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Ponte sullo Stretto o ponte per le Europee?

Il governo spinge sull’acceleratore per il Ponte di Messina, per poter posare in pompa magna la prima pietra (simbolica) prima dell’8 e 9 giugno. Entro il 13 aprile associazioni della società civile sono chiamate a presentare le loro osservazioni. E lo faranno, ricorrendo in tutte le sedi contro un’opera dannosa.

Non è stata ancora fatta una stima credibile dei costi del ponte sullo Stretto di Messina, manca quindi un piano economico-finanziario che dimostri la redditività dell’opera, ma il governo vuole andare avanti a tappe forzate in vista delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno, avendo ulteriormente incrementato, con questa scelta scellerata, il nostro enorme debito pubblico (145% del PIL).

Il governo procede come un caterpillar, mentre lo stesso comitato scientifico della concessionaria pubblica Stretto di Messina SpA solleva dubbi fondati sulla stabilità dell’impalcato (stradale e ferroviario) del ponte, che si dovrebbe costruire in una delle aree a più elevato rischio sismico del Mediterraneo, nota per le impetuose turbolenze dei venti.

Restano, quindi, ancora irrisolti problemi strutturali decisivi che incidono sui costi di realizzazione e il governo decide di giocare al tavolo verde il nostro futuro, stanziando, dal 2024 al 2032, ben 11,6 miliardi di euro – 1,6 miliardi dei quali sottratti dai Fondi per lo sviluppo e la Coesione di Sicilia e Calabria -, una cifra che costituisce l’investimento di gran lunga più rilevante della legge di bilancio 2024. Lo stesso governo che nell’aprile 2023 ha attestato nel DEF che il costo del ponte (comprese le infrastrutture ferroviarie ma senza quelle stradali) sarebbe stato di 14,6 miliardi di euro, dunque una somma persino più ingente. Ma cosa importa se c’è una variazione di 3 miliardi di euro? bazzecole!. Nel frattempo, timbri alla mano, l’imperativo è posare la prima pietra o dare il primo avventato “ok”, anche solo simbolico, entro i prossimi due mesi e mezzo in modo da consentire la mossa pre-elettorale del pontefice massimo, il ministro alle Infrastrutture e Trasporti Matteo Salvini, anche se questo vorrà dire legarsi mani e piedi ai voleri del general contractor Eurolink (capeggiato da Webuild).  

L’area dello Stretto di Messina – totalmente ricompresa in due ZPS (zone di protezione speciale) tutelate dall’Unione Europea- è uno dei principali “corridoi” volatili migratori d’Europa insieme al Bosforo e a Gibilterra. Sono infatti più di 300 le specie di uccelli che attraversano i Monti Peloritani, le colline di Ganzirri, poi lo Stretto di Messina, infine la Costa Viola, e viceversa, da e per il continente europeo. I passaggi stagionali sono nell’ordine delle decine di migliaia di di rapaci (38 specie diverse) e nell’ordine dei milioni per molte altre specie di uccelli, sia durante il giorno che la notte. Lo Stretto – definito idealmente dalla linea di congiunzione tra Capo Peloro (Sicilia) e Torre Cavallo (Calabria) -, data la sua particolare geomorfologia unitaria tra le due sponde, presenta fenomeni idrodinamici del tutto particolari sia nelle acque profonde che di superficie, determinando un ecosistema marino unico nel Mediterraneo e un fondamentale serbatoio di biodiversità (è una delle principali direttrici del Mediterraneo per i grandi pesci pelagici e per i cetacei). 

Bisognerebbe pensarci un milione di volte prima di decidere di violare questi territori. Invece si vorrebbe costruire un ponte ad unica campata di 3.3 km di lunghezza, 40 km di infrastrutture ferroviarie e stradali di adduzione, due torri alte 400 metri, con la movimentazione di 16 milioni di terre e rocce da scavo da estrarre e depositare e cantieri operativi e logistici che occuperebbero 655mila di metri quadrati di territorio (più di 3.800 campi da calcio). Una paratia verticale di 1.5 milioni di metri quadri, costituiti dal sistema piloni- trave – asse per l’attraversamento del ponte che sconvolgerebbe l’unitarietà e la continuità paesaggistica del contesto. 

La procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), aperta lo scorso 14 marzo (con termine il 13 aprile), sarà un passaggio cruciale e costituirà una cartina da tornasole su come il governo sta procedendo per favorire in ogni modo il General Contractor Eurolink, a cui è assegnata la progettazione definitiva, esecutiva e la realizzazione dell’opera, inibendo, nel contempo, la partecipazione del soggetto pubblico. 

Numerose sono le intollerabili forzature:

 a) la VIA doveva essere fatta da capo su tutta la documentazione del progetto definitivo, visto che sono passati più di 5 anni senza che l’opera sia stata realizzata dopo il parere del 2013 della Commissione VIA (così stabilisce il Codice Ambiente) e non solo sulle integrazioni al progetto Eurolink del 2011-2012; 

b) si fa ancora riferimento alle procedure semplificate della legge obiettivo (cioè della legge 443/2001) quando questa è stata abrogata, per le parti legate alla procedura autorizzativa, nel 2016 (codice degli appalti 2016) e il suo decreto attuativo, decreto legislativo n. 190/2002, è stato interamente abrogato nel 2006 (codice appalti 2006); 

c) si dimezzano i tempi (da 60 a 30 giorni) per la redazione e presentazione delle osservazioni da parte del pubblico nell’ambito della VIA – facendo un riferimento strumentale alle procedure accelerate PNRR-PNIEC –  il che significa che si dovranno esaminare nell’arco di un mese decine di migliaia di pagine di documenti;  

d) i Comuni, partecipanti alla conferenza di servizi, che si concluderà in 90 giorni, potranno proporre solo richieste di adeguamento, di prescrizioni o varianti migliorative del progetto che non modifichino le localizzazioni e le caratteristiche essenziali delle opere.

Come dicevamo questo sarà uno dei primi passaggi cruciali che potrà essere sfruttato durante la campagna elettorale. Le associazioni ambientaliste (Italia Nostra, Kyoto Club, Legambiente, Lipu, WWF) e i comitati dei cittadini (Invece del Ponte e Noponte Capo Peloro) hanno costituito un gruppo di lavoro di oltre 40 esperti per inviare le proprie osservazioni sul progetto sottoposto a VIA e sono pronte ad adire tutte le sedi, anche quelle giudiziarie per contestare le procedure autorizzative e tutte le lacune ed omissioni del progetto.