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Sblocca-cantieri, dalla padella alla brace

Lo Sblocca-cantieri approvato con voto di fiducia alla Camera resta un pessimo decreto, aumentando i rischi di corruzione e la scarsa qualità delle opere pubbliche, senza davvero sbloccare quelle che servono.

Il Parlamento ha approvato il Decreto Legge Sblocca Cantieri con un lungo iter al Senato e pochi giorni con voto di fiducia alla Camera, dove i deputati/e non hanno potuto esercitare il loro diritto di critica e proposte alternative. Su questo sito avevamo già commentato il Decreto Legge 32 e di come riducesse la concorrenza, la trasparenza, la qualità della progettazione, la scelta dei cantieri utili.

In mezzo c’è state la campagna elettorale ed il voto per le elezioni europee: il viceministro Salvini, è arrivato a proporre con un emendamento al decreto la “sospensione del codice appalti”.  Proposta e messaggio pericoloso, che ha visto dividersi Confindustria (favorevole) dai costruttori edili di Ance (contraria), mentre nettamente critici e contrari sono stati i Sindacati, le associazioni ambientaliste e per la legalità, che hanno manifestato anche davanti al Senato contro la deregulation negli appalti.

In realtà la proposta salviniana di sospensione era riferita a tre articoli che sostanzialmente erano già presenti nel testo del decreto e poi il punto di vista dei grillini contrario ha mitigato l’impatto della proposta: perché diverse sospensioni restano in vigore fino al 2020, mentre nel frattempo si modifica in modo strutturale il Codice Appalti.

Stiamo parlando delle norme sospese per l’appalto integrato, per i Comuni che potranno non ricorrere alle centrali di appalto qualificate, della previsione di aggiudicare le gare con commissioni formate da esperti indipendenti nominati attraverso l’albo gestito dall’Anac.

Pessime proposte e molta comunicazione, il solito mix a cui ci ha abituati il governo cinquestelle/lega. Ma resta un pessimo decreto, che non sbloccherà le opere che servono, che ha subito qualche lieve mitigazione e molti peggioramenti.

Due lievi mitigazioni: è stata riabbassata a 150.000 euro la soglia entro cui è possibile affidare a trattativa privata, ma ricordiamo che questo si è esteso anche a forniture e servizi.

Secondo: il subappalto – che era stato portato dal 30% al 50% dei lavori – è stato riabbassato al 40% ed è una misura prevista fino al 2020 poi si vedrà: quindi comunque cresce la quota e restano confermate le critiche a questa misura.

Ecco i peggioramenti al testo introdotti dal Parlamento

Tra i peggioramenti ricordiamo che diverse opere sono state inserite direttamente nel testo: tra queste il Mose di Venezia ed il terzo valico AV Milano Genova, incluso il nodo ferroviario della città, che saranno gestiti con i poteri straordinari dei commissari.

Altro peggioramento riguarda la proroga dei tempi – fino al 31 dicembre 2020, mentre il testo originario prevedeva una proroga sino al 31/12/2019 – entro cui i concessionari devono adeguarsi per portare all’80% la quota di lavori che devono essere messi a gara. Si tenga conto che il Codice Appalti D.lgs. n. 50/2016 dava due anni ai concessionari per raggiungere questo obiettivo e quindi già da aprile 2108 l’80% dei lavori doveva essere messo sul mercato dai concessionari. Con la modifica si aggiunge un altro anno di proroga fino al 2020.

Altra novità è l’aggiunta del’art. 5-quinquies che istituisce la società per azioni “Italia Infrastrutture SpA” a cui viene assegnato il compito di esercitare il controllo sulle società in house, di cui all’articolo 16 del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (D.lgs. n. 175/2016) e di dare supporto tecnico-amministrativo alla direzioni generali in materia di programmi di spesa che prevedano il trasferimento di fondi a regioni ed enti locali.

I compiti assegnati alla nuova SpA sono abbastanza oscuri e non si vorrebbe che nascondessero i presupposti per la riproposizione di un veicolo di “finanza creativa” di tremontiana memoria. Si fa notare che si tratta di compiti che dovrebbero essere assolti dalla stessa pubblica amministrazione e dalle direzioni generali competenti: il rischio è una nuova ed inutile SpA che allunga i passaggi invece di semplificare i processi.

Le dure critiche di Raffaele Cantone, Presidente Autorità Anticorruzione

Confermato l’indebolimento del ruolo dell’Autorità Anticorruzione, che viene ridimensionata nei suoi poteri di regolazione, con il trasferimento al MIT della riscrittura di un Regolamento Unico in attuazione delle nuove norme.

Raffaele Cantone, ascoltato sul DL dalla Commissione Ambiente alla Camera (ma non al Senato) è stato molto duro: ha parlato di modifiche “strutturali” del codice del 2016, con l’inserimento di norme “pericolose” non solo per i rischi di corruzione, ma anche per la qualità delle opere pubbliche.

Ha puntato il dito soprattutto sulle sospensioni fino al 31 dicembre 2020, di tre norme essenziali: l’obbligo di centralizzazione degli appalti per i piccoli Comuni, l’obbligo di mandare in gara lavori solo su progetto esecutivo e quello di aggiudicare le gare con commissioni formate da esperti indipendenti nominati attraverso l’albo gestito dall’Anac. Su questo punto specifico Cantone ha fatto notare la contraddizione tra il Decreto che sospende l’obbligo di nominare i commissari ma lascia in vita l’albo gestito dall’Anac.  Molto critico anche sulla norma che estende da 10 a 15 anni il periodo di riferimento valutabile dalle SOA (Società Organismo Attestazione) per certificare i requisiti dei costruttori interessati a partecipare al mercato dei lavori pubblici “incidendo pesantemente sulla qualità delle opere”.

Infine ha bocciato i poteri straordinari riconosciuti ai commissari perchè a “rischio di illegittimità costituzionale”: le deroghe al codice appalti non sono precisate per legge ma saranno essere stabilite con uno o più decreti, cioè con “un atto amministrativo che sospende condizioni previste da una legge, da una fonte primaria”.

Il risulta di tutte queste modifiche è comunque servono 18 decreti per far partire i commissari previsti dal decreto Sblocca-cantieri, da varare entro 30 giorni dalla conversione del decreto, quindi entro metà luglio. Poi c’è il Regolamento Unico da riscrivere, intanto si complica il chiarimento di quali appalti potranno procedere con il codice vigente e chi deve riavviare con le nuove norme. E già si è profilato un errore nel testo che forse andrà corretto sulla sospensione “inefficace” dell’Appalto Integrato che quindi resterebbe sostanzialmente in vigore. Staremo a vedere.

Insomma come ad ogni cambio di regole tutto si complica e si ferma senza sbloccare i cantieri, peraltro sempre dei soliti e noti progetti, senza innovazione. Ma forse queste sono solo le prove generali per la demolizione definitiva del Codice Appalti da attuare entro il 2020.