Le correnti teoriche, gli autori, le opere più importanti della galassia della sinistra dopo l’89: nel nuovo libro del filosofo Giorgio Cesarale una cartografia ragionata del pensiero critico contemporaneo che struttura il campo dell’alternativa al capitalismo neoliberale.
Quali le principali linee di sviluppo del pensiero critico a sinistra cresciuto sulle macerie lasciate dal crollo dell’Unione sovietica e dall’affermazione del modello “neo-liberale” di capitalismo su scala globale? Come (ri)pensare la critica degli assetti di potere dominanti nelle società contemporanee e le possibilità di un’alternativa di sistema nelle parallele crisi delle “sinistre” al livello sociale, politico e culturale? Queste le due impegnative questioni in cui si può riassumere la problematica di fondo dell’ultimo lavoro di Giorgio Cesarale, A Sinistra. Il pensiero critico dopo il 1989 (Laterza, 2019). Un libro tremendamente utile innanzitutto per spianare e rendere più facilmente percorribili – anche a un pubblico non specialistico – quei sentieri del pensiero critico tracciati a partire dalla stagione del lungo ’68 in Europa e negli Stati Uniti, e che non hanno smesso di essere battuti oltre il crollo del muro di Berlino.
Se le sinistre in Occidente non hanno ancora fatto del tutto i conti con il “disastro oscuro” che le ha investite negli ultimi 30 anni (dal titolo dell’epitaffio di Badiou per la fine dell’URSS, citato in apertura del testo), le filosofie e teorie critiche emerse da quella oscurità possono ancora accendere potenzialità e prospettive di un’alternativa possibile a una società per nulla pacificata. A patto di gettare luce sulle stesse zone d’ombra e i punti ciechi del pensiero critico contemporaneo. Questo il secondo notevole merito del libro. L’intento di Cesarale non è, infatti, soltanto quello di offrire un’agile guida per orientare il lettore nell’intrico di percorsi e ramificazioni del dibattito teorico contemporaneo a sinistra. La mappatura delle principali correnti del pensiero critico attuale serve a mostrarne, più profondamente, le traiettorie comuni e i territori ancora inesplorati. Per questo vale la pena soffermarsi proprio sui confini tracciati e sulla bussola utilizzata da Cesarale nella cartografia di ciò che ancora si muove a sinistra sul terreno della riflessione filosofica e teorica.
A Sinistra individua cinque problematiche generali del pensiero critico, suddividendo in altrettanti capitoli autori, opere e approcci anche molto diversi fra loro. A ben vedere esse corrispondono a cinque dimensioni della crisi del mondo contemporaneo entro cui si articola la crisi delle sinistre: la questione dell’analisi dei mutamenti e delle crisi del capitalismo internazionale (qui troviamo Wallerstein, Arrighi, Harvey, Brenner, Streeck, Postone, Boltanski e Chiapello); la crisi delle forme e dei criteri di legittimazione della sovranità “nell’epoca neoliberista” (con il pensiero di Agamben, Toni Negri e Wendy Brown); la crisi e le nuove dimensioni della soggettività (Badiou, Žižek e Fredric Jameson sono gli autori discussi); le condizioni e contraddizioni della democrazia (nella riflessione di esponenti del post-althusserismo come Balibar, Rancière e Laclau); e infine la rottura delle forme eurocentriche e tradizionali di soggettivazione attraverso il “pluriverso delle identità” post-coloniali, femministe e queer (con autori come Butler, Fraser, Chakravorty Spivak, Paul Gilroy e Achille Mbembe).
