A due giorni dallo sciopero generale del 16, un incontro con Landini, Bindi, Marcon, Cogliati Dezza, Fridays for Future e Uds. Per riprendere il filo del confronto tra sindacato e associazioni. Per vere riforme. “E perché non si passi da un’emergenza sanitaria a una democratica”.
È stato bollato come “politico”, “con una valenza solo simbolica”, inutile se non addirittura “controproducente”, ma lo sciopero generale contro la manovra di bilancio del governo Draghi è arrivato e senza neanche una convocazione preventiva dei sindacati che lo hanno indetto per riprendere il dialogo e appianare quello che è, a ben vedere, dall’Unità d’Italia in avanti, un atto di sfiducia del mondo del lavoro e un avviso di ripresa del conflitto sindacale, termine diventato desueto e quasi inquietante per la politica soporifera delle manovre di palazzo. Landini e Bombardieri si aspettano piazze piene, alla manifestazione nazionale in piazza del Popolo a Roma, e anche a Milano, Cagliari, Palermo e Bari.
Ma già ci si attrezza per il dopo, perché se lo sciopero generale è un atto prettamente politico, deve generare mobilitazione, alleanze, affinare obiettivi e strategie di lungo respiro. Così, per mettere a punto una strategia di rilancio di una coalizione sociale in grado di supportare il confronto con il governo su tutti i temi esistenziali della crisi che stiamo vivendo, prima, durante e dopo il prossimo incontro dei sindacati con il presidente del Consiglio Mario Draghi che dovrebbe svolgersi lunedì 20 dicembre, si è svolto a Roma a due giorni di distanza dalla data del 16 dicembre, un importante incontro la Cgil e parte delle associazioni che si sono dichiarate pronte a scendere in piazza insieme al sindacato. L’incontro pubblico si è svolto in presenza nella sede della Camera del Lavoro di Roma e, come in tempi di Covid, su piattaforma ed è quindi visibile sul sito di Collettiva e ha visto la presenza del segretario generale della Cgil Maurizio Landini e di vari esponenti delle associazioni e organizzazioni della società civile, tra cui Giulio Marcon, portavoce della campagna Sbilanciamoci!, Vittorio Cogliati Dezza, ambientalista, ex presidente di Legambiente, che ora partecipa alle elaborazioni del Forum Disuguaglianze Diversità, Rosy Bindi che mantiene il suo ruolo di presidente onoraria dell’associazione “Salute diritto fondamentale” e l’impegno nello studio delle dinamiche del servizio sanitario nazionale per cercare di preservarne l’impianto universalistico voluto dal testo costituzionale.
Landini, già dalle premesse, ha spiegato che la decisione dello sciopero generale presa insieme alla Uil ha preso le mosse, oltre che dalle critiche per le molte lacune della legge di bilancio con la “chicca” finale del veto al contributo di solidarietà una tantum per i redditi sopra i 75 mila euro, anche e soprattutto per il metodo decisionista scelto per comunicare le decisioni della maggioranza. Un metodo che ha ridotto ai minimi termini il dialogo e la partecipazione non solo delle parti sociali e dei corpi intermedi ma dello stesso del Parlamento: tanto che la Camera potrà a malapena leggere il maxi emendamento governativo per poi votare in blocco quello e la legge finanziaria, senza alcuna discussione. Un metodo così rischia di mettere totalmente nell’angolo, senza nessuna possibilità di partecipare alle decisioni, anche delle associazioni della società civile e oltretutto in un momento in cui si devono prendere scelte fondamentali per superare la crisi epocale che il mondo e il nostro paese sta attraversando. Perché la crisi, per usare le parole di Landini, è pandemica, ma non solo sanitaria, c’è anche una pandemia ambientale, salariale, sociale. “E non possiamo ora passare da un’emergenza sanitaria a un’emergenza democratica”.
Prosegue Landini: “All’inizio della pandemia avevamo concordato che nulla doveva essere come prima e invece al momento vediamo un arretramento e una riconferma di vecchie scelte e ricette che hanno fallito e causato il disastro che stiamo ancora vivendo”.
