Dopo le parole con cui il segretario generale della Nato Stoltenberg ha zittito Zelenski sulla Crimea, i leaders europei hanno iniziato pur con molte titubanze a capire il concreto rischio di scivolare in una terza guerra mondiale senza che nessun parlamento abbia affrontato la questione. Siamo a una svolta storica e anche la visita di […]
Quelli che abbiamo passato sono stati tre giorni nei quali si è impennata la curva dell’escalation bellica, che comincia tuttavia a produrre qualche crepa nel fronte guerriero. Succede perché le parole del segretario generale della Nato che ha annunciato l’entrata in guerra contro la Russia hanno cominciato a suscitare un po’ di paura e anche qualche irritazione nei confronti del grande alleato americano che comanda l’Alleanza atlantica: la guerra, infatti, si farà in Europa, non dall’altra parte dell’oceano, dove si continua a pensare che siccome la fanno gli altri per procura o da remoto, può essere invocata a cuor leggero.
E tuttavia, nonostante qualche inizio di riflessione autocritica, i governi europei, e chi gli Stati uniti li sostiene con fervore, marciano ancora verso la catastrofe agli ordini di Biden. Sebbene Stoltenberg non potesse esser stato più chiaro, come riporta con esattezza il quotidiano tedesco Die Welt, fra i pochi che hanno riferito senza tentare di sminuirne il significato, nel suo discorso ha detto: “I membri della Nato non accetteranno l’illegale annessione della Crimea”.
L’Ucraina deve vincere questa guerra perché difende il suo paese». E questo immediatamente dopo che Zelenski, per la prima volta, aveva accennato ad un possibile negoziato, accettando che per il momento si discuta del Donbass, senza mettere sul tavolo la ben più difficile questione della Crimea.
Senza chieder conto alla Nato dell’aver praticamente dato avvio alla Terza guerra mondiale senza consultare nessuno, nell’incontro a Ramstein, base militare Usa in Germania, i più di quaranta alleati occidentali o quasi, alcuni inizialmente prudenti, stavolta non hanno battuto ciglio. E altrettanto hanno fatto i “7 Grandi”.
Sebbene il segretario alla Difesa americano, Lloyd Austin, abbia rafforzato la minaccia di Stoltenberg dicendo: «Ora che gli ucraini hanno ricevuto le nostre armi moderne ed offensive, i russi possono esser battuti. Basta accentuare un po’ per ottenere la capitolazione di Putin».
Come possibile esito, per l’appunto, di uno scontro mondiale, già peraltro innescato, visto che i più influenti quotidiani americani – rimproverati dalla Casa Bianca – e poi gli stessi Servizi Usa ci hanno informato del ruolo diretto degli Stati Uniti nella guerra ucraina già in atto.
Non so se tutti si rendano conto di cosa tutto questo significa: poiché è evidente che la Russia difficilmente può esser vinta militarmente, comunque certo non nel breve periodo ma dopo una devastazione dell’Europa prolungata per molti anni. Significa che gli orrori di quanto accade in Ucraina – giovani cadaveri di combattenti e di donne e bambini lungo le strade, case, scuole, ospedali, auto distrutte che vediamo ogni sera in tv – potremmo vederli dalle nostre finestre.
Purtroppo temo ci sia una pericolosa sottovalutazione del futuro che ci aspetta se non riusciamo ad imporre un’altra linea, quella di un negoziato subito che lasci per ora perdere la Crimea e punti a trovare una soluzione per le regioni meridionali così come si è trovata in Europa per tanti altri territori dove convivono due comunità .
In questa direzione, dicevo, si è mosso qualcuno che fortunatamente si rende conto.
In primo luogo il neo-confermato presidente francese Macron nel suo lungo discorso di ieri, esplicitamente rivolto a Stoltengerg ha dichiarato: «Non siamo in guerra con la Russia» per aggiungere: «Spetta all’Ucraina definire i termini del negoziato».
E fra gli stessi esperti interrogati nei quotidiani show televisivi, qualcuno ha preso il coraggio di dire «forse no». Lo ha fatto con molta chiarezza Giampiero Gramaglia, dello IAI, ricordando che non c’è affatto un fronte mondiale compatto dietro l’occidente, solo l’India e la Cina rappresentano il 40% della popolazione mondiale. Analoghe posizioni in un’altra esperta, dell’Ispi.
Con la prudenza d’obbligo per un diplomatico, dubbi li ha espressi persino l’ambasciatore italiano a Kiev, Zazo, dicendo che l’Ucraina – per cui si prevede già ora una diminuzione del Pil del 50 % – ha bisogno al più presto della pace, dunque di una trattativa. Ed ha aggiunto «Abbiamo il dovere etico di contribuire a una soluzione».
Più oscillante il cancelliere tedesco Scholz, pressato dal suo vice Verde che pur viene da una tradizione pacifista ma ormai guerrafondaio. Prima ha infatti detto che non è vero che la Costituzione tedesca proibisce la guerra (come la nostra), la vieta solo se la fa da sola, non se la fa con l’Ue e la Nato. E però poi ha aggiunto che Berlino comunque non farà mai in Ucraina quello che il partito della guerra vorrebbe fare ( in Ucraina).
Più significativo di tutti Thomas Friedman che ha scritto sul New York Times: «Non siamo più in una guerra indiretta contro la Russia, ma piuttosto passando a una guerra diretta. E nessuno ha preparato a questo il popolo americano e lo stesso Congresso».
E Draghi – che a Washington riceverà il premio di leader internazionale, assieme (è curioso) al presidente dell’Eni Descalzi –, che andrà a dire a Biden? Che il popolo italiano è stato invece preparato allo scontro mondiale?
Forse non lo sapremo con chiarezza, così come non sappiamo quali siano gli impegni assunti con la Nato, né noi né il nostro Parlamento, dove a chiedere almeno di esser informati a quale titolo la Nato dice di parlare anche per conto dell’Italia, sono ancora pochi: Sinistra italiana, il gruppetto variegato chiamato Manifesta, un po’ di deputati 5 Stelle, e per fortuna Conte, che a nome del suo consistente partito pur al governo, sta chiedendo che, almeno, prima di entrare in guerra con la Russia ne venga informato il Parlamento.
Sola consolazione per ora, una gran mobilitazione del movimento femminista contro la guerra. Con la sua parola d’ordine: «Il femminismo si preoccupa della difesa degli umani, non degli Stati». La Russia ha intanto celebrato la sua festa della vittoria con grande dispiegamento militare (come sempre, del resto) ma con un discorso di Putin meno minaccioso del solito se non sulla difensiva: l’attesa – annunciata da tanti – dichiarazione esplicita di guerra all’Ucraina non c’è stata.
Io comunque vi confesso che quando in questa tradizionale parata vedo sfilare i veterani, quelli sopravvissuti ai 25 milioni di russi caduti per salvare il loro paese ma anche tutti noi, mi commuovo.
Mi arrabbio molto, invece, quando Putin ripete che tutto l’Occidente è nazista. È vero che è arrogante e ne ha fatte, e continua farne, di cotte e di crude, ed è altrettanto vero che la nostra democrazia è fortemente deteriorata. Ma è comunque certamente meglio del regime che Putin ha imposto alla Russia, e soprattutto che non è proprio vero che siamo tutti nazisti.