Accanto a figure più note nel dibattito a sinistra, si affiancano così autori poco o per nulla conosciuti in Italia (al di là delle ristrette cerchie accademiche e specialistiche). In questo senso appare particolarmente meritoria l’introduzione all’opera di due storici e teorici del capitalismo contemporaneo come Robert Brenner e Moishe Postone, i cui lavori principali – ancora non tradotti in italiano – costituiscono riferimenti centrali nel dibattito internazionale sulle trasformazioni e crisi del sistema capitalistico. Storico, economista e spesso ascritto alla discutibile etichetta dei “marxisti analitici” anglo-sassoni, Brenner è fra gli interpreti e studiosi più originali dello sviluppo del sistema capitalistico e delle sue crisi. Negli anni ’70 Brenner ha dato vita a un importante dibattito in seno al marxismo contemporaneo sulle origini storiche del capitalismo – con implicazioni immediate sulle sue dinamiche evolutive – che lo ha visto contrapporsi ai protagonisti della teoria del sistema-mondo, in particolare Giovanni Arrighi (i saggi al centro del “Brenner debate” sono stati raccolti nel 2009 nel volume Property and Progress. The Historical Origins and Social Foundations of Self-sustaining Growth). Lo storico ed economista americano ha consegnato la sua teorizzazione dello sviluppo capitalistico e delle condizioni di lungo periodo delle sue crisi nei suoi The Boom and the Bubble: the US in the World Economy (2002) e soprattutto in The Economics of Global Turbolence. The Advanced Capitalist Economies from Long Boom to Long Downturn, 1945-2005 (2006), fra gli studi più rilevanti e organici sulle premesse della crisi finanziaria globale del 2007/08, ancora sostanzialmente ignorato a livello italiano. Ampio spazio viene dedicato da Cesarale a un’altra grande voce pressoché “assente” nel dibattito italiano: si tratta di Moishe Postone, recentemente scomparso nel marzo del 2018, storico e collaboratore negli anni ’70 alla Scuola di Francoforte, autore di un’influente rielaborazione critica della teoria marxiana del lavoro e del ruolo rivoluzionario assegnato teoricamente e storicamente al proletariato, in Time, Labour and Social Domination. A Reinterpretation of Marx’s Critical Theory (1993), anch’essa non disponibile in italiano.
Se A Sinistra si propone quindi di dare la giusta rilevanza anche ad autori fino a questo momento inspiegabilmente marginalizzati o ignorati nel dibattito teorico e politico al di qua delle alpi, dalla prima lettura dell’indice del libro non si può non restare colpiti da alcuni illustri assenti. La rassegna di Cesarale, infatti, esclude deliberatamente i due maggiori esponenti della teoria critica francofortese di seconda generazione, come Jürgen Habermas e Axel Honneth. Una scelta dettata non solo e non tanto per la già notevole ricezione in ambito italiano, ma motivata più profondamente da un giudizio netto sulla traiettoria intellettuale dei due intellettuali della Scuola di Francoforte. Cesarale individua, infatti “nella loro più matura proposta concettuale un affievolirsi dell’impulso critico-negativo”, insieme ad una “ricodificazione meno ‘ambiziosa’ delle contraddizioni in seno al rapporto fra realtà e ragione”, tale da collocarli a metà strada “fra il mainstream e la concettualizzazione dell’alternativa” (A Sinistra, p. 13). Radicalità del momento critico e dell’orizzonte di alternativa al sistema capitalistico dominante si presentano così come misure di base per la delimitazione del campo del pensiero critico contemporaneo secondo Cesarale, in quanto tale lontano dalle opzioni politiche liberal-progressiste e dagli autori che più si sono avvicinati ad esse. Un’esclusione, quella di Habermas e Honneth, che serve quindi a definire ciò che al contrario è stato incluso dall’autore in questo “canone” della teoria critica. In effetti, come vedremo adesso, il tema agambeniano della “esclusione inclusiva” e di un “esterno costitutivo”, formalmente separato dalla realtà sociale in oggetto, eppure in grado di definirne l’ordine interno, rappresenta per Cesarale il filo conduttore del libro.
