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Libra, Trump, Facebook e il resto

Zuckerberg e soci vogliono lanciare la loro moneta elettronica nel 2020 facilitando scambi online e accesso al credito. Ma per il gigante Libra si dovrà aspettare: non si può autorizzare una rete di pagamenti internazionale privata senza contrappesi.

I due tempi del progetto

L’annuncio fatto recentemente da parte di Facebook, insieme ad un certo numero di altri soci quasi tutti statunitensi (tra i quali citiamo soltanto Uber, Lyft, Visa, Mastercard, eBay), relativo al prossimo lancio di una moneta elettronica, la Libra, da un certo punto di vista e per quanto riguarda almeno i suoi primi passi annunciati non apporta apparentemente quasi niente di nuovo.

Ma bisogna distinguere in realtà un primo e un secondo tempo ideali nell’iniziativa, anche se dal punto di vista pratico non si riscontra una separazione netta tra i due momenti. 

Nel primo e più immediato passo, che dovrebbe decollare nel 2020, Facebook pensa alla creazione di una nuova struttura, denominata Calibra. Si tratta in sostanza di un’app, che consiste in un sistema di pagamenti inserito nei suoi servizi di messaggistica, in modo tale che gli utilizzatori possano facilmente e con poco costo inviare del denaro a parenti e amici in patria e all’estero, o anche fare acquisti; inoltre, secondo le dichiarazioni dei promotori, si aprirebbe la possibilità di offrire dei servizi finanziari di base a quei 1,7 miliardi di persone nel mondo che non dispongono di alcun conto bancario.

Ma lo sbocco finale del progetto, il suo ideale secondo tempo, consisterebbe in ben altro, nell’affermazione cioè di una moneta elettronica privata a livello mondiale, mentre la nuova iniziativa diventerebbe anche la più grande organizzazione finanziaria del mondo. 

L’organizzazione che gestirà il progetto afferma in effetti che “il mondo ha bisogno di una moneta globale, digitale, che metta insieme le caratteristiche delle monete migliori: stabilità, bassa inflazione, larga accettazione a livello mondiale, flessibilità”.   

La Libra potrebbe alla fine, così, tendere a scavalcare le banche centrali, i regolatori del settore finanziario nonché gli attuali sistemi monetari dei vari paesi (Stoller, 2019). Si tratterebbe di un progetto molto audace, ma d’altro canto di un’enorme e intollerabile concentrazione di potere; quello che può meravigliare è che si sia avuto l’ardire di proporlo alla luce del giorno, basandosi probabilmente sulla grande forza di mercato e sullo sperato potere di lobbying del gruppo proponente, che almeno sino mad oggi hanno fatto sì che i grandi gruppi dell’economia numerica statunitense abbiano goduto di una sostanziale impunità .

La fintech e i cinesi

Per quanto riguarda le attività previste nella prima fase, in realtà, l’ingresso delle tecnologie numeriche nel settore della finanza, con le numerose attività che sono ormai conosciute sotto il nome di fintech, risale già  a qualche anno fa, così come non è una novità il lancio di monete elettroniche (criptovalute); se ne hanno da qualche tempo numerosi esempi, di cui il più noto è il bitcoin. Si discute da tempo di tali casi e della tecnologia sottostante, la blockchain. Anche un articolo recente su questo stesso sito ci ricorda questa realtà (Dal blockchain alla finanza etica, Messina, 2019) e lo stesso fa anche (tra i tanti) anche un recente libro pubblicato da chi scrive (Comito, 2018).

Per quanto riguarda la stessa fintech, essa presenta certamente numerosi vantaggi; tra questi, dei sistemi di pagamento più veloci e meno costosi, dei servizi finanziari anche molto migliori, un più efficace management del rischio, la possibilità di operare anche in località sprovviste di agenzie bancarie, nuovi tipi di servizi  e così via (Wolf, 2019).

Le prime quattro imprese del settore sono cinesi.   

Le due grandi imprese numeriche del paese asiatico, Alibaba e Tencent, la prima con Alipay, la seconda con Wechatpay, da diversi anni svolgono poi, a livelli dimensionali molto importanti (Alipay gestisce da sola addirittura 250.000 pagamenti al secondo), attività grosso modo simili a quelle citate nell’iniziativa della Libra, nonché anche diverse altre, nel quadro di una rilevante egemonia più generale delle imprese cinesi nel settore. 

