Top menu

Vaccini contro varianti. La pandemia è ancora con noi

La fine di molte restrizioni per limitare il Covid-19 è il riflesso di una sottovalutazione della pandemia. Un’analisi dei dati su contagi e vittime mostra l’efficacia di restrizioni e vaccini, e suggerisce le misure che sarebbero necessarie.

L’anno 2020

Alla fine del 2019 e nel 2020 dopo la diffusione della pandemia prima in Cina e poi via via in diversi paesi del mondo, tra cui l’Italia, non esistevano vaccini contro il Covid-19. La ricerca cominciava solo allora. Era necessario quindi combattere la pandemia con altri mezzi. Ciò fu fatto in modi assai diversi.

In Cina, ma anche in Giappone, Corea del sud, Hong Kong, Taiwan, Australia e Nuova Zelanda, politiche restrittive assai dure di controllo alle frontiere, tracciamento e isolamento laddove il virus si manifestasse permisero di ridurre fortemente la mortalità per Covid-19. (nota 1)

In Occidente (Europa e America del Nord) e in America Latina, politiche restrittive tardive, minore attenzione alle frontiere, più blande politiche di tracciamento e isolamento, condussero nel 2020 a una mortalità assai più alta che nel primo gruppo di paesi. In rapporto alla popolazione, la mortalità per Covid-19 nei maggiori paesi dell’Occidente è stata di oltre 300 volte più alta rispetto alla Cina e più di 30 volte rispetto a Giappone, Corea del sud, Taiwan, Australia e Nuova Zelanda. 

In diversi paesi dell’Africa e dell’Asia, anche se spesso in assenza di buoni sistemi sanitari, due fattori importanti permisero di mitigare nettamente gli effetti sulla mortalità rispetto all’Occidente: gli assai minori contatti economici e migratori con la Cina e l’Occidente, che limitavano la diffusione del contagio, e l’assai più bassa età media della popolazione. Dato che la mortalità per Covid-19 era soprattutto concentrata fra gli ultra 60enni, essa ha colpito assai meno i paesi con relativamente pochi anziani.

Nel frattempo varianti sempre più insidiose e contagiose diventavano via via dominanti in gran parte del mondo: dal virus originario di Wuhan e altre varianti minori e alla letale variante Alpha presente nel Regno Unito da fine 2020.

Il 2021 e l’inizio del 2022: il quadro mondiale

Dalla seconda metà di dicembre 2020 e per tutto il periodo successivo vi fu un’autentica lotta tra vaccini e varianti. La variante Alpha si diffuse in Occidente e poi in gran parte del mondo dalla fine del 2020 alla metà del 2021, da maggio-giugno 2021 fu rapidamente sostituita dalla ancora più letale variante Delta e da dicembre 2021 in poi dalla assai più contagiosa variante Omicron e dalle successive contagiosissime sub-varianti Omicron 2 e 3 (si veda la tabella 1). (nota 2)

Dalla seconda metà del dicembre 2020 si era tuttavia iniziato a disporre dei nuovi vaccini anti Covid- 19 che, distribuiti via via in molti paesi ricchi e ben organizzati (molto meno nei paesi poveri dell’Africa e dell’Asia), hanno contribuito a ridurre i ricoveri, le terapie intensive e le morti in molti  paesi del mondo, nonostante la diffusione di varianti sempre più pericolose, quali Alpha e Delta.

Come si può vedere nella tabella 1, nel mondo la vaccinazione completa con almeno due dosi aveva interessato al 20 marzo 2022 circa il 57% della popolazione, ma nei paesi poveri la percentuale era stata assai più modesta (meno del 15%, ad esempio, in Africa). Nonostante la graduale, seppur diseguale, introduzione dei vaccini nel mondo, dalla seconda metà del dicembre 2020, nell’anno che va dalla fine del febbraio 2021 alla fine di febbraio 2022 il numero dei morti e dei casi attribuiti al Covid-19 sono stati maggiori che nell’anno precedente (vedi tabella 2). Le morti sono state 3,35 milioni ed i casi positivi 321 milioni, contro i 2,61 milioni di decessi e i 114 milioni di casi dell’anno precedente. Si noti che l’aumento dei casi positivi è stato particolarmente violento nei primi due mesi del 2022, a causa della rapidissima espansione dei casi dovuta ad Omicron.

