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Tax the rich!, la campagna lanciata da Sbilanciamoci

La politica parla in ordine sparso di extraprofitti sul gas, diseguaglianze, flat tax. Sbilanciamoci! presenta uno studio organico sull’argomento e lancia la campagna Tax The Rich! 5 proposte concrete per ottenere 40 miliardi di euro in più di gettito fiscale.

5 proposte per rendere il paese più giusto e ridurre le diseguaglianze

La ricchezza del paese è nelle mani di pochi super-ricchi

L’1% più ricco della popolazione adulta (mezzo milione di persone) detiene un quarto della ricchezza totale del paese (aveva il 17% nel 1995). Lo 0,1% più ricco (50 mila persone) ha il 12% della ricchezza (aveva il 5% nel 1995): un patrimonio medio di 21 milioni di euro. Lo 0,01% (5 mila persone) ha il 7% della ricchezza: un patrimonio medio di 128 milioni di euro. Il 50% più povero ha ora il 3% della ricchezza (aveva l’11% nel 1995). I 2000 italiani più ricchi hanno una ricchezza superiore a quella dei 25 milioni di italiani più poveri. Uno solo di questi ricchi ha il patrimonio di 15 mila poveri. Il 3% degli italiani ha patrimoni superiori a 1milione di euro, il 97% meno di un milione di euro.

Anche i redditi sono fortemente disuguali

Lo 0,1% dei contribuenti (40 mila persone) ha un reddito di oltre 300 mila euro l’anno: 14 volte il reddito medio di 21 mila euro. Durante la pandemia i 50 italiani più ricchi hanno visto aumentare il proprio patrimonio di 70 miliardi di euro, mentre un milione di italiani è entrato nella povertà povertà assoluta.

L’Italia è un paese segnato da disuguaglianze estreme, gravi ingiustizie economiche e sociali, privilegi insopportabili.

I privilegiati sono stati protetti dalle leggi e dai governi. Nei paradisi fiscali all’estero ci sono un milione di conti correnti di italiani, con 300 miliardi di euro. Ogni anno Banca d’Italia denuncia 70 mila operazioni di trasferimenti sospetti.

La campagna elettorale ignora le disuguaglianze. Da destra tornano le proposte di ‘flat tax’ – un altro regalo ai ricchi, contro la Costituzione e i più elementari principi di equità.

Evasione fiscale e ricchezza all’estero

Oltre 200mila italiani hanno – in base alle dichiarazioni dei redditi – beni immobiliari e finanziari all’estero: 170mila in depositi e attività finanziarie, più di 105mila in immobili. La stima della ricchezza italiana detenuta all’estero è di circa 200miliardi di euro (solo con la Voluntary Disclosure del 2017 sono stati “puliti” e “regolarizzati” 65miliardi di euro detenuti illegalmente, gran parte poi rimasti comunque in altri Paesi).

La ricchezza italiana detenuta all’estero (in gran parte in modo illegale) rappresenta il 12% del PIL.

Il direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini ha stimato in oltre 2milioni i depositi bancari di italiani (persone fisiche o persone giuridiche riconducibili a nostri connazionali).

I vari “papers” (Panama, Pandora, ecc.) hanno messo in evidenza il ricorso ai paradisi fiscali di migliaia di italiani evasori e di imprese (anche quotate in borsa e partecipate dal nostro governo) che sono venute meno ai loro doveri fiscali.

L’uguaglianza va messa al centro della politica

In autunno il paese dovrà affrontare nuove crisi: l’inflazione vicina al 10%, i rischi di recessione, l’emergenza energetica, la fine della politica monetaria espansiva della BCE, l’aumento dei tassi d’interesse e nuove pressioni sugli equilibri del bilancio dello Stato. In questo contesto, la politica dei ‘bonus’ e delle compensazioni a famiglie e imprese rischia di non poter continuare. Serve una politica che affronti i problemi strutturali del paese, a cominciare dalle disuguaglianze e da un sistema fiscale che sia uno strumento di redistribuzione dai ricchi ai poveri e di rifinanziamento dello Stato sociale, utilizzando anche le opportunità del PNRR.