Il caso dei due gruppi appare comunque un altro episodio, dopo quello di Huawei, di un assalto del Paese asiatico alle tecnologie numeriche, che mostra come le imprese Usa seguono ormai e non precedono quelle cinesi in numerosi campi. 

Ma d’altro canto, nel caso del paese asiatico sono stati già da tempo messi in campo dei garde-fous; i pubblici poteri hanno dettato regole molto stringenti alle società sulla questione, mentre c’è il rischio che in Occidente le cose sfuggano di mano agli stessi, come è accaduto nel caso della sharing economy.

Così lo Stato cinese ha prescritto, ad esempio, ai due giganti citati  di tenere il totale dei depositi dei loro clienti presso la Banca Centrale e non certamente in strutture private come è previsto nel progetto Libra. Questo provvedimento limita strettamente il rischio potenziale che le imprese investano questi soldi in maniera più o meno incontrollata (Kaminska, 2019).

Ma nel caso della Libra c’è dell’altro; il secondo tempo del progetto, come abbiamo già accennato, appare molto minaccioso.

Libra e la finanza

Intanto la Libra è presentata come una moneta stabile il cui corso è determinato da un largo paniere di divise in cui saranno denominati i fondi raccolti tra i soci. Per altro verso, l’uso della stessa sarà collegato certo ad un paniere di monete, ma l’impiego del dollaro resterà preponderante e questo non depone molto a favore.

Per evitare grandi fluttuazioni della moneta, Facebook ha creato una fondazione in Svizzera, l’associazione Libra, gestita dai soci  dell’alleanza, che sorveglierà le riserve, funzionando in qualche modo da banca centrale (Escande, 2019), le riserve saranno investite in degli attivi a basso rischio (depositi bancari, titoli di Stato a breve ) di paesi con un alto rating. Peraltro la localizzazione in Svizzera, sotto forma giuridica di associazione, permette all’iniziativa di non a vere alcun obbligo di trasparenza verso l’esterno, senza alcun obbligo di presentare bilanci no di fornire qualsiasi informazione al pubblico. 

L’esclusione finanziaria

Molto spesso qualcuno, nella storia, dichiara la necessità del compimento di certe azioni allo scopo di migliorare le sorti dell’umanità, dei cittadini, dei sudditi, della nazione, dei derelitti, dei poveri, eccetera. In realtà si tratta di frequente di cortine di fumo che nascondono obiettivi molto meno nobili. 

Facebook, come è noto, ha un grosso problema di immagine (si veda meglio al paragrafo seguente) e niente di meglio quindi per la società che presentare la Libra come un grande sforzo per contribuire addirittura a  mettere fine alla povertà e all’usura (Jenkins, 2019). 

Certo, appare corretto, di per se, ricordare le costose commissioni che le banche, i cambiavalute e gli istituti di  trasferimento di denaro fanno pagare ai poveri clienti. Come è noto, le fee per il trasferimento di denaro superano in moltissimi casi il 5%, mentre le tre principali società di emissione di carte di credito ne estraggono circa 30 miliardi di dollari all’anno di margini (The Economist, 2019). Ma è difficile pensare in questo caso all’arrivo del buon samaritano. Tra l’altro diverse tra le società coinvolte nel progetto, da Visa a Mastercard, partecipano anche esse all’estrazione di grosse commissioni ogni anno. 

Appare per altro verso molto difficile, come afferma la società, raggiungere  1,7 miliardi di persone sino ad oggi escluse dai circuiti finanziari. In realtà, i tre quarti delle stesse non hanno accesso ad internet.

Invece, con la Libra si crea un veicolo che può aiutare lo sviluppo di attività illecite e il lavaggio del denaro sporco. Ma perché i governi, mentre cercano di impedire l’uso del sistema finanziario per facilitare il crimine, dovrebbero permettere il sistema Libra? Forse perché ha la targhetta tech, si chiede Stiglitz (Stiglitz, 2019) ?

Su di un altro piano, Facebook, con il suo progetto, potrà incoraggiare, tra l’altro, una specie di dollarizzazione dei paesi in via di sviluppo, a profitto di attori privati (Chocron, Piquard, 2019).

Il problema con Facebook

La società, dopo essersi preoccupata negli scorsi anni di quali persone frequentiamo, verso dove si dirigono i nostri viaggi, di quello che ci piace mangiare o per chi votiamo, ora vorrebbe dare un’occhiata al nostro portafoglio (Editorial, 2019).  

