Trump ha deciso di portare gli Usa fuori dalla Cop21, ma c’è un’America impegnata all’azione sul clima, che continua a voler perseguire la riduzione delle emissioni di CO2 e degli altri gas serra
Già all’indomani dell’approvazione dell’Accordo di Parigi sul Clima, pur esultando, quanti conoscono gli allarmi della comunità scientifica sull’evoluzione (rapida, molto rapida) del riscaldamento globale sapevano che il trattato era l’inizio del percorso, non il traguardo. Per questo, come WWF, abbiamo cominciato a darci da fare per accelerare l’attuazione del trattato, convincere gli Stati ad adeguare gli impegni di riduzione delle emissioni all’obiettivo di limitare a 1,5°C l’aumento medio della temperatura globale e, innanzitutto, a mettere in campo da subito politiche efficaci per far finalmente flettere verso il basso le emissioni di CO2 in atmosfera. Purtroppo la politica vive ormai di fasi brevi, quindi già a Marrakech era arrivata la doccia fredda dell’elezione di un Presidente USA che addirittura aveva detto che il cambiamento climatico sarebbe un’oscura macchinazione dei cinesi. Quello straordinario spirito fondato sulla convinzione che la sfida riguarda tutti e la dobbiamo affrontare insieme, che aveva attraversato Parigi, era in grave pericolo: per fortuna, però, si fondava e si fonda su solide basi culturali, sociali ed economiche, la transizioni energetica è ormai in atto, per quanto i rallentamenti siano possibili e sarebbero disastrosi proprio sotto l’aspetto che interessa tutti, quello della ricaduta sulle emissioni e quindi sulla possibilità di evitare il cambiamento climatico più disastroso. Insediatasi la nuova amministrazione, puntuali sono cominciati ad arrivare i cosiddetti ordini esecutivi di Trump, con cui il Presidente cercava di smantellare tutte le politiche per il clima e per dare impulso a efficienza energetica ed energie rinnovabili messe in campo da Barack Obama. Al G7 di Taormina di fine maggio, però, in molti nutrivano qualche residua speranza che Trump non avrebbe lasciato l’Accordo: forse qualche rassicurazione era stata data, non lo sapremo mai. Fatto sta che è avvenuto esattamente il contrario, Trump ha annunciato l’intenzione di iniziare la (lunga) procedura per lasciare il trattato, con argomentazioni peraltro molto opinabili e contestate. Quando la procedura sarà terminata, lo sarà anche il mandato dell’attuale inquilino della Casa Bianca). Le reazioni alla mossa di Trump sono state diverse nei toni, analoghe nella sostanza: andiamo avanti lo stesso. In particolare i leader europei hanno recuperato toni di leadership che non si sentivano da tempo. La determinazione di Cina e India, oltre a provvedimenti concreti e interessi economico-industriali crescenti, sono determinanti. La sensazione di chi era a Taormina, del resto, era stata proprio di un auto-isolamento del Presidente USA e di aver assistito alla fine di un’era e all’inizio di un rimescolamento geopolitico di notevole portata.
Ma la vera novità è venuta qualche giorno dopo l’annuncio di Trump: c’è un’America che continua a voler perseguire la riduzione delle emissioni di CO2 e degli altri gas serra, impegnata all’azione sul clima e a raggiungere l’obiettivo dell’Accordo di Parigi. Si tratta di circa 1700 tra sindaci, governatori di Stati, aziende, investitori, università raccolti sotto lo slogan WE ARE STILL IN : uno spaccato estremamente significativo della realtà USA, che rappresenta almeno 120 milioni di persone e migliaia di miliardi di dollari di fatturato. Una realtà, si badi bene, tutt’altro che di nicchia. D’altro canto, i sondaggi confermano che la maggioranza degli americani in tutti gli Stati non condividono la scelta di Trump di uscire dall’Accordo di Parigi.
Nella lista degli aderenti a questa inedita alleanza troviamo i sindaci di Los Angeles, New York City, Atlanta, Boston, Houston, Salt Lake City, Miami, Chicago, Seattle, Washington e così via. C’è anche il sindaco di Pittsburgh, la città il cui interesse Trump ha detto di voler difendere invece di quello di Parigi, una città rinata grazie all’investimento nell’economia del futuro e che non vuole saperne di tornare al passato (vale a dire al famigerato carbone): proprio i sindaci di Parigi e Pittsburgh hanno scritto insieme il 7 giugno un articolo per il New York Times riaffermando la volontà di applicare l’Accordo per i bene dei cittadini sia di Parigi che di Pittsburgh.
Tra i 9 Stati che hanno firmato, la California, la maggiore economia degli States, che entrerebbe come settima economia mondiale in un ipotetico G7 aperto anche ai singoli Stati e non solo al governo federale USA. Tra le aziende troviamo Adidas, Amazon, Apple, Allianz, Danone, Facebook, Google, Hewlett Packard, Mars, Microsoft, Nestlé, Patagonia, Tesla, Unilever, Virgin, Western Union.
Una chiamata all’azione in nome del clima e della sopravvivenza (e benessere) della civilizzazione umana e delle future generazioni, certo. Ma anche preoccupazione per la possibilità che gli USA vengano tagliati fuori dalla economia del futuro, per guardare solo al passato. Insomma, agire sul clima porta anche molti benefici economici e altri vantaggi, per esempio per la salute. “Insieme, rimarremo attivamente impegnati con la comunità internazionale come parte dello sforzo globale per mantenere il riscaldamento ben al di sotto dei 2 ° C e accelerare la transizione verso un’economia a energia pulita che porterà beneficio alla nostra sicurezza, prosperità e salute”.
Al G7 Ambiente che si apre domenica 11 a Bologna e che vedrà, tra i ministri dell’Ambiente, anche l’oppositore principale alle politiche climatiche, Scott Pruitt, avremo modo di vedere quindi una sola faccia degli USA, quella minoritaria..
L’importante ora è, naturalmente, che i protagonisti di dichiarazioni molto efficaci sulla loro volontà di andare avanti facciano in concreto la propria parte soprattutto nell’azione e nelle politiche concrete. Unione Europea e Cina hanno annunciato una stretta collaborazione per accelerare la transizione, e altrettanto sta succedendo con l’India, il cui premier si è impegnato ad andare ben al di là degli impegni di Parigi. L’Europa pare aver riscoperto un ruolo da protagonista nella transizione energetica, ora si tratta di non distrarsi, fare sul serio e mettere in campo tutte le politiche perché la transizione giusta verso un’economia senza carbonio divenga una realtà. Il Presidente francese Macron, autore di un fortunatissimo slogan e ora sito -“Make our Planet Great Again”-coniato per contrapporsi a quello di Trump, ha già annunciato che vuole andare al di là degli impegni già presi: questo è un ottimo esempio che speriamo sia attuato e seguito da altri.