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Prima di tutto la pace

In Ucraina una parte consistente dell’opinione pubblica non russa è a favore dell’Ue e della Nato. Il principio di autodeterminazione e sovranità vale anche per loro (e per i curdi e per i palestinesi). Ma come reagirebbero gli Usa se il Messico volesse un’alleanza militare con Mosca?L’indipendenza e l’integrità dei confini dell’Ucraina si difendono solo […]

I venti di guerra in Ucraina stanno soffiando fortissimo in questi giorni e investono il continente europeo e l’intero pianeta. Una crisi locale si può trasformare in un conflitto globale, con rischi incalcolabili. 

Le ragioni di questa crisi sono molteplici. Gli Stati Uniti volendo portare la Nato ai confini con la Russia hanno alimentato e foraggiato i nazionalisti ucraini incoraggiandoli verso una scelta provocatoria e scellerata. Come reagirebbero gli Stati Uniti se il Canada o il Messico volessero entrare in un’alleanza militare diretta da Mosca? Sappiamo cosa hanno combinato nel secondo dopoguerra gli Stati Uniti nel loro “cortile di casa”, rischiando di scatenare una crisi mondiale ai tempi della crisi dei missili a Cuba. E non sarebbero più teneri con un paese ai loro confini se finisse sotto l’orbita di Putin.

Quest’ultimo reagisce con la logica (appannata) da super-potenza. Non tollera paesi non amici ai suoi confini. Già quattro paesi confinanti con Mosca fanno parte della Nato e con l’adesione della Ucraina, la Russia sarebbe di fatto accerchiata dagli Stati Uniti e dai suoi alleati. Non ci vuole un genio della realpolitik per capire che per Putin è una situazione inaccettabile. In più in Ucraina il 18% della popolazione è di lingua russa e in quel paese domina la chiesa ortodossa. L’Ucraina è uno snodo fondamentale verso l’Europa e il Mar Nero.

Ci sono poi altri nodi reali. Lasciando da parte i nazionalisti d’operetta, burattini dei servizi segreti occidentali, in Ucraina una parte consistente dell’opinione pubblica (ucraina) di quel paese è a favore dell’Unione europea e della Nato. E bisogna farci i conti: il principio di autodeterminazione e sovranità vale anche per loro (e per i curdi e per i palestinesi, potremmo aggiungere). L’indipendenza e l’integrità dei confini dell’Ucraina vanno dunque difesi. Però nelle regioni confinanti vivono tra l’80% e il 90% di russi e nella regione di Kiev i russi sono il 25%. In questo contesto ogni scelta unilaterale anti-russa non può che alimentare, prima di una guerra globale, una guerra civile interna. Putin ha tutto l’interesse a soffiare sul fuoco (minacciando o realizzando un intervento nelle zone confinanti con la Russia, atto gravissimo e criminale) e a utilizzare l’Ucraina come pedina della sua strategia imperiale che passa sopra i diritti umani e la democrazia.

E allora, che fare ? Prima di tutto la pace, senza la quale nessuna soluzione è possibile. Bisogna ripartire dagli accordi di Minsk II, che garantivano l’autogoverno delle regioni del Donetsk e del Lugansk e una riforma costituzionale a tutela della minoranza russa. In secondo luogo la prospettiva non può che essere una soluzione che ha come obiettivo la pace: una Ucraina neutrale in cambio della garanzia della non ingerenza russa negli affari interni del paese di Kiev. Se questa è stata la soluzione per la Finlandia (mai entrata nella Nato) durante la guerra fredda, perché non può esserlo anche per l’Ucraina ora ? Questa sarebbe l’arma migliore per smontare il nazionalismo aggressivo di Putin, il suo ammassare truppe ai confini, e togliere ogni alibi alla sua protervia. Sconfiggere Putin è l’obiettivo di tutti i democratici, prima di tutto di quelli russi. Ma dargli il pretesto per iniziare una guerra è una mossa sbagliata, oltre che drammatica.