Appare per qualche verso sorprendente che Facebook avanzi il suo enorme progetto proprio nel momento in cui essa è sotto accusa da parte dei governi e dei regolatori e mentre si discute persino del suo smantellamento (Escande, 2019).

Un tema fondamentale dell’equazione riguarda intanto quanto possiamo fidarci della società. Le cronache di almeno l’ultimo anno sono piene dei grossi scandali generati dal suo operato. Essa è sotto accusa per massicce violazioni della privacy, per pratiche anti-competitive, per aver cercato di mettere in difficoltà la stampa libera, per fomentare persino la pulizia etnica (Stoller, 2019). 

La società afferma nel caso specifico che i dati raccolti non saranno utilizzati a fini commerciali e che la sua influenza nel nuovo sistema sarà molto ridotta, dal momento che essa avrà un solo voto nell’associazione Libra, con sede in Svizzera, che gestirà il sistema. Ma questo significa poco, dal momento che essa governerà in pieno gli sviluppi tecnologici del sistema: chi è disposto a crederci? 

I regolatori

Il varo a suo tempo del bitcoin ha fatto molto discutere, ma alla fine i governi e i regolatori, tranne quelli cinesi, non se ne sono curati molto, dato il limitato impatto dello stesso. Ma le cose potrebbero cambiare molto con la Libra. Ricordiamo come la sola Facebook abbia 2,4 miliardi di clienti nel mondo.   

Un freno che potrebbe essere temporaneo, ma che potrebbe portare a rilevanti modifiche al progetto o anche forse a farlo deragliare, comporta la questione delle autorità di regolamentazione. 

Tra l’altro quella statunitense, quella britannica, l’International Stability Board, hanno nella sostanza affermato che non permetteranno a Facebook di lanciare la sua moneta digitale senza un attento esame del progetto. Per non parlare della Cina che ovviamente ben difficilmente permetterà ad un’iniziativa simile di decollare.  

I regolatori statunitensi hanno intanto ingiunto a Facebook di sospendere l’avanzamento del progetto sino a che essi non abbiano esaminato con attenzione i rischi che esso pone sul fronte della privacy, della politica monetaria, della sicurezza nazionale, del trading dei titoli.

Inoltre, il Senato e la Camera dei Rappresentanti Usa hanno invitato la società a presentarsi in audizione per spiegare il progetto e fornire le opportune garanzie. Ma intanto Facebook ha subito avviato la sua attività di lobbying.

D’altro canto il BIS, la banca centrale delle banche centrali, ha pubblicato un duro documento in cui afferma che dei grandi gruppi come Facebook possono rapidamente stabilire una posizione dominante nella finanza e porre una minaccia potenziale alla concorrenza, alla stabilità finanziaria e al benessere sociale (Megaw, 2019). 

Si può dunque prevedere che, già in qualche modo frenato lo slancio iniziale, l’iniziativa sarà perlomeno soggetta a diversi vincoli e cambiamenti. 

I politici

Apparentemente il mondo politico dei vari Paesi è stato colto di sorpresa dall’annuncio ed ha in sostanza tardato a prendere posizione.

Si sono poi registrate delle prime dichiarazioni pubbliche in proposito. Negli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato in modo apparentemente duro che se la Libra vuole svolgere i compiti di una banca deve registrarsi e adempiere a tutte le incombenze relative. D’altro canto, l’opinione del presidente Usa è che il valore delle monete digitali sia basato sul nulla. Anche il segretario del Tesoro Mnichin ha dichiarato cose non dissimili, seguito a ruota dal capo della Fed, Powell.

Mas le dichiarazioni del Presidente da una parte potrebbero, come al solito, cambiare di segno da un giorno all’altro,  mentre comunque presentano un rilevante grado di ambiguità.

Reazioni critiche si possono registrare anche in Europa, da parte di ambienti governativi francesi, mentre quelli italiani, come al solito, sono distratti da ben altre questioni. Intanto in questi giorni la Libra dovrebbe essere oggetto di discussione in sede G7 a Parigi.

Conclusioni

Certamente oggi i servizi finanziari sono spesso lenti, molto costosi e scarsamente inclusivi. Da questo punto di vista l’ingresso controllato di nuovi protagonisti potrebbe anche essere positivo. Ma il progetto di Facebook, come abbiamo già indicato, va ben al di là della fornitura di alcuni servizi, sui quali bisognerebbe in ogni caso vigilare comunque strettamente, perché esso riguarda attività molto più larghe e pone questioni molto forti. 

