Top menu

La nuova offensiva cinese

Gli investimenti diretti cinesi all’estero, in particolare sotto forma di tentativi di acquisizione di imprese e di attività in altri paesi, valgono 121 miliardi nei primi mesi del 2016

È da qualche tempo che gli investimenti diretti cinesi all’estero, in particolare sotto forma di tentativi di acquisizione di imprese e di attività in altri paesi, dominano le cronache finanziarie. Così, secondo una fonte, gli investimenti non finanziari sono stati di 121 miliardi di euro nei primi sei mesi del 2016 (Sandelson, 2016), contro 105 miliardi per l’intero 2015. Altre fonti fanno riferimento a cifre anche maggiori.

Da un punto di vista territoriale, l’offensiva sembra principalmente rivolta da una parte verso i temi e i paesi dell’OBOR e, per il resto, verso le piazze occidentali, Berlino, New York, Parigi, senza trascurare peraltro Roma.

Le linee principali di interesse appaiono essere due, da una parte il settore delle tecnologie avanzate, dall’altra quello dell’intrattenimento (cinema, calcio, alberghi, turismo, immobiliare).

Molte imprese, coperto ormai sufficientemente il mercato cinese, che comunque presenta ormai tassi di crescita annui meno interessanti che in passato, hanno la necessità di trovare nuovi sbocchi, nonché di assicurare una diversificazione geografica delle loro attività, di fronte anche, da una parte, alle rilevanti dimensioni già raggiunte, dall’altra ai costi crescenti in patria e alle preoccupazioni ambientali ivi presenti.

Tra l’altro, nelle ultime settimane stanno aumentando in diverse località del paese le proteste contro i progetti di nuovi insediamenti industriali inquinanti.

Ovviamente un punto di appoggio molto solido per tale espansione è costituito dalla disponibilità di grandi risorse finanziarie, ciò che permette anche ai vari responsabili delle imprese cinesi di fare offerte molto allettanti ai proprietari delle aziende da acquisire, approfittando, per rientrare dei loro esborsi, dell’inserimento successivo delle loro prede nel grande mercato interno.

Il settore tecnologico

L’economia cinese, mentre ha probabilmente raggiunto e anche superato quella statunitense per quanto riguarda la dimensione del pil, almeno misurandolo con il criterio della parità dei poteri di acquisto, deve ancora fare degli sforzi rilevanti, soprattutto in alcuni settori, per raggiungere il suo livello tecnologico.

Così uno dei campi in cui le imprese del paese asiatico cercano di avanzare all’estero è proprio quello di alcuni settori all’avanguardia nell’innovazione.

Ma i risultati sono ad oggi sono piuttosto insufficienti, con complicazioni forti negli Stati Uniti e una maggiore apertura, anche se ormai con qualche difficoltà, in Europa.

Nel 2015 e nei primi mesi del 2016 i gruppi cinesi hanno fatto molti tentativi di acquisizione di imprese statunitensi nel settore dei chip, ma esse sono state per la gran parte respinte in ragione dell’ostilità delle istituzioni pubbliche locali. Più in generale, 27 potenziali acquisizioni cinesi di aziende Usa sono state impedite dalle autorità di governo nei primi cinque mesi del presente anno; resta comunque la possibilità che qualcuna delle iniziative riceva il via libera.

I gruppi cinesi si sono poi offerti, nei primi cinque mesi del 2016, di prendere il controllo di 25 imprese tedesche, contro 36 in tutto il 2015 e contro 2 nel 2009 (Chazan, 2016). Esse mirano in particolare alle Mittelstand operanti nei settori in cui le imprese del paese asiatico hanno bisogno di avanzare dal punto di vista delle conoscenze.

ChemChina ha così comprato, per circa un miliardo di euro, la KraussMaffei, operante nel settore dei macchinari e Beijing Entertainment ha pagato 1,44 miliardi per EEW Energy, azienda che è presente nel settore della gestione dei rifiuti. Midea ha a sua volta lanciato un’offerta da 4,5 miliardi per il controllo di Kuka, la principale impresa robotica della Germania (Chazan, 2016).

La preoccupazione si è a questo punto impadronita di Berlino e di Bruxelles; ci sono stati tentativi di ricerca di certi vincoli all’acquisizione, mentre dei negoziati sono in corso e mentre il management appare favorevole all’arrivo dei nuovi padroni. Nel maggio di quest’anno, la FGCIF si è a sua volta offerta di acquistare, per circa 700 milioni di dollari, la Aixtron, operante nel settore dei macchinari per chip.

Per quanto riguarda il resto d’Europa, i cinesi hanno recentemente preso il controllo di una importante società di software in Norvegia e di due imprese italiane, una di piccole dimensioni operante nella robotica e una, più grande, nel settore dei circuiti stampati.

Tencent, infine, uno dei giganti cinesi operanti nel settore di internet, ha acquisito per 8,6 miliardi di dollari il controllo del produttore di giochi on-line finlandese Supercell, mentre aveva già assorbito alcuni altri produttori minori negli Stati Uniti e in Corea del Sud.

