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“Libro bianco della difesa”, troppe ombre

Nel documento presentato dalla ministra Pinotti ad aprile 2015 manca completamente la dimensione civile e allargata della difesa di cittadini. E manca anche qualsiasi prospettiva di prevenzione dei conflitti

difesa

Più che Libro Bianco per la sicurezza internazionale e la difesa lo si dovrebbe chiamare Libro Bianco delle Forze Armate. Nel testo (scaricabile qui: http://goo.gl/VubwKU) presentato dalla ministra Pinotti ad aprile 2015 manca completamente, infatti, la dimensione civile e allargata della difesa di cittadini. E mancano anche una qualsiasi citazione del Servizio Civile Nazionale e tutte le prospettive di prevenzione e composizione dei conflitti che sole possono costruire una pace positiva. Prodotto da un gruppo di lavoro nominato dalla Difesa, il Libro Bianco appare deludente, lacunoso e privo di innovazione. Un’occasione sprecata per aprire una discussione vera sul modello di difesa, sul ruolo delle Forze Armate (FA) e dei Corpi civili di pace nella nostra società e nel mondo. Un limite che si traduce, praticamente, in una sostanziale delega in bianco ai vertici militari, con lo svilimento delle prerogative che la Costituzione attribuisce al Parlamento. Vediamo in sintesi i punti chiave, e più discutibili, del Libro Bianco:

1. Stupisce l’assenza di autocritica sul fallimento del cosiddetto “Nuovo Modello di Difesa”. Sembra che l’attuale instabilità internazionale non sia figlia delle scelte delle guerre che hanno disseminato il pianeta di morte e distruzione gli ultimi 30 anni e che hanno visto anche le nostre Forze armate parteciparvi (Somalia, Afghanistan, ex Jugoslavia, Iraq, Libia). Non basta infatti teorizzare, ai fini della sicurezza, la centralità della regione euro-mediterranea – per gli autori del Libro Bianco non disgiunta da quella euro-atlantica – per riscoprire un ruolo internazionale dell’Italia. Nessun cenno, poi, alla destabilizzazione prodotta dall’allargamento a Est della Nato, che ha finito per riportare l’Europa dentro una nuova guerra fredda.

2. Il Governo intende avviare una nuova trasformazione della Difesa. Dove si prenderanno le risorse? L’operazione che con il Libro Bianco si propone è il “superamento dell’attuale tripartizione delle spese” (personale/esercizio/investimenti) e la rimodulazione in tre bacini (personale/operatività FA/missioni militari), così il progressivo crollo dell’esercizio di questi anni si noterà meno. Nella prima versione del Libro messa in circolazione vi era “l’auspicio per un progressivo aumento di risorse per la Difesa con l’obiettivo di puntare al 2% del Pil nel medio termine” (parte finale del paragrafo 39), che nel testo definitivo è poi scomparso. Averlo scritto però fa vedere le aspirazioni del Governo e le continue richieste di mettere le spese militari (e non quelle per salute, ambiente e scuola) fuori dai vincoli del Patto di Stabilità europeo.

3. Il Libro Bianco prospetta un riassetto delle FA. Eppure la legge delega n. 244/2012 è “vecchia” appena di tre anni e i due decreti attuativi (n. 7 e 8/2014) avevano prospettato in chiave riduttiva l’assetto delle FA (-30% delle strutture entro il 2019; da 190.000 a 150.000 i militari e da 28.700 a 20.000 i civili nel 2024). Il Libro Bianco non chiarisce il legame tra la legge 244 e questa nuova riforma: una “dimenticanza” perlomeno sospetta. Quante energie e soldi è costata sinora la legge 244?

4. Si esalta la necessità di riforma della governance, con in primis l’annunciata implementazione delle attribuzioni del Ministro. Insomma, il Ministro vuole maggiori leve di comando. Il Parlamento è ridotto a un ruolo coreografico, se non di semplice ratificatore di decisioni assunte altrove. Illuminante, a tal proposito, l’ultimo capitolo, par. 294: il Libro Bianco costituisce “direttiva ministeriale” a normativa vigente, dunque già operativa prima di qualsiasi confronto politico di merito con il Parlamento. A questa marginalizzazione fa seguito il maggior peso attribuito al Capo di Stato Maggiore della Difesa (Capo di Smd). È lui che definirà infatti la nuova riforma delle FA, proponendo un nuovo riassetto in chiave più interforze e una nuova struttura organizzativa dello strumento militare. La riforma della governance finisce così per creare una sorta di diarchia tra Ministro e Capo di Smd, in cui però il ruolo del primo appare meno forte rispetto a quello del secondo. Un disegno accarezzato da tempo dai vertici militari.

5. Si propone una “stretta collaborazione” tra Difesa e industria bellica. Suscita preoccupazione, in particolare, l’idea che “sarà esplorata la possibilità che l’industria possa assorbire alcune strutture tecnico-industriali della Difesa e, grazie a specifiche norme, il relativo personale”. Si adombra così l’intenzione di privatizzare Poli e Arsenali o, meglio, di liquidare in futuro l’intera area industriale del ministero della Difesa.

6. Si conferma la riduzione a 150.000 militari entro il 2024. Previste nuove modalità di arruolamento, trattenimento in servizio, avanzamento, progressione di carriera, formazione e addestramento, con un nuovo sistema di valutazione e misure di accompagnamento ed esodo agevolato (torna l’idea degli “scivoli d’oro”?). Prevista anche una nuova struttura del trattamento economico, più carriera e più soldi, e un’indennità di congedo. Ma se già oggi la spesa per il personale copre il 73% del budget della Difesa, quanto si pensa di spendere ancora? Nel Libro Bianco non vi è risposta.

7. Non si prospetta un ruolo maggiore dei dipendenti civili nel ministero della Difesa. In Paesi come Stati Uniti o Francia, il personale civile della difesa è pari se non superiore al personale militare e a esso sono affidati funzioni amministrative oggi impropriamente occupate dai militari. Questo ha una forte incidenza sui costi visto che, a parità di mansione, con il costo di un militare si pagano quasi tre civili.

8. Infine, il Libro Bianco omette totalmente di parlare dei diritti dei cittadini in divisa nonostante due sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che dichiarano illegittime le disposizioni dei paesi dell’Unione Europea che vietano ai militari di associarsi in sindacato.

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