Il bandolo della matassa a questo punto, visti i risicati margini di contrattazione sulla manovra, riguarda soprattutto il tema fiscale. È su fisco e previdenza, sulle riforme che si dovranno completare che il segretario individua il prossimo obiettivo: recuperare risorse dall’evasione e dalla rendita finanziaria e ridurre le diseguaglianze con una reale politica ridistributiva, un intervento che deve servire a affrontare il nodo più complesso e altrettanto strategico della politica industriale e della transizione ecologica. Tema su cui invece di recuperare i ritardi storici del nostro sistema produttivo, pare che se ne stiano accumulando ancora seguendo la logica secondo cui deve essere il mercato a creare sviluppo, come ha ricordato Marcon, “mentre anche l’Europa si è accorta che servono forti politiche pubbliche e poi a guardar bene il mercato è solo una delle funzioni della società e non il suo intero”. Marcon ha ricordato che, come emerge dall’analisi della Controfinanziaria 2022, “la politica industriale non c’è ma non per una insufficienza tecnica e di elaborazione, perché l’idea di fondo è che la politica industriale, la fanno le imprese, le quali invece usano male i soldi pubblici e non portano avanti le priorità del paese quali quelle della decarbonizzazione”. Così i 30 super ricchi, i Paperon de Paperoni italiani – racconta Marcon – nei due anni del Covid hanno aumentato il loro patrimonio di 46 miliardi di euro mentre i poveri assoluti crescevano di un milione di unità.
Il centro studi della Cgil ha ricostruito quanti aiuti sono arrivati alle imprese negli ultimi anni, una mole di denari pari ad un altro Pnrr: 185 miliardi. Sono arrivati in mille rivoli, senza condizionalità e non hanno creato né aumento dell’occupazione né innovazione e sviluppo. Ragion per cui servirebbe riunificarli e metterli sotto il controllo di un’agenzia nazionale.
In questo modo proposto dal sindacato la trasformazione ecologica imposta dal cambiamento climatico potrebbe generare posti di lavoro e non ridursi a una sottrazione. È ciò che ha spiegato Cogliati Dezza, aggiungendo con una certa enfasi che “la transizione ecologica o sarà giusta o non sarà”. Assurdo dunque puntare ancora sulle energie fossili come petrolio e gas, assurdo e fuori tempo massimo riconvertire le centrali a carbone come a Civitavecchia e La Spezia in centrali a turbogas, che già nel 2035 saranno fuori mercato, ancora più assurdo cercare insieme alla Francia di modificare le tassonomie delle energie sostenibili per inserire nell’elenco anche il gas e il nucleare. Secondo Cogliati Dezza quando il ministro Cingolani dice che la transizione energetica rischia di essere un bagno di sangue “evita di dire che se non si farà nulla sarà molto peggio”. Così per gli ambientalisti anche i fondi del superbonus 110% sono stati mal gestiti, un’occasione persa per quanto riguarda l’inserimento del bonus fino al 2026 per le caldaie a gas quando saranno da rottamare nel 2035 e per la mancanza di discriminati reddituali che ne hanno concentrato i beneficiari tra i ceti medi benestanti anziché nei ceti popolari delle periferie.
Mentre nel frattempo persino il potenziamento della sanità territoriale, in una Regione come la Lombardia, viene lasciata ai privati. Rosy Bindi lo ha ricordato come una delle tante “stranezze” di una manovra che lei non giudica tutta da buttare ma insufficiente e non all’altezza delle sfide. Così come giudica “deludente” la risposta del G20 a guida italiana per quanto riguarda i brevetti su farmaci e vaccini mentre le case farmaceutiche internazionali guadagnano con la pandemia 4 milioni di dollari l’ora.
La voce dei ragazzi di Fridays for Future, Francesco Soggiu, è stata ancora più chiara e netta nel giudizio negativo della legge di bilancio, a cominciare dalla non eliminazione neanche in parte dei Sussidi ambientalmente dannosi (SAD), e anche del Pnrr “che non parla mai di clima”. “Quando la crisi climatica può portare al collasso della società, ci saranno anche battaglie più importanti ma dimenticandosi questa tutte le altre sono già perse, far finta di dimenticare questo accoppiamento sarebbe come pensare di salvare gli abbracci in piena emergenza Covid”. Infine gli studenti, Tommaso Biancocci della Rete Studenti Medi e Camilla Piredda degli universitari del sindacato Udu che hanno ricordato le scarse risorse messe sul tavolo dal governo per il diritto allo studio e per eliminare il gap che ci vede scivolare sempre più in basso nelle classifiche della percentuale di laureati e nell’abbandono scolastico. I ragazzi hanno messo in evidenza il tema del disagio psicologico che colpisce in particolare i giovani privati di gran parte della socialità, sottoposti a pressioni competitive, ad ansie per il futuro incerto e precario sul lavoro. E anche su questo tema, hanno rilevato, finora non c’è stato un sufficiente ascolto da parte dell’esecutivo, soprattutto per chi le cure di salute mentale private non se le può permettere.