La presenza di servizi pubblici universali nella scuola e nella sanità, il sistema pensionistico pubblico, il forte impegno pubblico nell’assistenza – nonostante i gravi tagli di spesa e le privatizzazioni – è stata un argine essenziale agli effetti drammatici degli aumenti delle disparità di reddito. Con le entrate della tassazione sui più ricchi occorre tornare a finanziare in modo prioritario queste voci di spesa, estendendo l’impegno per il sostegno al reddito, per la casa, per l’accoglienza, per l’università, in modo da rendere concreti i diritti sociali dei cittadini.

Aumentare la spesa e l’occupazione diretta nei servizi pubblici è anche un modo per migliorare le condizioni di lavoro e i salari di chi vi opera, oggi spesso in condizioni di precariato, con remunerazioni sotto la soglia di povertà, a causa dei rapporti di lavoro condizionati dagli appalti al ribasso verso organizzazioni di terzo settore. Tassare i ricchi per aumentare la spesa sociale avrebbe anche l’effetto di migliorare il lavoro e dare una spinta alla ripresa.

Le responsabilità dei governi

I governi hanno tollerato l’evasione fiscale e avvantaggiato le classi di reddito agiate. Non esiste nessuna imposta sui grandi patrimoni e quella di successione è pressoché simbolica. La tassazione dei profitti delle imprese è passata dal 37 al 24% in pochi anni. La progressività fiscale si è enormemente appiattita e chi guadagna 500mila euro l’anno paga poco più di chi ha un salario da impiegato. Grazie alla flat tax un libero professionista benestante paga, percentualmente, la metà di tasse di chi lavora in un call center.

L’Italia sta diventando il paese delle flat tax: sulle rendite finanziarie, sul fitto degli immobili, sui redditi dei liberi professionisti, ecc. Le flat tax avvantaggiano i ricchi e i benestanti, chi ha. Invece chi non ha è svantaggiato e paga più tasse dei rentier e dei ricchi proprietari. Anche questo governo non ha avuto il coraggio di fare una riforma del catasto veramente incisiva, che riequilibri le evidenti ingiustizie a favore delle proprietà immobiliari di pregio.

E’ stata tolta negli anni scorsi la tassa sulla prima casa anche a chi – con proprietà milionarie e redditi alti – poteva sicuramente permettersi di pagarla e di contribuire così al benessere della collettività.

In Italia nell’ultimo anno sono stati venduti oltre 5mila veicoli di super-lusso, automobili di un valore di almeno 100mila euro. Attualmente, ce ne sono 40mila circolanti. Ci sono poi più di 42mila barche da diporto del valore medio di 150mila euro attraccate nei porti italiani. Fino a 14 metri di lunghezza non si paga più la tassa di possesso sulle unità di diporto, che possono valere decine di migliaia di euro, privilegio di esenzione che non ha chi ha una utilitaria di proprietà che vale poche migliaia di euro.

In Italia la crescita della ricchezza si accompagna alla sua esibizione e alla sua “secessione” dal resto della società.

I ricchi non sono più classe dirigente del paese, la loro patria è il mondo globalizzato: l’Italia è solo uno dei luoghi dove poter fare business, salvo poi prendere la residenza a Montecarlo, per pagare meno tasse. I tre italiani più ricchi hanno nella capitale monegasca la loro residenza.

Tassare le grandi ricchezze

Non siamo contro la ricchezza, ma contro la ricchezza concentrata in poche mani e le diseguaglianze da questa alimentate. Non siamo contro il successo economico di chi se lo merita, ma contro i privilegi di pochi sulla pelle di molti, contro profitti e rendite fondate sull’affarismo opaco, sullo sfruttamento dei beni pubblici, sull’evasione fiscale e l’illegalità.

