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Riforma delle banche: qualcosa si muove?

Le proposte in campo sulla ristrutturazione del mondo bancario potrebbero regolare la finanza selvaggia. Ma il timore è che i governi frenino

“…mai nel settore finanziario in così pochi hanno dovuto così tanto denaro a così tanti… e, per il momento, con quasi nessuna riforma… ” (Mervyn King)

“…una banca deve fare credito all’economia, raccogliere dei depositi, gestire dei conti. Le altre attività sono parassitarie…” (J. P. Pollin, in Gatinois, Roche, 2009)

Premessa

Uno dei punti di forza dell’economia capitalistica è rappresentato, come è noto, dalla sua grande flessibilità di funzionamento e da una rilevantissima capacità di adattamento alle circostanze; questo appare un aspetto molto importante della sua indubitabile resistenza al mutare degli eventi e della sua potenzialità a svilupparsi nel tempo. Meraviglia quindi che, di fronte alle palesi difficoltà di andare avanti e alle contraddizioni manifestatesi con la crisi, l’opposizione a quelli che appaiono i profondi mutamenti necessari per poter continuare in maniera adeguata il cammino interrotto si sia mostrata alla luce del giorno in maniera così netta.

In particolare, il settore finanziario ha bisogno di grandi trasformazioni perché l’economia e la stessa finanza riprendano a muoversi in maniera sicura, almeno per un po’ di tempo. In un precedente articolo apparso su questo stesso sito, in data 21 settembre, elencavamo tutte le principali possibili misure che erano state pensate a tale proposito da un numeroso gruppo di studiosi ed operatori di vari paesi, mentre in un successivo intervento, in data 12 ottobre, registravamo alcuni sviluppi del dibattito. Ma la gran parte dei gruppi dirigenti del settore ha mostrato sino ad oggi una scarsissima volontà di cambiare ed è anzi riuscita a frenare qualsiasi tentativo di riforma –tramite in particolare una feroce attività di lobbying nei confronti del mondo politico, per la quale nei soli primi sei mesi del 2009 il settore ha speso 224 milioni di dollari (Associated Press, 2009)-, tanto che molti, ed anche chi scrive, si erano convinti che probabilmente nulla sarebbe cambiato e che si sarebbe tranquillamente tornati, con il benestare dei politici, all’allegra gestione di prima, almeno sino alla prossima crisi.

Ma negli ultimi tempi sembra che qualcosa, forse, si cominci a muovere sul serio ed in questo scritto segnaliamo le principali proposte che stanno cercando di farsi strada almeno sul fronte delle banche.

Il dibattito tra gli esperti

Come segnalano le ultime analisi disponibili (Saft, 2009), il settore bancario, in Europa come negli Stati Uniti, continua a tenere stretti i cordoni della borsa per quanto riguarda i prestiti sia alle imprese che ai privati. Intanto comunque, qualche settimana fa, è stato lanciato un sasso nelle acque stagnati delle discussioni sulle possibili riforme e dei dibattiti politici finti sul tema; i colpevoli di tale atto sono due figure tra le più reputate nel mondo della finanza anglosassone, Mervyn King, governatore della Banca d’Inghilterra e Paul Volckler, già presidente della FED dal 1979 al 1987 e attualmente consigliere economico della Casa Bianca. I loro interventi hanno avuto il potere di aprire delle brecce nel muro di consenso che l’establishment politico, in particolare negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, aveva costruito intorno al circolo dei banchieri (Johnson, 2009).

Ambedue le persone, con significativa coincidenza di idee, hanno giudicato come sia indispensabile, per riportare le banche a più sani propositi di normale gestione, ritornare ad una divisione netta tra le attività di raccolta di depositi e di prestiti ai privati e alle imprese da una parte e quelle di trading e di speculazione in proprio ad alto rischio dall’altra, secondo lo schema noto come quello del narrow banking; ci si rifà, nella sostanza, alla situazione che prevaleva negli Stati Uniti prima dell’abbandono – sotto la gestione Clinton e con il supporto dell’allora responsabile del tesoro, L. Summers, oggi il principale consigliere economico della casa Bianca- del precedente Glass-Steagall Act. Naturalmente, solo le narrow bank sarebbero regolate e garantite dal settore pubblico, mentre le altre attività, sia pure ponendo alcuni paletti, sarebbero lasciate alla disciplina del mercato.

Le banche hanno l’obiettivo di servire il pubblico, ha affermato in particolare Volckler, ed esse si devono concentrare su tale attività. La proposta accennata comporterebbe ovviamente anche la riduzione delle dimensioni delle banche too big to fail (TBTF) e impedirebbere che se ne creassero di nuove. Alcuni hanno sottoscritto all’idea; così, J, Kay (Kay, 2009, a), già tra i primi a indicare la rotta su questo fronte (Kay, 2009, b), ha affermato “…alcuni credono che i maiali possano volare; il governatore della Banca d’Inghilterra …ha mostrato che essi non lo possono fare…”. Anche N. Roubini ha aderito con decisione alla proposta.