Senza i vaccini la diffusione delle nuove varianti in un numero rapidamente crescente di paesi e la loro sempre maggiore letalità o contagiosità avrebbe condotto ad una ecatombe ben maggiore di quella fin qui avvenuta (oltre 6 milioni di decessi nel mondo dall’inizio della pandemia fino ai primi di marzo 2022).

In Europa occidentale la maggiore diffusione di vaccinazioni con uno, poi due e tre dosi contribuì fortemente a ridurre la mortalità, mentre nell’Europa orientale, in Russia e in diverse repubbliche ex sovietiche, che vaccinavano di meno e usavano meno misure restrittive, la mortalità si accrebbe. In questi paesi la maggiore letalità delle nuove varianti, l’attenuazione delle restrizioni e la presenza di molte persone non disposte a vaccinarsi aveva più che compensato l’effetto positivo delle deboli campagne di vaccinazione. Mentre nel 2020 in Europa e nel Nord America la mortalità per milione di abitanti attribuita al Covid-19 era stata molto elevata soprattutto in paesi come Belgio, Stati Uniti, Italia, Regno Unito, Spagna, Francia, nel 2021 essa fu invece nettamente maggiore in paesi dell’Est Europa come Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia, Russia, Georgia, Ucraina, Serbia, etc. I paesi dell’America latina quali Perù (il paese con più decessi cumulati per milione di abitanti Covid-19 nel mondo), Brasile, Argentina, Colombia, Paraguay, Messico, ebbero una mortalità per Covid-19 assai elevata sia nel 2020 che nel 2021, mentre in Uruguay e Cile il maggior tasso di vaccinazioni rispetto alla media dell’America latina contribuì ad attenuare nel 2021 il tasso di mortalità per Covid-19.

Se fino al dicembre 2021 le rigide politiche di controllo alle frontiere, di restrizioni, isolamento e tracciamento di Giappone, Sud Corea, Taiwan, Australia e Nuova Zelanda e le estese campagne di vaccinazione avevano continuato a consentire un numero assai basso di casi positivi confermati e di tassi di mortalità, l’avvento di Omicron, che è assai più contagiosa di tutte le varianti precedenti, ha cambiato grandemente la situazione. All’inizio del 2022 in questi paesi i casi positivi sono esplosi e la mortalità è bruscamente aumentata. Ad esempio l’8 marzo 2022 la Corea del Sud, che era stato nel biennio 2020-21 uno dei paesi più virtuosi del mondo, con meno casi positivi e decessi, divenne il paese con più casi positivi confermati del mondo e con il maggiore numero di casi positivi per milione di abitanti fra i paesi medi e grandi. Sempre in Corea del Sud dal primo gennaio 2022 al 16 marzo dello stesso anno si è giunti a superare il numero cumulato dei morti per Covid -19 dell’intero biennio precedente. Anche a Hong Kong l’avvento di Omicron ha portato nel febbraio-marzo 2022 a una crescita esplosiva di casi positivi e di morti. 

Con così tanti casi positivi, dovuti alla altissima contagiosità di Omicron, diventava quasi impossibile una completa politica di tracciamento ed isolamento come nel biennio precedente. Con Omicron, anche Giappone, Australia e Nuova Zelanda hanno avuto un forte aumento dei casi positivi e dei morti, mentre Taiwan ha avuto un netto incremento dei casi positivi, ma è riuscita a contenere il numero dei decessi. Va ricordato inoltre che i dati sui casi positivi confermati sottostimano nettamente il numero vero di infetti e che, fino all’attacco di Omicron, Sud Corea e Giappone avevano fatto mediamente meno test che nei paesi occidentali.

Fra i paesi dell’Est Asia e dell’Oceania solo la Cina è riuscita finora a reggere, con rigidissime restrizioni, all’impatto di Omicron mantenendo un numero esiguo, ma ora in rapida crescita, di casi positivi, ma alcune importanti crepe già si intravvedono in molte zone del paese, attualmente sottoposte a duri lockdown.

Anche nei paesi poveri del mondo il periodo compreso tra il febbraio 2021 e il 28 febbraio 2022 ha registrato nettamente più morti per Covid-19 che nei dodici mesi precedenti, anche per le scarse e tardive campagne di vaccinazione.

Le difese immunitarie 

Contro le varie varianti del Covid- 19, oltre a più o meno estese misure restrittive, alle cure mediche in reparti ospedalieri e in terapia intensiva e a quelle anti-virali, finora inadeguate se non usate nei primi giorni dell’infezione, si sono avute due tipi principali di difese: una legata alle campagne di vaccinazione, l’altra associata al cumulo delle infezioni pregresse. Sia le infezioni pregresse, sia i vaccini, generano difese immunitarie producendo anticorpi che contribuiscono a rallentare la diffusione della pandemia e a impedire conseguenze gravi, che possono condurre al ricovero in terapia intensiva e in diversi casi alla morte.