Le diseguaglianze sono un male sociale, un’ingiustizia, una mina alla coesione e alla buona economia. L’eccesso di ricchezza in pochi è solo sintomo di cattiva economia.

Ecco perché tassare in modo equo i redditi e i patrimoni più elevati oltre ad essere giusto è un modo per ridurre le disuguaglianze, per far funzionare meglio l’economia e lo Stato e per rafforzare i servizi collettivi, il welfare, i benefici alla comunità. E’ un modo per rispettare il principio di progressività fiscale e quello della solidarietà degli articoli 53 e 3 della nostra Costituzione. Equivale a nutrire quell’ecosistema sociale che poi a sua volta favorisce lo sviluppo della buona impresa e della buona occupazione.

Per questo noi avanziamo 5 proposte specifiche relative a misure di carattere permanente e strutturale.

Queste proposte porterebbero circa 40miliardi in più l’anno (20 miliardi con la patrimoniale e circa 20miliardi con le altre misure) nelle casse dello Stato, da destinare alla riduzione delle tasse per i redditi sotto i 20mila euro, al rafforzamento del welfare (istruzione, sanità, ecc.) e per sostenere il welfare ( sanità, istruzione, servizi sociali) e per rafforzare la destinazione all’INPS di risorse per far fronte alle future e maggiori esigenze previdenziali per i trattamenti pensionistici degli attuali nuove generazioni, che arrivano tardi al mercato del lavoro e spesso con occupazioni precarie e intermittenti, tali da non garantire un trattamento pensionistico dignitoso.

LOTTA ALL’EVASIONE FISCALE TASSAZIONE EXTRA PROFITTI

Ma prima di queste due proposte specifiche e permanenti noi abbiamo due emergenze da affrontare subito. La prima: la lotta all’evasione fiscale. Serve una dura e continuativa lotta all’evasione fiscale, attraverso una più stringente limitazione dell’uso del contante, l’incrocio delle banche dati e un rafforzamento del ruolo di controllo ed ispettivo dell’Agenzia delle Entrate. La seconda: un provvedimento straordinario per tassare al 100% gli extraprofitti, che le grandi imprese hanno realizzato nel periodo della pandemia e che stanno realizzando ora sull’emergenza energia e bollette. Con questo provvedimento si potrebbero recuperare ben 42miliardi di euro con cui affrontare il caro-bollette (per le imprese e per le famiglie) e le misure più urgenti per far fronte alla povertà e ai disagi del prossimo inverno.

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LE PROPOSTE

1 TASSAZIONE DELLE RICCHEZZE MILIONARIE

L’imposta patrimoniale esiste in vari paesi europei: Spagna, Norvegia, Francia e Svizzera, ecc.

Anche in Italia esiste già una imposta patrimoniale. O meglio, esistono diverse micro imposte patrimoniali, alcune periodiche (come l’IMU) e altre una tantum (come l’imposta di registro) che portano alle casse dello Stato circa 40 miliardi euro.

Si tratta di razionalizzare in una unica imposta le diverse imposizioni fiscali (una situazione schizofrenica) e di fare in modo che questa sia applicata in modo progressivo, esentando dal suo pagamento i ceti medio- bassi: il 98% degli italiani che hanno un patrimonio inferiore al milione di euro.

Una parte dei ricavi dell’imposta patrimoniale deve essere destinato alla copertura degli oneri previdenziali e sociali (problema particolarmente serio per il futuro con milioni di lavoratori precari e con bassi salari, che rischiano di avere una pensione inferiore al livello di povertà), che non possono pesare unicamente sui redditi dei lavoratori e sugli imprenditori.

Il varo di una imposta patrimoniale sulla ricchezza familiare ha bisogno di alcuni requisiti fondamentali: un’anagrafe patrimoniale, la circolazione delle informazioni tra le diverse banche dati (redditi, catasto, depositi bancari e titoli, ecc., oggi impedita da interpretazioni bizantine delle norme sulla privacy), metodologie accurate (ISEE) per calcolare il patrimonio, da presentare annualmente insieme alla dichiarazione dei redditi. Manca la trasparenza: e quando l’allora ministro delle finanze Visco (nel 2008) provò correttamente a farlo con le dichiarazioni dei redditi rese pubbliche on line, cosa che accade in altri paesi europei, fu immediatamente bloccato.