Ma il progetto, al di là del sostegno di alcuni studiosi, è stata sostanzialmente respinta sul piano politico e si è comunque prestata ad obiezioni sul piano tecnico. Così, per quanto riguarda il primo fronte, in Gran Bretagna Gordon Brown, il primo ministro, e Alistair Darling, il cancelliere dello scacchiere, hanno immediatamente manifestato la loro opposizione allo schema. Il responsabile del tesoro Usa, Tim Geithner, ha avuto anch’egli una reazione simile. Nella sostanza i due governi, il gruppo del G-20, il comitato di Basilea preferiscono, in via alternativa, la meno drastica misura di alzare il livello dei mezzi propri delle banche.

Per quanto riguarda i dubbi sul piano tecnico, intanto sembra impossibile, a detta di molti, tirare una linea di confine netta tra la banca al servizio dell’economia e quella di tipo casinò. Perché prestare alle famiglie e alle imprese sarebbe una cosa buona e cartolarizzare tali prestiti no? Come distinguere tra operazioni di copertura dai rischi e operazioni di speculazione? Si sottolinea inoltre che, con la crisi in atto, sono entrati in difficoltà anche degli istituti che nella sostanza erano delle narrow bank, come la britannica Northern Rock. Il modello di banca universale, per alcuni, rappresenterebbe un punto di forza; mettendo insieme due mestieri differenti, quelli di banca commerciale e di banca di investimento, si registrerebbero delle sinergie importanti e una attività supporterebbe nel tempo l’altra. Inoltre, si offrirebbe ai clienti una gamma di servizi più completa. L’attività di banca d’investimento, peraltro, sempre secondo tali critici, non dovrebbe essere necessariamente votata alla pura speculazione.

A nostro parere, peraltro, molte di queste obiezioni si potrebbero superare, ma bisogna ricordare che, sulla base anche delle presunte debolezze del progetto King-Volckler, è stata messa a punto una proposta alternativa, apparentemente anch’essa potenzialmente abbastanza rigorosa; tale progetto è quello avanzato, ad esempio, da M. El-Erian (El-Herian, 2009) e, con accenti sostanzialmente simili, da M. Wolf (Wolf, 2009).

Le proposte specifiche di El-Erian puntano in ogni caso verso regole molto più stringenti di prima nei confronti delle banche; in particolare si propongono contemporaneamente cinque tipi di misure:1) il livello di capitale degli istituti deve essere – e molto, aggiunge Wolf- aumentato; 2) in particolare, bisognerebbe pensare a misure anticicliche, con la previsione di livelli di capitale più alti nei tempi buoni, per costituire dei cuscinetti per i tempi cattivi; 3) la regolamentazione prudenziale delle banche deve essere integrata da una migliore protezione dei consumatori; 4) le istituzioni più grandi dovrebbero essere soggette ad un livello ulteriore di regolamentazione prudenziale; 5) devono essere previsti dei migliori meccanismi di liquidazione per le banche che vanno in crisi.

Wolf aggiunge alla lista anche la necessità di proibire le attività bancarie fuori bilancio e quella, di carattere più generale, di cessare di favorire il finanziamento a debito in tutta l’economia.

Cosa sta succedendo a livello politico

Intanto la politica appare molto più indietro. Lasciamo da parte i progetti di riforma complessiva del settore bancario avanzate dalle autorità pubbliche delle due aree e di cui la stampa ha già parlato qualche mese fa e concentriamoci sugli sviluppi delle ultime settimane. A tale proposito, le novità più recenti, in Europa e negli Stati Uniti, sono sostanzialmente due.

In Europa non sono stati i governi, ma il commissario alla concorrenza dell’Unione, N. Kroes, ad imporre alle grandi banche che hanno ottenuto dei rilevanti aiuti pubblici, in particolare alle britanniche RBS e Lloyd’s e alla olandese ING, di ridurre le loro dimensioni in media del 40%; qualche mese fa l’intervento aveva già riguardato in qualche modo le tedesche Commerzbank e WestLB, mentre prossimamente dovrebbe essere il turno anche alla belga Dexia e della tedesca Hypo Real Estate.

Il provvedimento della Kroes appare ben lungi, comunque, dall’essere perfetto; così, un problema importante risiede nel fatto che, nella sua pura logica liberista, esso non impone alle banche di ridimensionare le attività più problematiche e rischiose, ma semplicemente di rimpicciolirsi; così, almeno in alcuni di questi casi, le banche coinvolte cederanno ad altri attori delle attività poco rischiose e che generano magari dei profitti, mantenendo invece quelle più a rischio (The Economist, 2009).

Negli Stati Uniti la novità più recente appare quella rappresentata da un progetto di ristrutturazione del sistema finanziario messo a punto dal presidente del comitato bancario del Senato, C. J. Dodd, progetto che innova in misura rilevante rispetto a quello già proposto a suo tempo dal governo; sono inoltre da ricordare anche delle proposte avanzate da alcuni altri membri dello stesso Senato.

