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Italia, vecchi e nuovi equilibri di potere

Le grandi trasformazioni della finanza internazionale hanno modificato i vecchi equilibri di potere su cui si reggevano gli assetti del grande capitale nazionale. Il caso di Generali e Mediobanca

Negli ultimi decenni, come è noto, le trasformazioni del nostro sistema finanziario sono state fortissime e, per una parte importante almeno, negative. Abbiamo prima dovuto registrare, come episodi salienti, le privatizzazioni e la chiusura del gruppo Iri, decretate a suo tempo dai nostri illuminati governi, poi la progressiva crisi o dislocazione di molte delle nostre grandi imprese, frutto in gran parte di un altrettanto illuminato sistema imprenditoriale, il consolidamento di due grandi banche, Unicredit e Sanpaolo, nonché le grandi trasformazioni nel ruolo di Mediobanca e della associata Generali, istituti intorno ai quali si organizzavano molti dei vecchi giochi del sistema. Significativamente nessuna nuova grande realtà finanziaria ed imprenditoriale si è affermata nel periodo nel nostro paese. Tutte le trasformazioni accennate accadevano, non a caso, in un periodo di progressiva apertura e internazionalizzazione dei mercati finanziari.

Mediobanca si collocava al centro delle grandi operazioni “di sistema” e traeva i mezzi per sostenere le imprese dalle grandi liquidità di Assicurazioni Generali, sostanzialmente allora di fatto una sua controllata, nonché dalle grandi banche pubbliche, legate a Mediobanca da un patto molto stretto.

L’equilibrio che ne risultava era del tutto asfittico e privo di grandi orizzonti, come hanno poi mostrato gli eventi successivi: in effetti, ai primi colpi di vento, tutto l’edificio si è dissolto.

Oggi la Fiat è diventata una cosa aliena, che veleggia, non si sa quanto bene, verso lidi lontani, in attesa che qualcuno mostri qualche interesse ad acquisirla, quel poco che resta della Pirelli è ormai in mani cinesi, la Montedison non c’è più, imprese come Telecom Italia e Ilva si muovono da molto tempo in acque turbolente e poco meglio sembra andare Finmeccanica. All’Iri si è intanto, in parte almeno, sostituita come finanziaria pubblica una società semi-segreta, la Cassa Depositi e Prestiti, con le varie sue appendici –ricordiamo a questo proposito che il governo sembra ora mirare a nominare come nuovo presidente un impiegato della Goldman Sachs. La stessa potentissima e segreta Mediobanca è ormai ridotta al rango di una banca come le altre.

Mediobanca

Con la crisi, le azioni della banca erano arrivate a diminuire di valore addirittura del 90% e si rese presto evidente che i guai maggiori venivano dalla presenza nel suo attivo di bilancio delle quote di capitale di alcune grandi imprese.

Così, l’istituto ha cominciato a liquidare le sue partecipazioni e ad uscire da tutti i patti di sindacato azionario, con relative scatole cinesi. Esso sta cambiando velocemente natura, passando da investment bank centrata sui soli valori italiani invece ad una società di consulenza finanziaria con una presenza più forte in Europa, sviluppando contemporaneamente le attività di banca più o meno ordinaria.

Così tra il 2008 e il 2013 la società ha venduto partecipazioni per 3,3 miliardi di euro ed ha in corso vendite per altri 1,6 miliardi, riducendo così i suoi legami con il sistema delle grandi imprese italiane. Entro la fine dell’anno dovrebbe cedere ancora le sue partecipazioni in RCS-Rizzoli Corriere della Sera e Telco, la holding di controllo di Telecom Italia, quest’ultima partecipazione presumibilmente entro il 30 giugno. E’ veramente la fine di un mondo.

Resta ancora la sua quota azionaria in Generali, pari al 13, 4 % del capitale del gruppo assicurativo (un altro 4,4% è nelle mani della CDP, attraverso la consociata “Fondo Strategico Italiano”), di cui prevede comunque di vendere presto il 3,4%, con un incasso di circa 900 milioni di euro; il denaro fresco dovrebbe servire a comprare una banca in Italia – le occasioni non mancano di certo di questi tempi- , o in Gran Bretagna (Sanderson, 2015).