L’esistenza di una imposta patrimoniale e di successione fa parte della più solida cultura liberale (da Jeremy Bentham a James Mill, da John Stuart Mill a Luigi Einaudi), soppiantata in questi anni dal dogmatismo neoliberista, che ha avuto un unico scopo nell’ultimo trentennio: far risparmiare i ricchi e i privilegiati, tagliare la spesa pubblica, sostituire i diritti con la compassione sociale.

Proponiamo una tassazione progressiva sulla ricchezza familiare (calcolata con l’ISEE) dallo 0,5% (per più di 1milione di patrimonio) al 2% (per chi ha patrimoni superiori ai 500milioni di euro) che potrebbero fare entrare 32,5 miliardi di euro nelle casse dello Stato, fatte salve le imposizioni fiscali una tantum derivanti dall’acquisizione e alienazione di proprietà e dal pagamento dell’IMU per le seconde e terze case, dell’imposta di bollo sul deposito titoli anche sotto il milione di euro di patrimonio.

2 TASSE SULLE RENDITE FINANZIARIE 

Attualmente la tassa flat sulle rendite finanziarie (imposta sui redditi da capitali e plusvalenze) è del 26% e origina un gettito di 3,2 miliardi l’anno.

Esiste un problema generale che riguarda i redditi da capitale e da altre fonti: la loro attuale esclusione dall’imponibile IRPEF, con l’applicazione di un regime fiscale separato, che consente ai beneficiari un sostanziale risparmio rispetto a i redditi da lavoro. La nostra proposta va dunque nella progressiva inclusione (e assoggettamento alle medesime aliquote) di tutti i redditi nell’imponibile IRPEF.

Questa diversa imposizione fiscale ha fino ad oggi alimentato diseguaglianze e privilegi fiscali ai redditi da capitale, favorendo la concentrazione della ricchezza.

La nostra proposta è di cumulare i redditi da capitale a quelli da lavoro, assoggettando entrambi, pertanto, alla dichiarazione IRPEF. Se per tale riforma occorresse tempo di armonizzazione e sistemazione delle norme, in via transitoria, proponiamo di portare la tassazione flat dal 26 al 30%, con un aumento di gettito che sarebbe nell’immediato di 500milioni di euro (3,7miliardi di euro).

3 IMPOSTA DI SUCCESSIONE PROGRESSIVA

Le successioni milionarie quasi per nulla tassate sono uno dei principali ostacoli alla mobilità sociale. Le grandi eredità falsano i risultati in partenza: sono una delle principali cause delle diseguaglianze. I patrimoni ereditati sono alla fonte di una divaricazione crescente, abnorme, tra l’1% dei ricchi e il rimanente 99%. Ricordiamo che – in Italia – più dell’80% della ricchezza ereditata si concentra nel quinto più ricco (20%) della popolazione. Da una imposta di successione simbolica, come quella in Italia, i poveri, la classe lavoratrice e il ceto medio non traggono alcun vantaggio. Chi ci guadagna sono i più ricchi. Quello che viene passato come un vantaggio per tutti, lo è solo per pochissimi. Questo è contrario ai principi di solidarietà (art.3) e di progressività fiscale (art.53) della nostra Costituzione. In 30 anni il valore della ricchezza trasmessa per eredità è aumentato di circa il 90%, mentre il suo valore sulle entrate tributarie è passato da un già misero 0,15% allo 0,05%. I valori dell’asse ereditario, trasmessi, oscillano annualmente tra i 65 e i 70miliardi di euro.

