“L’Unione europea può ancora essere salvata? Le implicazioni di un’Europa a più velocità” questo il titolo del volume realizzato anche quest’anno dal Gruppo EuroMemo. Pubblichiamo la traduzione italiana, scaricabile in pdf
Sono trascorsi circa dieci anni dallo scoppio della crisi e, dopo l’adozione da parte dell’UE di politiche di austerità e deregolamentazione, gli Stati membri stanno ancora cercando una via di uscita. Il Gruppo EuroMemo ha invano messo in guardia contro i pericoli intrinsechi all’architettura dell’Unione Monetaria Europea (UME).
Tra questi, va sottolineata certamente l’avanzata di forze politiche di estrema destra in Europa sfociato in un sentimento populista anti-europeo che tali frange stanno andando a nutrire e alimentare. L’ipotesi di uscita dall’UE ha preso terreno e presto diverrà realtà per la Gran Bretagna. Ci troviamo di fronte a un punto di svolta nella storia dell’UE, contro un’“unione sempre più stretta”.
L’UE può ancora essere salvata? Questa è in effetti una domanda piuttosto complicata. Il Libro Bianco sul Futuro dell’Europa pubblicato dalla Commissione Europea rileva cinque possibili scenari. Tuttavia, questi tendono a trascurare le tensioni intrinseche, come ad esempio la maggiore incertezza sui mercati del lavoro, il ruolo della finanza negli anni successivi alla crisi, e l’insorgere della classe lavoratrice in tutto il continente.
L’asse franco-tedesco nell’ambito della politica europea sembrerebbe essere in procinto di riemergere, nonostante le rispettive leadership sembrino non condividere una prospettiva comune. L’idea del Presidente Macron di fare un balzo verso un’unione fiscale dell’euro zona, consentendo trasferimenti fiscali permanenti dall’UME verso i Paesi in difficoltà, è osteggiata dalla leadership tedesca. Dal nostro punto di vista, una probabile soluzione di compromesso che consacri il patto fiscale all’interno della legislazione dell’UE, senza però fornire una tesoreria della zona euro con risorse fiscali reali, è certamente da evitare.
Inoltre, questa discussione richiede di prendere in considerazione il fatto che l’UE è un sistema di governo composito che pur mostrando numerose caratteristiche stataliste, presenta anche rilevanti asimmetrie tra gli Stati membri, un evidente multiculturalismo, e un livello variabile di fiducia nelle istituzioni comunitarie. In questo contesto, l’attuale crisi ha sfidato il monolite del capitalismo democratico in cui l’UE è stata storicamente forgiata. Il metodo Comunitario, esaltando il ruolo degli organismi sovranazionali, ha di fatto ceduto il passo a un maggiore inter-governalismo.
Gli interessi tedeschi si sono spostati dai Paesi dell’Europa meridionale verso l’Europa dell’est e i mercati emergenti. Questo pone seri ostacoli alle strategie rivolte allo sviluppo produttivo dell’interna Europa. L’avanzata dell’estrema destra in Europa, e specialmente in Germania, avrà un impatto negativo sugli sviluppi europei. Da un lato, aumenterà il rischio per i governi di subire pressioni verso posizioni nazionalistiche, dall’altro, le relazioni con i Paesi dell’Europa del sud in ripresa dalla crisi diventeranno sempre più complesse.
Il sistema economico imposto in seguito allo scoppio della crisi deve necessariamente cambiare segno attraverso un processo di condivisione. È necessario un modello di governance multilivello che riesca a coniugare l’azione su scala europea con quella dei governi nazionali. La sfida principale consisterà nell’identificazione degli elementi chiave per delineare tale strategia e tessere le alleanze necessarie al suo raggiungimento. Il futuro dell’integrazione europea dipenderà dal consolidamento della democrazia in nome della stabilità, della solidarietà e della giustizia sociale.
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