Il guaio è che le infezioni per Covid-19 generano risposte immunitarie molto diverse tra individui ed individui. (nota 3) In alcuni la risposta immunitaria è assai forte. Vi è un netto aumento dei linfociti di tipo B che attivano anticorpi che neutralizzano gli effetti del virus, nonché di linfociti di tipo T helper che danno una protezione di memoria, di più lungo periodo. Queste persone risultano perciò essere asintomatiche. In altri individui l’aumento dei linfociti B, degli anticorpi e delle cellule T helper è minore e le persone colpite dal virus avvertono lievi sintomi di durata relativamente breve. Infine in persone più anziane o con sistema immunitario già compromesso da altre malattie o da cure mediche aggressive l’attacco del virus genera una bassa e del tutto insufficiente crescita dei linfociti di tipo B e degli anticorpi neutralizzanti, nonché di cellule T helper, mentre si è riscontrato un netto aumento dei linfociti T killer che possono aiutare a scatenare l’infiammazione ai polmoni e ad altri organi con gravi conseguenze, quali la polmonite bilaterale interstiziale, che possono portare alla terapia intensiva e alla morte. 

Tuttavia, sia le persone infette asintomatiche, sia quelle con pochi sintomi e quelle con malattia grave possono concorrere ad infettare gli altri, e tra gli altri ci possono essere diverse persone, anziane o fragili, suscettibili ad avere gravi o letali conseguenze. Inoltre la copertura data dai linfociti B e dai loro anticorpi è temporanea, dura pochi mesi, tranne che per eventuali cellule di memoria B e T helper. 

E’ infine probabile che essere guarito da una certa variante del virus, quale Delta, protegga solo in parte da altre varianti più insidiosamente pervasive, come Omicron. Anche i vaccini generano una risposta immunitaria e quindi anti-corpi protettivi, nonché una certa protezione a medio-lungo termine tramite linfociti T helper, ma anche una parte delle persone vaccinate possono trasmettere o ricevere l’infezione e la copertura contro malattie gravi gradualmente si abbassa, per cui dopo 4-5 mesi si è in diversi paesi saggiamente deciso di fare una terza dose (booster) per reintegrare la copertura verso forme gravi e decessi. Per le persone anziane e fragili si sta procedendo in alcuni paesi a fare la quarta dose. 

In definitiva, la lotta contro la diffusione del Covid-19 e delle sue nuove varianti è stata in gran parte affidata, oltre alle restrizioni (nota 4), all’effetto congiunto delle vaccinazioni e allo stock via via crescente di persone infettate dal virus e quindi temporaneamente immunizzate. Dove si vaccina di meno ci si infetta di più e ciò può in parte contrastare, dopo diversi mesi, un’ulteriore diffusione del virus, attraverso una specie di “herd effect”, ma nel contempo la strage di molti anziani o fragili e di diverse persone più giovani, e estesi effetti long-covid, possono piagare il tessuto umano, sociale ed economico del paese interessato. 

Comunque, le analisi scientifiche fatte in diversi paesi mostrano che, anche con l’assai contagioso Omicron, chi è vaccinato con due dosi e booster ha assai meno probabilità di infettarsi e soprattutto di essere ricoverato, di entrare in terapia intensiva e di morire rispetto a chi non si è vaccinato, e in una certa misura anche rispetto a chi ha avuto solo una o due dosi di vaccino, come i dati sull’Italia delle tabelle 5 e 6 confermano. 

Il caso italiano 

L’Italia è stata nel mondo uno dei paesi più colpiti dalla pandemia nella prima grande ondata nella seconda metà di febbraio e nel marzo del 2020. Le politiche di contrasto sono state allora tardive e incomplete e il numero di decessi cumulati per milione di abitanti è stato fino alla fine di marzo il maggiore del mondo tra i paesi medio-grandi, superando quelli di Spagna, Belgio, Regno Unito, etc. Nel corso del mese di aprile 2020 prima la Spagna, poi il Belgio e successivamente anche il Regno Unito e soprattutto il Perù superarono per questo indicatore il livello italiano. Nell’estate 2020, che corrispondeva all’inverno nell’altro emisfero, diversi paesi della America Latina (Brasile, Bolivia, Ecuador, Cile), oltre agli Stati Uniti, avevano anch’essi superato il livello italiano. Nell’estate, nel nostro paese l’effetto delle restrizioni e il caldo estivo avevano contribuito a indebolire la diffusione dell’epidemia, (vedi Figura 1) ma i movimenti turistici connessi alle vacanze estive avevano concorso a incubare maggiormente il virus anche nel Centro-Sud, come si è poi visto nei successivi mesi autunnali. 