Alcune obiezioni ad un’alta imposizione fiscale (e quella che qui proponiamo non è tale: chiediamo solo un adeguamento di una imposta scandalosamente bassa) sulle successioni si fondano sulla impossibilità degli eredi non benestanti di provvedere al loro pagamento. Non sembrano argomentazioni plausibili, considerando che a simili patrimoni corrispondono quasi sempre capacità adeguate di generazione di reddito e che sono previste diverse forme di esenzione per i casi limite. Ricordiamo, ad esempio, che per l’eredità delle attività di imprese dai genitori già la legge prevede una sostanziale esenzione qualora per almeno 5 anni gli eredi continuino a portare avanti l’attività imprenditoriale dei loro genitori. Vi sono, poi, altre esenzioni: nulla si paga al momento della successione per titoli, di stato, buoni postali, pensioni complementari, assicurazioni vita, veicoli e altri beni durevoli (che rappresentano la non piccola percentuale dell’8% dell’eredità ricevuta), ecc. Per il resto dei casi (da comprovare e documentare), sarebbe sufficiente una semplice rateizzazione su più anni del pagamento.

L’imposta di successione in Italia ha franchigie altissime (1milione di euro per ciascun erede in linea diretta – coniuge e figli) e aliquote bassissime del 4% (eredi in linea diretta), 6% (eredi di secondo grado) e 8% (altri) sopra la franchigia. Noi proponiamo un’imposta di successione progressiva sulle grandi ricchezze, innanzitutto portando la franchigia ad 1milione di euro, indipendentemente dal numero di eredi in linea diretta, e di raddoppiare le attuali aliquote di base: dal 4 all’8%, dal 6 al 12% e dall’8 al 16%.

Proponiamo altresì tre scaglioni per la successione che fissiamo a 10, 50 e 100 milioni di euro con aliquote crescenti per gli importi superiori ai 100milioni di euro (40% per gli eredi in linea diretta, 60% per fratelli e sorelle e il 75% per gli altri).

In questo modo si passerebbe dall’attuale gettito di 831milioni di euro (che arriva a 1,9 miliardi con le varie imposte di registro e sulle ipoteche) a circa 6,8 miliardi. In ogni caso la stragrande maggioranza delle successioni piccole e medie sarebbe così esente, ma non quella delle grandi ricchezze.

4 TASSAZIONE PROGRESSIVA DEI REDDITI

Secondo gli ultimi dati disponibili (dichiarazioni 2021 sul 2020: Agenzia delle Entrate), i redditi in Italia assommano a 865miliardi di cui 459 da lavoro dipendente/pensione. Il resto è dato da redditi di altro genere: redditi da proprietà fondiarie, da partecipazione, da attività economiche d’impresa, ecc. I contribuenti italiani sono circa 41,2milioni. Di questi, 675mila (1,64%) hanno redditi superiori ai 100mila euro, mentre il resto (40milioni e 525mila, il 98,36%) ha redditi inferiori ai 100mila euro.

Secondo il Rapporto INPS del 2019 per i redditi solo da lavoro i top earners (coloro che hanno un reddito cinque volte superiore alla mediana) sarebbero in Italia oltre 253mila, di cui più di 53mila professionisti, 23mila collaboratori (prevalentemente imprenditori o manager che percepiscono i loro emolumenti in questo modo), più di 126mila dipendenti privati, 47mila dipendenti pubblici.

Le aliquote negli ultimi 30 anni si sono incredibilmente schiacciate, a favore dei ricchi. Nel 1974 a chi guadagnava più di 500milioni di lire (circa 250mila euro) si applicava un’aliquota massima del 72% (la riforma tributaria del 1973: allora erano Presidente del Consiglio Mariano Rumor e ministro delle Finanze Emilio Colombo), oggi a chi guadagna 250mila euro, si applica un’aliquota massima del 43%. Le aliquote si sono schiacciate e ridotte (per i ricchi, ed è un fenomeno avvenuto in tutto il mondo), ma si sono

modificati radicalmente anche i meccanismi di produzione della ricchezza (patrimonio, rendite, attività finanziarie, ecc.), che spesso sfugge al fisco. Ed è qui che bisogna intervenire con le misure prospettate in altra parte del documento.