La sua presenza come banca di affari assume ormai qualche rilievo a Londra, Madrid, Francoforte, Parigi. Essa partecipa ad operazioni di fusione ed acquisizione, a quelle di ricapitalizzazione delle imprese, al varo di nuove IPO. Ma si tratta ormai di una banca d’affari come le altre e neanche di quelle considerate tra le più importanti.

Chissà se qualche vecchio dirigente di Mediobanca non si sia nel frattempo chiuso in casa per la vergogna. Tanto più che, contemporaneamente, il gruppo sta cercando di sviluppare dal 2008 una sua banca ordinaria, dal suggestivo nome di “Che banca!”, utilizzando le peggiori tecniche pubblicitarie usate di solito dalle marche di detersivi o di gelati. Comunque la raccolta del gruppo ha raggiunto i 46 miliardi di euro, contro ad esempio i circa 380 miliardi di Intesa San Paolo.

L’anno 2013-2014 ha finalmente portato alla società un rilevante crescita nei ricavi e un sostanziale miglioramento nella redditività.

Per altro verso, il gruppo è ormai ampiamente maturo per essere scalato dal primo finanziere di passaggio, francese ( delle società transalpine possiedono già circa il 12% del capitale) o cinese che sia.

Generali

Intanto pochi giorni fa Generali, sotto la guida di Mario Greco, subentrato nella gestione nell’agosto del 2012 e che sta cercando di trasformare totalmente il gruppo, ha presentato il suo nuovo piano di sviluppo.

Il quadro si presenta certamente come molto migliore del 2009, anno in cui anche le azioni Generali avevano ceduto una parte importante del loro valore. Ora la società è ritornata ad una redditività soddisfacente e il prezzo del titolo migliora sul mercato.

Anche Generali, al pari di Mediobanca, ha intrapreso da tempo la vendita di molte partecipazioni che deteneva in diverse realtà italiane, incassando circa 4,0 miliardi di euro.

Il piano prevede ora che tra il 2015 e il 2018 il gruppo genererà circa 7 miliardi di euro di liquidità, raggiungerà una redditività operativa del 13%, pagherà 5 miliardi di dividendi, farà 1,2 miliardi di nuovi investimenti –tutti valori in rilevante crescita rispetto alla situazione precedente- e taglierà il livello dei costi di 500 milioni di euro all’anno.

Tali risultati saranno ottenuti attraverso un riorientamento complessivo dell’organizzazione, mirando a trasformare la società in leader europeo nelle assicurazioni retail – privati e piccole imprese-, con in mente come riferimento le grandi società che puntano fortemente su internet e sulle tecniche di vendita via web, come ad esempio Amazon o Zara. Si tratta di un grande cambiamento per la società, che va di pari passo con una grande, parallela, trasformazione in atto nel mondo delle assicurazioni.

Una debolezza rilevante del gruppo è quello che esso concentra intorno al 90% delle sue attività nel continente europeo, mentre la sua diversificazione negli Stati Uniti ed in Asia è ancora lontana dall’essere veramente significativa.

Generali alla fine sembra in ogni caso indirizzata ad avere una presenza significativa sul mercato europeo e a rappresentare una delle pochissime realtà italiane in grado di ottenere risultati apprezzabili a livello internazionale.

conclusioni

Le grandi trasformazioni dell’ambiente economico e finanziario internazionale nell’ultimo periodo hanno contribuito a distruggere sostanzialmente i vecchi equilibri di potere su cui si reggevano gli assetti del grande capitale nazionale.

Tale equilibrio è stato ormai sostituito da una situazione caotica, nella quale una debole e sostanzialmente casuale presenza della Cassa Depositi e Prestiti non riesce certo da sola a fare ordine e nella quale quindi il capitale estero può esercitarsi quasi a piacimento, in presenza anche di un governo che procede a tentoni, senza convinzione e senza alcuna idea vincente di lungo termine.

In tale quadro Mediobanca e Generali, abbandonate le precedenti velleità “di sistema”, cercano faticosamente una loro strada autonoma, sicuramente per Mediobanca più modesta ed incerta di prima, più positiva e posta su basi più solide quella di Generali.

Testi citati nell’articolo

-Panara M., Generali, così Greco cambia il Leone, Affari & Finanza, Repubblica, 1 giugno 2015

-Sanderson R., Asset sales by Italy’s Mediobanca help it fight another day, www.ft.com, 16 marzo 2015