In particolare, il testo del progetto Dodd prevede (Labaton, 2009; Masters, Braithwaite, O’Connor, 2009) che le quattro agenzie che attualmente controllano il settore bancario siano ridotte ad una sola, contro le tre previste nella proposta del governo. Tale schema, tra l’altro, ridimensionerebbe fortemente la possibilità di intervento della Banca Centrale, che invece nel progetto del governo sarebbe centrale, mentre accrescerebbe invece lo status della SEC. La bozza prevederebbe inoltre, come nel progetto governativo, la regolazione del rischio sistemico attraverso la creazione di un’altra agenzia, di nuovo con un ruolo subordinato per la FED, nonché una ulteriore entità per la protezione del consumatore. Non sono trascurati altri interventi, in generale a nostro parere abbastanza blandi, per quanto riguarda i derivati, gli hedge fund, le agenzie di credit rating. Per quanto riguarda le banche too big to fail, sono previsti più stretti livelli di capitale e di liquidità.

Ma si può osservare che l’architettura dei controlli è secondaria rispetto alla sostanza delle cose; il punto più importante rispetto ai vari progetti sarà quello di capire i poteri effettivi dei vari organismi, le risorse che essi avranno a disposizione, la forza del sistema sanzionatorio, la qualità del personale dell’agenzia, il livello di supporto politico.

Nel frattempo, comunque, il senatore indipendente B. Sanders (Rithholtz, 2009), quello democratico E. Perlmutter e quello repubblicano E. Kaniorsky (Scheiber, 2009) hanno presentato, ognuno dei tre in via separata, delle proposte che, sulla linea degli interventi di Kyng e di Volckler sopra citati, chiedono, sia pure in forme un po’ varie, la separazione in due del sistema bancario statunitense.

Naturalmente ci si dovrà poi confrontare con il progetto che uscirà fuori dalla Camera e che per molti aspetti si presenta come molto differente da quello del Senato; su di esso, comunque, non ci intratteniamo per mancanza di spazio e per il suo minore interesse.

Conclusioni

Le due proposte sulla ristrutturazione del mondo bancario, quella King-Volckler e quella El-Erian- Wolf, se portate avanti con decisione, appaiono potenzialmente, nella sostanza, ambedue in grado di raggiungere importanti risultati nella lotta alla finanza selvaggia. Temiamo invece che i governi, pur costretti ormai a intervenire più di quello che pensavano di fare sino a qualche settimana fa, si fermeranno inesorabilmente al di qua di quanto sarebbe necessario; comunque pensiamo che alla fine, tra tanti progetti, si delineerà una soluzione pasticciata.

Anche per quanto riguarda il nuovo sistema di supervisione del sistema finanziario statunitense stimiamo che i vari progetti in essere troveranno probabilmente un punto di incontro abbastanza poco adeguato alle necessità.

Anche se sembra di intravedere una grande confusione di idee, di obiettivi, di proposte operative, la situazione appare comunque in movimento rispetto soltanto a qualche settimana fa. Alcuni argomenti continuano ad essere tabù, quale quello di una possibile ordinata nazionalizzazione del sistema bancario di base, la messa a punto di nuovi rapporti tra l’operare delle banche centrali e i governi, nonché le necessarie modalità di superamento, almeno su alcuni fronti, della sovranità nazionale, mirando ad un assetto nuovo del sistema finanziario internazionale che tenga anche conto delle ragioni dei più deboli.

Staremo molto attenti agli sviluppi delle cose nelle prossime settimane, perché appare plausibile che le decisioni che verranno prese condizioneranno in maniera molto rilevante le prospettive dell’economia e della finanza nei prossimi anni, almeno in Occidente.

Testi citati nell’articolo

-Associated Press, Lobbyists influence financial reform, www.nyt.com, 17 ottobre 2009

– El-Erian M., The two-stage de-risking of banks, www.ft.com, 22 ottobre 2009

– Gatinois C., Roche M., Faut-il interdire aux banques de speculer ?, www.lemonde.fr, 29 ottobre 2009

– Johnson S., The consensus on big banks is beginning to crack, www.tnr.com, 21 ottobre 2009

– Kay J., “Too big to fail” is too dumb an idea to keep, www.ft.com, 27 ottobre 2009, a

– Kay J., Narrow banking, www.csfi.org.uk, 2009, b

– Labaton S., Senate plan would expand regulation of risky lending, www.nyt.com, 11 novembre 2009

– Masters B., Brathwaite T., O’Connor S., Senator plan radical reform for US banks, www.ft.com, 11 novembre 2009

– Saft J., Banks show no signs of easing credit, The New York Times, 13 novembre 2009

– Scheiber N., Today in “too big to fail”: more shrinkage momentum, www.tnr.com, 10 novembre 2009

– Wolf M., Why curbing finance is hard to do, www.ft.com, 22 ottobre 2009

– Ritholtz B., Senate bill would break up TBTF banks, www.rgemonitor.com, 9 novembre 2009

The Economist, The muscles from Bruxelles, 5 novembre 20 9