul soccorso in mare), allo stato di diritto (nessuna disponibilità a riprendere in mano le procedure su Ungheria e Polonia), alla politica agricola comune (nessuna disponibilità a modificare la proposta della Commissione, inadeguata in tempi di clima impazzito e scarsità di risorse).
In realtà, numeri e scienza ci dicono che per avere una chance di limitare il riscaldamento globale a 1,5 ° è indispensabile riaprire la discussione su tutti i dossier legislativi su clima ed energia e rivedere al rialzo tutti gli impegni presi, dal sistema degli scambi di emissioni alle rinnovabili all’efficienza energetica. Non fra qualche anno e se le industrie fossili
lo permetteranno. Ma già l’anno prossimo, andando verso una
riduzione del 65% delle emissioni al 2030. Molto bello parlare di una trasformazione verde della Bei, ma come si ridirigono i miliardi di sussidi ambientalmente dannosi che ancora vengono elargiti per favorire investimenti verdi e sganciarsi da fossili, inceneritori e infrastrutture inutili?
E ANCORA: si parla di fondi specifici qua e là, senza intervenire sulla struttura del bilancio europeo. Serve invece un impegno concreto a togliere tutti i sussidi alle fossili e a spendere almeno il 50% dei finanziamenti in misure a prova di clima.
E comunque, il bilancio della Ue ammonta a un risibile 1% del Pil totale della Ue, e qualsiasi fondo dedicato sarà una goccia nel vasto mare dei bisogni di investimento e mitigazione degli effetti devastanti dello sregolamento climatico. Bisogna invece aprire con decisione la partita fiscale, perché solo colpendo evasione ed elusione, tagliando le tasse sul lavoro e aumentando quelle sui gas climalteranti sarà possibile davvero
dare gambe e soldi alla trasformazione ecologica e sociale che serve, a livello europeo ma anche a livello nazionale.
Infine, l’ambiente non solo il clima: la Von der Leyen non ha menzionato biodiversità, le risorse naturali e la riforma della Pac, che dovrebbe davvero essere rivista da cima a fondo, rispettare standard benessere animali e la biodiversità, ridurre i pesticidi e sostenere i piccolo agricoltori: e dunque dovrebbe essere sottratta dalle lobbies nazionali di chi si vuole tenere stretti sussidi milionari e di chi invece si accontenta
di poche briciole.
URSULA von der Leyen conferma di rappresentare lo status quo e in fondo pensa che si possa continuare come prima, dando un po’ di tocchi verdi e rosa qua e là.
Non si può. E la realtà si incaricherà di farcelo sapere, molto prima di quanto noi tutti pensiamo. E in ogni caso, la partita per rendere la Ue a prova di clima, ma anche più aperta e democratica, non finisce qui, ma inizia dal voto risicato di ieri con ancora maggiore determinazione.
Tratto da il manifesto del 17 luglio 2019