La seconda grande ondata della pandemia ha investito l’Italia da ottobre-novembre 2020 all’inizio del 2021. Il picco dei decessi per Covid-19 è stato ai primi di dicembre, ma, nonostante il lockdown e le altre misure restrittive, la mortalità dovuta al Covid-19 è rimasta elevata fino a febbraio 2021, si è ancora un poco impennata tra marzo e aprile (terza grande ondata) a causa della diffusione in Italia della variante Alpha, per poi ridursi fino a ottobre. Si è infine registrata una quarta grande ondata tra novembre 2021 e marzo 2022, con picco dei decessi verso la fine di gennaio 2022. Tale grande ondata è stata alimentata dall’estate fino a metà dicembre 2021 dalla diffusione della letale variante Delta e poi anche dalla assai più contagiosa variante Omicron, che da fine dicembre 2021 al gennaio 2022 ha rapidamente soppiantato la variante Delta. La progressiva diffusione della vaccinazione, con uno, due e poi tre dosi in quote crescenti della popolazione, ha fortemente contrastato la pandemia, contribuendo a ridurre nettamente i ricoveri ospedalieri, la terapia intensiva e la mortalità. Tuttavia, la grande contagiosità di Omicron e delle sue sub varianti (Omicron 2 e 3) e il graduale rilassamento delle restrizioni da febbraio-marzo 2022 hanno condotto ad una grande impennata dei casi positivi in Italia ed anche in paesi come la Germania, meno investita in precedenza dalla pandemia, ed a un persistente sostenuto livello di decessi per Covid-19 nei primi mesi del 2022. 

Dalla Figura 1 si può vedere che nel nostro paese, nonostante la recente forte crescita dei casi positivi, vi è stata, grazie anche alle restrizioni, ma dal 2021 a causa soprattutto della campagna di vaccinazione, abbastanza buona almeno fino a novembre 2022, una tendenziale riduzione della mortalità dovuta alla pandemia. La Tabella 3 mostra che i morti attribuiti al Covid 19 sono scesi dagli oltre 97.783 del periodo fine febbraio 2020-fine febbraio 2021 ai circa 57.000 dell’anno successivo. I morti e i ricoveri in terapia intensiva sono ancora tanti, ma in netta flessione rispetto alla tragica situazione prevalente in Italia in gran parte del biennio 2020-21.

La pandemia è ancora con noi

Nelle ultime settimane si è rapidamente diffuso nel nostro paese un senso di maggiore sicurezza e di progressiva sottovalutazione della pandemia. La gente si è stancata di vivere di continuo nell’ansia e un altro tremendo fenomeno, la guerra in Ucraina, ha stornato gran parte dell’attenzione riservata prima alla pandemia. Molti politici hanno chiesto una riduzione delle restrizioni e il 17 marzo 2022 il governo ha deciso l’abbandono a fine marzo dello stato di emergenza, con la contestuale chiusura del CTS, la fine dell’incarico dato al commissario Figliuolo per la regia della campagna di vaccinazione e gli altri interventi di emergenza ed una progressiva attenuazione delle restrizioni (fine del sistema delle zone colorate, graduale superamento del green-pass, eliminazione delle quarantene, etc.). (nota 5)

Purtroppo la realtà è assai peggiore delle percezioni del pubblico e dell’umore di molti politici che ricercano il consenso a breve termine. La pandemia è tutt’altro che finita e la curva dei casi positivi e dei decessi, che seguono di norma quella dei casi positivi con un ritardo di alcuni giorni, è ancora preoccupante. Da fine febbraio al 18 marzo del 2022 i casi positivi hanno ricominciato a salire e i decessi attribuiti al Covid-19 hanno anch’essi ripreso tendenzialmente a salire dal 7 marzo in poi. La media dei decessi per giorno dall’1 al 20 marzo 2022 è stata piuttosto elevata, di oltre 150 morti al giorno, che se replicati su base annua condurrebbero a oltre 55.000 decessi.