Alberghi, ristorazione, cinema, calcio

Un altro punto di focalizzazione degli investimenti cinesi è quello dell’intrattenimento, con l’obiettivo di accompagnare e sfruttare la nuova spinta di una classe media in forte espansione verso i consumi, all’interno e all’estero. Tra l’altro, nel 2015 120 milioni di turisti hanno visitato altri paesi e nel 2016 essi saranno almeno 135 milioni.

Così, molto interesse i cinesi stanno dimostrando per gli alberghi, la ristorazione e l’attività di tour operator. Dopo molte altre acquisizioni recenti, da parte di diversi attori, di imprese europee e statunitensi operanti nel settore, si registra ora l’assalto ad Accor, numero uno in Europa in campo alberghiero, da parte di Jin Jiang. Il governo francese appare preoccupato di questa iniziativa che tocca un campione nazionale e cerca un qualche accordo tra le quinte.

Intanto, per quanto riguarda il settore del cinema e dei media, il mercato cinese è in pieno boom; esso diventerà il primo al mondo nel 2017 e gli imprenditori del settore cercano di acquisire contenuti e know-how, usando le nuove aziende per supportare un mercato nazionale che possa anche competere testa a testa con gli stranieri. Mentre vanno avanti le coproduzioni con altri paesi, i cinesi stanno dando così l’assalto ad Hollywood. Hanno già comprato diverse imprese e programmano di intervenire ancora.

Infine, stanno anche interessandosi massicciamente al calcio, comprando quote, di controllo e non, in squadre di diversi paesi europei (Italia, Spagna, Gran Bretagna, Francia, Repubblica Ceca) e in società che gestiscono le infrastrutture fisiche e commercial-promozionali del settore.

Per quanto riguarda infine il comparto immobiliare, l’espansione riguarda in questo caso sia le iniziative dei grandi gruppi che gli acquisti di residenze ed appartamenti da parte di privati.

I capitali cinesi sono così diventati i più importanti tra quelli esteri in vari paesi di tutti i continenti, da Londra a New York, dall’Australia a Singapore. Così nel periodo aprile 2014- marzo 2015 gli acquirenti cinesi hanno speso 28,6 miliardi di dollari nel mercato residenziale degli Stati Uniti; al secondo posto, molto distanziato, il Canada con 11,2 miliardi. Il valore medio degli acquisti è superiore a quello delle altre nazionalità (Munshi, 2016).

Alcuni stati stanno cercando ora di porre delle limitazioni a tali investimenti, mentre ora anche le autorità cinesi stanno cercando di frenarli, forse per timore di un’eccessiva fuga di capitali dal paese.

Conclusioni

Le iniziative analizzate nell’articolo costituiscono, messe insieme, un quadro destinato probabilmente a modificare in profondità l’economia mondiale. Per molti aspetti esse appaiono peraltro una via obbligata, insieme e parallelamente al processo di trasformazione all’interno, per lo sviluppo ulteriore della Cina.

Ma tutte le quattro strade delineate incontrano delle difficoltà, interne ed esterne, politiche, sociali, economiche.

Indubbiamente su tutti i fronti esse, tra l’altro, si incontrano/scontrano con la politica degli Stati Uniti.

Così, per quanto riguarda gli organismi per lo sviluppo, quest’ultimo paese conta sulla Banca Mondiale, sul Fondo Monetario, sull’ADB, per restare padrone del gioco, mentre in passato esso non ha fatto nulla per favorire un inserimento cinese adeguato in tali organismi. Parimenti sul fronte del sistema monetario internazionale la Cina è decisa a sfidare progressivamente l’egemonia del dollaro, anche perché i suoi tentativi di arrivare ad una riforma del sistema che accomodasse gli interessi di tutti hanno trovato una sorda opposizione sempre da parte degli Stati Uniti. Sul fronte dello sviluppo del commercio mondiale, l’Obor si contrappone a TPP e TTIP, presentando anche un diversa visione degli affari del mondo. Infine, anche il terreno degli investimenti diretti sta diventando un campo di lotta tra i due giganti, con gli Stati Uniti che respingono l’ingresso in forze delle imprese cinesi sul loro mercato e questi ultimi che rispondono con delle rappresaglie parallele.

L’esito dello scontro appare ancora, almeno per alcuni aspetti, incerto. Speriamo soltanto che esso si mantenga entro linee pacifiche.

Naturalmente in tutto tale quadro l’Europa ha cessato da tempo di aspirare ad essere un terzo protagonista del gioco e comunque un fattore di equilibrio.

(2/fine)

Leggi qui la prima puntata dell’analisi

Testi citati nell’articolo

-Chazan G., Berlin and Bruxells wary of Chinese robotics bid, www.ft.com, 13 giugno 2016

-Munshi N., Chinese investors reach for the skies of the Windy City, www.ft.com, 11 maggio 2016

-Sandelson H., China Hna group aims to do more deals, www.ft.com, 4 luglio 2016