Non di meno è inaccettabile, iniqua, ingiusta la sostanziale erosione del principio costituzionale di progressività avvenuto in questi anni per i redditi.

Fino ad oggi sopra i 75mila euro di reddito si applica l’aliquota del 43%. La legge di bilancio 2022 e la successiva legge delega fiscale hanno riordinato l’IRPEF in 4 scaglioni (23% fino a 15mila euro, 25% tra 15 e 28mila euro, 35% tra 28 e 50mila euro, 43% sopra i 50mila euro).

Noi proponiamo tre scaglioni aggiuntivi (con aliquote più alte) per i redditi che superano di almeno 5 volte il reddito medio dichiarato in sede IRPEF. Lasciando il 43% tra 75 e 100mila, introducendo tra i 100 e i 200mila euro un’aliquota del 50%, tra i 200 e i 300mila del 55% e sopra i 300mila del 60%. In questo modo si originerebbe un gettito maggiore di 7,1 miliardi di euro.

Le risorse così prodotte sarebbero finalizzate alla riduzione delle tasse per i redditi inferiori ai 21mila euro.

5 TASSARE GLI SPECULATORI DELLA FINANZA

Il Governo Monti ha introdotto nel 2012 una misura denominata “tassa sulle transazioni finanziarie” (Ttf), che appare però lontanissima dalla proposta avanzata dalle reti europee e discussa tra 10 Paesi dell’Unione Europea sotto la procedura di cooperazione rafforzata. Nonché dalle idee del Premio Nobel James Tobin che per primo la teorizzò, ormai cinquanta anni fa (e per questo si parla spesso di Tobin Tax), allo scopo di frenare le attività speculative nel cambio delle valute all’indomani dell’abbandono degli accordi di Bretton Woods.

Proponiamo una radicale revisione della tassazione sulle transazioni finanziarie attualmente in vigore in Italia, allargandone il campo di applicazione.

La versione italiana vigente si applica solo ad alcune azioni e alcuni derivati sulle azioni e, nel caso azionario, solo ai saldi di fine giornata, non alle singole operazioni. Non si tassano gli strumenti più speculativi e non si disincentiva il regime di negoziazione ad alta frequenza, cioè il più dannoso. In termini di gettito, nella versione attuale la misura genera circa 500 milioni di euro l’anno. A giugno 2016 la Commissione Europea ha stimato che una Ttf che rispecchi l’avanzamento dei negoziati potrebbe generare per l’Italia un gettito di 4,2 miliardi di euro. Adottando tale stima della Commissione e sottraendole i circa 500 milioni dell’attuale Ttf nazionale che cesserebbe di essere applicata, si arriva a un extra gettito di 3,7 miliardi annui.

Ma, va ricordato, il valore di una “vera” Tobin Tax sarebbe meno nel gettito in sé e soprattutto nel disincentivo che genererebbe per le operazioni di speculazione pura, spesso compiute da pochi grandi operatori, per grandi masse di denaro e per frazioni di secondo, le quali hanno il solo effetto di arricchire pochissimi soggetti, spostare le attenzioni della finanza lontano dall’economia reale, creare instabilità nei mercati a danno delle imprese e degli Stati nazionali che devono finanziarsi per investimenti e attività produttive.

Appendice 

La ricchezza patrimoniale degli italiani e la simulazione di aliquote progressive sopra il milione di euro