Si è detto e scritto che la variante Omicron è relativamente poco pericolosa poiché ha un tasso di letalità bassa, cioè un rapporto fra decessi e casi positivi nettamente inferiore a quello delle varianti Alpha e Delta precedenti, ma non si è spesso tenuto conto di due importanti fattori. Il primo fattore è dato dal fatto che il numero di casi positivi e quindi anche dei veri infetti (che sono in genere in numero nettamente maggiore dei casi positivi) (nota 6) è con Omicron almeno da quattro a sei volte più elevato che con Delta o Alpha. Ne discende che pur con un minor tasso di letalità, la reale mortalità rispetto alla popolazione associata a Omicron può essere, ed è stata, elevata poiché applicata ad un numero assai maggiore di persone infettate dal virus rispetto alle varianti precedenti, come è accaduto in modo assai violento in Corea del sud e Hong Kong.

Il secondo fattore è dato dal fatto che il confronto è di norma eseguito non tenendo conto che, nel nostro paese, Alpha è stata dominante in un periodo in cui il tasso di vaccinazione e lo stock di guariti dal Covid-19 era molto più basso, e Delta in un periodo in cui il tasso di vaccinazione e lo stock di guariti è stato un poco più basso, rispetto ai mesi in cui Omicron è diventata dominante. Tutto ciò rende il confronto della mortalità tra le tre varianti assai difficile, poiché nei tre periodi non vi era parità di condizioni, e poiché in una parte di questi periodi vi era anche una certa compresenza con altre varianti e un diverso livello di restrizioni. E’ del tutto probabile che, se si fosse manifestata in un periodo precedente, con meno vaccinati con due o tre dosi e un minore stock di guariti temporaneamente immunizzati, Omicron, generando un maggior numero di infetti, si sarebbe rivelata più mortale, rispetto alla popolazione, delle varianti Delta e Alpha.

Le tabelle 4 e 5 mostrano anche quanto sia stato importante in Italia la vaccinazione e in particolare l’estensione di una dose aggiuntiva (booster), per molte persone già vaccinate a ciclo completo (2 dosi di vaccino, oppure una con Johnson e Johnson). Chi non si è vaccinato ha rischiato di andare in terapia intensiva o di morire rispettivamente 5,3 volte e 4,5 volte di più di chi si è vaccinato a ciclo completo e rispettivamente 16,3 e 15,1 volte di più di chi ha ricevuto anche il booster. Fa riflettere anche che i non vaccinati, con l’8,9% della popolazione, hanno avuto dal 7 gennaio al 6 febbraio 2022 il 35,4% dei deceduti.

Ora, alcuni seri problemi riguardano le caratteristiche e prospettive della lotta contro la pandemia in Italia e nel mondo. In Italia la campagna di vaccinazione è stata fino a novembre 2021 abbastanza buona, ma oltre alla resistenza dei no-vax convinti, e al semplice timore del vaccino di altri, vi è stata una carente risposta dei genitori, spesso restii alla vaccinazione dei propri figli dai 5 agli 11 anni, e talvolta anche per quelli di età superiore. Soprattutto si ha ancora un largo numero di vaccinati con una sola dose o con due dosi, ma senza booster, che data la ridotta durata degli anticorpi in molti soggetti, conduce, come mostra la tabella 5, a rischi assai maggiori di malattia grave e di possibili decessi. Inoltre, la quarta dose è attualmente riservata prevalentemente agli immunodepressi e ad altre persone con patologie gravi, ma si ritarda troppo la sua estensione alla totalità degli anziani che già in parte vedono, dopo oltre 4 mesi della terza dose, ridursi nettamente la loro copertura immunitaria. 

E’ ancora difficile il ricorso tempestivo agli anti-virali di nuova generazione, che dovrebbero essere facilmente disponibili anche nelle farmacie. Sul fronte conoscitivo è assai carente la rilevazione dei veri infetti e della disponibilità di anticorpi delle persone, che dovrebbero essere rilevati almeno mensilmente con apposite indagini campionarie. I dati desunti dai casi positivi non solo sottostimano grandemente il vero numero degli infetti, ma dipendono troppo dal numero e dalla qualità dei tamponi eseguiti, che ignorano in gran parte gli asintomatici. Anche i dati sulla mortalità attribuibile al Covid-19 sono spesso sottostimati e andrebbero controllati con cura e più di frequente, aggiornando anche il confronto con la mortalità degli anni precedenti la pandemia. Il personale e le strutture addette al sequenziamento necessario per scoprire varianti e sub-varianti dovrebbero essere adeguatamente potenziati. Infine, il numero di medici di base e negli ospedali, di infermieri ed ausiliari, e il numero di posti letto andrebbero adeguatamente aumentati in modo strutturale, non con contratti e soluzioni precarie, come si è spesso fatto in questo ultimo biennio. I guasti dei pesanti tagli alla spesa sanitaria pubblica degli anni dell’austerità rimangono, e vanno riparati. Sul piano mondiale lo scontro tra vaccini e varianti non vede per ora un vincitore. 