Secondo l’autore, infatti, la “domanda su come plasmare concretamente e internamente l’ordine, che ha dominato il Novecento sia sul piano economico (meglio il capitalismo o il socialismo?) sia sul piano politico (democrazia liberale o no?)” nel pensiero critico contemporaneo “ha ceduto il passo a una interrogazione che esplora il bordo esterno dell’organizzazione sociale, la separazione da quell’esteriorità che, pur non essendo direttamente implicata nella costruzione dell’ordine, ne rende possibile la stabilizzazione” (A Sinistra, pp. 8-9). Al problema del contenuto dell’ordine sociale si oppone così la domanda sulla stessa condizione di possibilità di un ordine a partire da ciò che si pone al di fuori di esso e ne determina i confini. Così, prosegue Cesarale, la critica del capitalismo negli autori considerati nel primo capitolo è divenuta critica delle condizioni esterne ad esso che lo rendono possibile e che ne rivelano la crisi, come la dipendenza dalla parallela logica di competizione inter-statale (in Wallerstein e Arrighi), dalla sua contraddittoria configurazione spaziale e temporale (Harvey), dalla crescente incompatibilità con gli assetti democratici (Streeck), da un sistema di credenze sociali attraverso cui giustificarsi (lo spirito del capitalismo secondo Boltanski e Chiapello). Ma è in particolare con la riflessione sul potere sovrano, sul soggetto e sulle identità che l’esteriorità costituente viene presentata in maniera convincente come leitmotiv. Dalla riflessione di Agamben sulla fondazione del potere sovrano in base a ciò che ne viene escluso (la “nuda vita” e lo “stato di eccezione” del percorso filosofico inaugurato con Homo sacer), all’esteriorità antagonistica che è allo stesso tempo interna al capitale (la moltitudine in Negri e Hardt), sino alle scissioni della soggettività nella riflessione di Badiou e Žižek, al “populismo” come momento costitutivo della politica in Laclau, alle esclusioni di genere e di matrice razzista alla base di modelli dominanti – patriarcale e coloniale – nel mondo occidentale. Ad essere messa in discussione sul piano politico è quindi la stessa capacità del sistema attuale – definito generalmente come “integrazione funzionale di capitalismo e liberal-democrazia” – di ricostruire quel bilanciamento fra spinte includenti ed escludenti tale da garantire una relativa pacificazione sociale, o almeno il consenso minimo che faccia da premessa alla possibile composizione delle conflittualità fra interessi, gruppi sociali e soggettività.
Come nota Cesarale, per gran parte delle correnti e degli autori considerati l’interrogazione su ciò che è “esterno” all’ordine sociale dato, che lo istituisce e lo mette in crisi, non risulta però finalizzata alla rifondazione di un ordine alternativo, di una riallocazione degli interessi e soggettività compresi nel rapporto di inclusione ed esclusione. “La speranza che accomuna gli autori trattati”, scrive Cesarale “è che, risalendo a questo atto o processo ‘istituente’, si renda evidente la non necessità dell’ordine, la sua contingenza, che investe tutte le odierne relazioni di potere” (p. 10). Questa la tesi forte del libro, che identifica così lo scarto fondamentale che caratterizza il pensiero critico contemporaneo da quello “novecentesco”, mostrandone allo stesso tempo un limite “costitutivo” (per l’appunto). Se tale filo rosso appare forse più problematico da individuare per gli autori della teoria del sistema mondo e per la critica storica, sociologica ed economica del capitalismo da Wallerstein a Boltanski, il cui comune sforzo ci sembra al contrario quello di decifrare le logiche e “necessità dell’ordine” del capitalismo come premessa del suo stesso superamento, esso sembra corrispondere bene all’esito della riflessione “post-modernista” da Agamben a Žižek, fino alla problematica delle soggettività e delle identità plurivoche nelle società contemporanee.
Il rischio comune di tali correnti è appunto che la critica alla necessità dell’ordine attuale si ripieghi in una critica alla possibilità stessa di un ordine, anche alternativo. La rinuncia teorica e insieme politica di ridefinire un ordine, di analizzare nell’esteriorità le condizioni per tracciare un nuovo spazio interno alla realtà sociale, rappresenterebbe in tal senso uno scacco alla stessa possibilità del pensiero critico. Da strumento filosofico e teorico per cambiare il mondo, esso tornerebbe soltanto a interpretarlo, rintanandosi in una dimensione solo etica e individuale, senza possibilità di emancipazione sociale per la collettività. In questo modo, per concludere, Cesarale scorge tra le righe il pericolo di un prossimo e anche più pericoloso “disastro oscuro” per lo stesso pensiero critico: la possibilità di una sua auto-condanna e negazione come risorsa teorica per la ricostruzione delle forze sociali e politiche dell’alternativa. Assolutizzando nella teoria la contingenza e la fuga del singolo dalla “necessità dell’ordine”, un simile pensiero critico rischia di lasciare premere e stringere le catene di un ordine – quello capitalistico – che nella realtà non incontra più alcun altro “ordine” a lui alternativo. Anche per metterci in guardia da questo, A Sinistra mostra i rischi e le sfide aperte di un pensiero critico per il futuro.
Giorgio Cesarale, A Sinistra. Il pensiero critico dopo il 1989, Laterza 2019, pp. 224, € 19