Intanto il progetto si inserisce in un più vasto contesto di assalto a vari settori economici (finanza, auto, grande distribuzione, farmaceutica, servizi vari) da parte dei nuovi protagonisti, cinesi e statunitensi, dell’economia numerica, che tendono a concentrare su di se un grande potere economico, finanziario, politico, quale forse non si era mai visto prima.   

Il primo problema della Libra riguarda, come abbiamo già ricordato, la credibilità di Facebook; tra l’altro, come è noto, alla base dell’invenzione della moneta c’è la fiducia, che in questo caso appare largamente carente (Escande, 2019). 

La seconda questione fa riferimento al fatto che si lascerebbe troppo potere nelle mani di un certo numero di grandi società e anche questo rimanda, tra l’altro, al pericolo rappresentato oggi, in particolare negli Stati Uniti, dal forte aumento della concentrazione industriale in atto, aumento di cui l’operazione rappresenterebbe un ulteriore sviluppo.

Il terzo interrogativo fa riferimento al fatto che si porrebbero dei rilevanti rischi sistemici, mentre si interferirebbe pesantemente con l’abilità delle banche centrali di controllare i loro sistemi finanziari e portare avanti la normale attività di politica monetaria (Waters, Murphy, 2019). Più in generale la Libra, se lasciata correre, potrebbe trascendere i governi e le banche centrali (The Economist, 2019). C’è un enorme problema di sovranità. “Il modo in cui noi strutturiamo la moneta e il sistema dei pagamenti è una questione che deve restare nelle mani delle istituzioni. Qualsiasi impresa che fosse tanto grande da varare la sua propria moneta sarebbe in ogni caso troppo grande” (Stoller, 2019).

Su di un altro piano, non si può autorizzare una rete di pagamenti internazionale privata senza contrappesi, che dovrebbe così, in caso di crisi, essere salvata dai contribuenti perché too big to fail (Stoller, 2019).

Ricordiamo infine che, per quanto riguarda in specifico gli Stati Uniti, sin dal periodo della guerra civile nel paese vige una generale proibizione per il sistema bancario di penetrare in quello non finanziario, per evidenti problemi di gravi potenziali conflitti di interessi (Stoller, 2019).

Inoltre, il trattamento informatico della massa di transazioni legata alla Libra avrebbe un impatto inaccettabile sul riscaldamento climatico (Lévy-Lang, 2019), mentre ovviamente rappresenterebbe un pericolo per la privacy. 

Ci sembra persino scontato che i regolatori dei vari paesi non permetteranno al progetto di andare avanti senza interventi di migliore messa a punto, alcuni paletti e uno stretto controllo, come mostrano già le prime avvisaglie. Non appare comunque ad oggi chiaro se e dove si troverà un punto di compromesso, mentre il caso cinese fa storia a se e mentre la Libra è anche un ulteriore episodio della guerra tecnologica, che si svolge ormai a tutto campo, tra cinesi e americani.

Pensiamo che comunque anche a breve ci potranno essere degli interessanti sviluppi.

Testi citati nell’articolo

-Chocron V., Piquard A., Facebook veut bousculer les monnaies, Le Monde, 18 giugno 2019

-Comito V., L’economia digitale, il lavoro, la politica, Ediesse, Roma, 2018

-Editorial, Ne plus croire Facebook sur parole, Le Monde, 21 giugno 2019

-Escande P., Le reve d’un argent mondial et privé, Le Monde, 18 giugno 2019 

-Jenkins P., Why crypto currencies cannot fix financial exclusion, www.ft.com, 26 giugno 2019

-Kaminska I., Why dealing with fintech is a bit like dealing with pirates,  www.ft.com, 3 luglio 2019

-Lévy-Lang A., La libra de Facebook, un défi pour le climat, Les Echos, 24 giugno 2019 

-Meghaw N., BIS warns on Facebook risk to finance after Libra plan unveiled, www.ft.com, 23 giugno 2019

-Messina A., Dal blockchain alla finanza etica, www.sbilanciamoci.info, 1 luglio 2019

-Stiglitz J., Why Facebook’s Libra currency gets the thumbs down, www.guardian.com, 2 luglio 2019

-Stoller M., Facebook’s undemocratic currency, The New York Times International, 22-23giugno 2019

The Economist, Click here to buy Libra, 22 giugno 2019 

-Waters R., Murphy H., Facebook’s full-frontal assault on finance, www.ft.com, 24 giugno 2019

-Wolf M., Facebook enters dangerous waters with Libra cryptocurrency, www.ft.com, 25 giugno 2019