Vi è stata la mancata volontà politica, o l’incapacità, delle organizzazioni mondiali, quali l’ONU e l’OMS e dei vari G7 o G20 a indurre le grandi imprese farmaceutiche produttrici di vaccini anti Covid-19 efficaci, a cedere, con una certa compensazione, le licenze di produzione a un numero adeguato di altre imprese del mondo, in modo da aumentare rapidamente la produzione di vaccini e ridurne i prezzi. Vi è stato inoltre un grandemente insufficiente sostegno finanziario, logistico ed organizzativo ai paesi poveri affinché potessero avviare estese e capillari campagne di vaccinazioni. Vaccinando poco, numerosi decessi e estesi effetti long-covid per le persone guarite si sono così registrati anche in questi paesi, nonostante l’età media più giovane della popolazione. Nuove varianti e sub-varianti continuano inoltre a sorgere, originate spesso nei paesi poveri e poi rapidamente diffuse nel mondo, e non si conosce la capacità dei vaccini esistenti e dei nuovi anti-virali nel proteggere da questi nuovi attacchi.

NOTE:

1 Sull’esperienza di questi paesi dell’Est Asia e dell’Oceania, vedi Summers et al. (2020) e Valli (2021). 

2 Sulle varianti vedi, ad esempio, Bernal J. L. et al. (2021), CDC (2021), the New York Times (2022).

3 Vedi Di Todaro F. (2021) e Stephenson E. et al. (2021).

4 Per una misura, sia pur rozza, delle restrizioni, vedi Oxford University Stringency Index (2022).

5 Vedi comunicato stampa n. 67 del Consiglio dei ministri.

6 Sul fatto che i casi positivi sottostimino in modo più o meno grande il numero di “veri infetti”, vedi Valli (2020 a, b) e Phips et. al. (2020).

Riferimenti bibliografici

Bernal J. L. et al. (2021), Effectiveness of Covid-19 Vaccines against the B.1.617.2 (Delta) Variant,“The New England Journal of Medicine”, 385 (7), pp. 585-594.

CDC, Center for Diseases Control and Prevention, (2021), Variant proportions, March 21, 2022 

Comunicato stampa n. 67 del Consiglio dei ministri del 17-4-2022 

Di Todaro F. (2021), La risposta immunitaria varia con i sintomi della malattia, Fondazione Umberto Veronesi, Magazine, 27-4-2021, Milano.

Il Sole- 24 ore lab (2022), 21 marzo

Our world in data (2022), Covid-19 explorer-our world in data, 21 marzo 2022.

Oxford University Stringency Index (2022). Updated March 16.<https://ourworldindata.org/grapher/covid-stringency- index?tab=chart&country=~USA >

Phipps S. J. et al. (2020), Robust Estimates of the true (population) infection rate for COVID-19: a backcasting approach, Royal Society Open Science,7 200909. 

Stephenson E. et al., (2021), Single-cell multi-omics analysis of the immune response in COVID19, Nature Medicine, April 20, 2021.

Summers J. et al., (2020), Potential Lessons from the Taiwan and New Zealand Health Responses to the Covid-19 Pandemic, «The Lancet Regional Health», Western Pacific.

The New York Times (2022), Tracking Omicron and other variants of concern, updated March 11.

Valli V. (2020 a), Covid-19. Abbiamo voluto sbattere la testa contro il muro, “Sbilanciamoci”, 13 aprile 2020 < https://sbilanciamoci.info/coronavirus-abbiamo-voluto-sbattere-la-testa-contro-ilmuro/ >

Valli V. (2020 b), Coronavirus and the art of not learning from other countries’ experiences 

Valli V. (2021), The fight against Covid-19: the cases of Japan, South Korea and Taiwan, Turin,

Vittorio Valli è professore emerito di Politica economica, Università di Torino e vice presidente di OEET (Osservatorio sulle economie emergenti-Torino).