I dati sulla ripartizione della ricchezza patrimoniale degli italiani è ricavata dal Global Wealth Report (2022) curato ogni anno dai ricercatori di Credit Suisse. Si tratta della ricchezza media per adulto. Non sembrano essere disponibili dati sulla ricchezza familiare, se non quelli forniti dall’ultimo rapporto Banca d’Italia-Istat (2019) sulla ricchezza delle famiglie italiane: l’indagine però è effettuata su un campione limitato e non fornisce informazioni sulla ripartizione (come per Credit Suisse) della ricchezza tra i cittadini e sulla fascia di ricchezza (dell’1%) presa da noi in esame. Nonostante l’obiettivo sia quello di una tassazione della ricchezza familiare (da realizzare grazie all’anagrafe patrimoniale e all’ISEE), non siamo in grado di effettuare questa stima per mancanza di dati, stima che si declina qui sulla ricchezza individuale, con poche differenze sostanziali, secondo noi. Inoltre va ricordato che i valori di Credit Suisse sono in dollari, da noi trasposti e approssimati all’euro, con poche differenze di sostanza anche in questo caso. Per quanto riguarda le stime effettuate sono da intendersi sui valori mediani degli intervalli presi in esame.

Va ricordato che l’esenzione dell’imposta patrimoniale sotto il milione di euro conferma di fatto – sopra quella soglia – il pagamento dell’imposta sulla prima casa, mentre rimangono in vigore, sotto il milione di euro di patrimoni, alcune imposte esistenti come l’IMU (ricorrente) e l’imposta di registro (una tantum).

Ricchezza

Unità 

Aliquota

Gettito (mln)

Da 1 a 5 milioni

1364180

0,5 %

17,052

Da 5 a 10 milioni

61245

0,8 %

3,674

Da 10 a 50 milioni

27702

0,9 %

6,232

Da 50 a 100 milioni

1424

1,2 %

1,281

Da 100 a 500 milioni

629

1,5 %

2,358

Sopra i 500 milioni

94

2.0%

1,880

 

 

 

32,477

Ripartizione dei redditi più alti e simulazione sulle proposte di nuova tassazione

I dati qui utilizzati sono ricavati dalle Statistiche fiscali dell’Agenzia delle Entrate sull’IRPEF, relativamente alle dichiarazioni IRPEF del 2021 sul 2020. Le stime sono per approssimazione, non avendo a disposizione dati più stringenti su tutta una serie di variabili (come detrazioni, esenzioni, cumuli, ecc.) di cui non siamo in possesso e non si è a conoscenza. La maggior parte dei redditi è da lavoro dipendente e quindi non si giustifica il timore di atteggiamenti opportunistici, illeciti e elusivi che non potrebbero -in presenza di un rapporto di lavoro subordinato- oggettivamente darsi.

 

Scaglioni   

Contribuenti 

% sui contribuenti

Aliquota

Maggior gettito (mln)

Da 100 a 200mila

547960

1,33%

50,00%

3,835

Da 200 a 300mila

74160

0,18%

55,00%

1,409

Oltre 300mila

53560

0,13%

60,00%

1,928

 

 

 

 

7,172

Imposta di successione: proposta

Franchigia di 1milione (complessivo, non per erede) di euro

 

linea diretta

fratelli e sorelle 

altri

Da 1 a 10 milioni

8%

12%

16%

da 10 a 50 milioni

15%

20%

26%

da 50 a 100 milioni

30%

40%

50%

Sopra i 100 milioni

40%

60%

75%

Le stime sul gettito vanno prese con beneficio di inventario, non essendo disponibile un’informazione che – attraverso una classificazione per importi – incroci il numero di beneficiari con l’eredità ricevuta. Esistono solo dati generali

Tax the Rich: le entrate

I dati qui esposti sono ovviamente per approssimazione. In particolare, per l’imposta patrimoniale, qui non sono inserite le entrate che in ogni caso si realizzerebbero con l’IMU e le imposte una tantum (come quella sul registro o sui depositi-conto titoli) che comunque si realizzerebbero anche per i patrimoni inferiori al milione di euro. Una stima plausibile, sulla base dei dati del gettito attuale (40 miliardi di euro) la fa oscillare tra i 25 e i 30 miliardi di euro in più come gettito.

Imposta patrimoniale

32,477

Imposta di successione

6,800

Progressività fiscale

7,172

Tassazione rendite finanziarie

500

Tassa transazioni finanziarie

3,700

Tassazione extra profitti

42,000

Totale

92,649

in miliardi di euro

 

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