Cosa servirebbe per farci vivere tutte e tutti meglio? Rifiutando il dogma dell’austerità e del contenimento della spesa pubblica a tutti i costi, Sbilanciamoci! risponde al Governo con una Contromanovra da 44,2 miliardi di euro
Cosa servirebbe per farci vivere tutte e tutti meglio? Quali sono gli interventi a cui daremmo priorità se potessimo decidere come impiegare le risorse pubbliche?
Sono le domande con cui le 47 organizzazioni della campagna Sbilanciamoci! si confrontano ogni anno in occasione della presentazione e della discussione della Legge di Bilancio dello Stato. Proposta dai Governi in carica, sempre più sotto le direttive e il controllo delle autorità di Bruxelles; discussa in Parlamento in tempi proibitivi e sottratta in questo modo al nostro controllo democratico; la Legge di Bilancio non è un provvedimento di cui dovrebbero occuparsi solo gli addetti ai lavori, perché condiziona (molto) la vita di tutti i cittadini.
La materia certo è di per sé complicata, né la complessa e poco trasparente struttura del provvedimento aiuta a seguirne l’elaborazione, le linee di indirizzo e gli esiti. Anche per questi motivi, Sbilanciamoci! prova ogni anno ad analizzare il testo depositato dal Governo in Parlamento e ad avanzare possibili proposte alternative sull’impiego delle risorse pubbliche e sulle modalità con le quali coprire i costi degli interventi proposti.
Alla base di questo lavoro collettivo, uno dei pochi sopravvissuti alla frammentazione della sinistra e dei movimenti che ha caratterizzato l’ultimo decennio, vi è l’idea di un modello di sviluppo molto diverso da quello che ha ispirato e condizionato le scelte compiute dai Governi negli ultimi anni. La crisi economico-finanziaria che ha attraversato il mondo a partire dal biennio 2007-2008, ha infatti solo accentuato alcune delle patologie già esistenti che da più di un trentennio hanno contribuito a generare un sistema economico onnivoro, sempre più in balia dei grandi poteri economici e finanziari, incapace di distribuire in modo equo il lavoro e il reddito e di preservare quelle risorse naturali che sono indispensabili per l’uomo e per l’equilibrio del pianeta. Il risultato dell’egemonia del mercato sulla politica e sulla società è un aumento crescente e ininterrotto delle diseguaglianze economiche e sociali su scala globale, europea, nazionale e locale.
La manovra del Governo di circa 20 miliardi, sembra guardare soprattutto all’imminente appuntamento elettorale e ai vincoli imposti dall’Europa del Fiscal compact: ripropone incentivi per le assunzioni di giovani a tempo indeterminato (che tanto possono essere licenziati quando serve) che avvantaggiano le imprese, non certo i salari dei lavoratori; sul 2018 aggiunge poche risorse (300 milioni) agli stanziamenti già decisi per il Fondo contro la povertà e crea un nuovo Fondo per le politiche per la famiglia destinandovi 100 milioni di euro; proroga le agevolazioni fiscali per le imprese (super e iper ammortamento sull’acquisto di beni, soprattutto tecnologici). La gran parte delle risorse mobilitate incide sugli anni successivi al 2018 lasciando al futuro Governo che verrà la responsabilità di confermarle. Del resto è quanto permette ciò che resta dopo l’impegno di ben 15,7 miliardi di euro per impedire l’aumento dell’Iva il prossimo anno.
Il Governo, presentando il DDL di Bilancio, ha vantato la ripresa della crescita economica (+1,5 nel 2017 e + 1,1% la stima per il 2018), ma l’Italia è il paese che cresce di meno in Europa (la stima della media UE 27 è rispettivamente + 2,4% e + 2,2%) e il tasso di disoccupazione italiano è ancora all’11,3% nel 2017 e al 10,9% per il 2018 (stima Ue).
L’incerta ripresa dell’Italia risente dei limiti delle politiche economiche adottate in questi anni che hanno preferito sostenere l’offerta (imprese) rispetto alla domanda interna (consumi delle famiglie, spesa pubblica e investimenti). Se non c’è chi consuma (privati e amministrazioni pubbliche) e il poco innovativo sistema produttivo italiano stenta ad esportare, è difficile che la produzione aumenti e dunque che cresca l’occupazione. E’ un circolo vizioso che il Governo avrebbe potuto rompere, ma non l’ha fatto.
Il tanto declamato Fondo Investimenti, istituito con la Legge di Bilancio 2017, ha una dotazione di 47,55 miliardi su 15 anni. 1,9 miliardi sono stati stanziati l’anno scorso per il 2017, 3,15 miliardi per il 2018 e 3 miliardi l’anno per gli anni successivi. Ma Sbilanciamoci! ricorda che da solo, il decreto salvabanche adottato a fine 2016 ha generato impegni sino a 20 miliardi di euro e che la spesa militare prevista per il solo 2018 ammonta a 25 miliardi.
Rifiutando il dogma dell’austerità e del contenimento della spesa pubblica a tutti i costi, Sbilanciamoci! risponde al Governo con una Contromanovra da 44,2 miliardi di euro garantendo, pur contestandolo, il rispetto del pareggio di bilancio: i numerosi interventi previsti trovano una copertura finanziaria con corrispondenti iniziative finalizzate a reperire le risorse necessarie o a ottimizzare quelle già disponibili, scegliendo di cambiarne la destinazione.
Tra le proposte più significative di quest’anno: l’abolizione dell’iniquo super-ticket sanitario; l’introduzione di una Digital tax e di nuove misure di contrasto all’evasione; l’individuazione di due nuovi scaglioni Irpef per aumentare il carico fiscale sui redditi più alti e alleggerirlo sui redditi più bassi; la depenalizzazione e la tassazione della vendita di cannabis; più investimenti pubblici (al posto di incentivi indiscriminati alle imprese) a sostegno della ricerca e dell’innovazione tecnologica per creare nuova e buona occupazione; una revisione del Reddito di inclusione per renderlo meno selettivo e non condizionato; l’abolizione del bonus cultura a favore dei musei gratuiti; risorse più consistenti di quelle già previste per la prevenzione del rischio sismico e idrogeologico; il taglio delle spese militari a favore di un più forte finanziamento del Servizio Civile Universale e dell’Aiuto Pubblico allo Sviluppo; una ridefinizione delle finalità del Fondo Africa, affinché vada a sostenere progetti di cooperazione decentrata con le comunità locali africane, invece di finanziare le operazioni volte a impedire ai migranti di arrivare in Europa.
L’insieme delle proposte avanzate delinea un progetto di società in cui sarebbe possibile vivere meglio, grazie all’individuazione di 7 grandi priorità: un fisco e una finanza più equi che assumano come priorità la lotta all’elusione e all’evasione; un’economia al servizio della società e dell’ambiente capace di generare occupazione qualificata; politiche ambientali lungimiranti, necessarie per mettere in sicurezza il nostro territorio e assicurare uno sviluppo sostenibile; istruzione, cultura e conoscenza per tutti e non piegate agli interessi del mercato; un sistema di servizi e infrastrutture di welfare che non deleghi alle famiglie la protezione sociale e risponda ai bisogni di una società che cambia; un taglio delle spese militari a favore di interventi di pace e di cooperazione internazionale; il sostegno alle esperienze che sperimentano sul territorio nuove forme di economia solidale.
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