Stati Uniti, Giappone, Cina, Gran Bretagna, Germania e altri paesi stanno stanziando somme enormi contro la crisi. Ma i conti difficilmente torneranno
Archivio | Mondo
Da Parigi a Pechino. E ritorno
Un’auto ogni 8 persone al mondo, finirà per consumare tutto il territorio; un’auto ogni 1,6 abitanti, in Italia, lo ha già consumato. Adesso l’industria dell’auto ha bisogno degli stati. Ma di quale industria dell’auto abbiamo bisogno noi? E dove sarà localizzata?
Le bische dove si gioca con i soldi degli altri
La rapida ascesa e la repentina caduta degli hedge fund e dei fondi di private equity. Come sono entrati in crisi, cosa possiamo farne adesso
Standard & co., le grande declassate
Lehman Brothers, fino al giorno prima, aveva un’ottima “A”. Fannie Mae e Freddie Mac ne avevano addirittura tre. E prima ancora c’era stato l’ottimo voto per Enron. Ma l’oligopolio che dà le pagelle mondiali – Standard&Poor’s, Moody’s e Fitch – ancora è lì. Impunito
Sindrome cinese per il piano Obama
Il buy american, le accuse allo yuan. Gli Usa stanno per dichiarare la guerra economica al mondo? E bloccare il made in China servirebbe davvero?
Obama, primi passi e grandi attese
Atti simbolici e annunci concreti hanno segnato le prime 100 ore di Obama. Ma dove andrà adesso l’America? Materiali da un convegno dell’università di Padova
Trasformare in verdi i colletti blu
La politica e l’industria degli Stati Uniti si preparano a una svolta ambientale. Sarò pronta la società americana a raccogliere la sfida?
Stati Uniti, una crisi senza confini
Le analogie con la crisi giapponese degli anni ’90, le tentazioni della strada svedese: nazionalizzazione delle banche. Mentre Obama già è a corto di risorse
Sicuri e flessibili? La Danimarca è lontana
Un mercato del lavoro fortemente segmentato impedisce di avere insieme sicurezza e flessibilità. Ecco perché il modello della “flexicurity” non è importabile in Italia
La crisi Usa vista dalla Cina
All’origine dei guai attuali c’è anche lo squilibrio profondo tra i paesi in deficit e quelli in surplus commerciale e finanziario. Si rivedono protezionismo e nazionalismo. Ma il “buy american” non è una soluzione. Soprattutto quando a comprare americano sono i cinesi, principali sottoscrittori del debito Usa