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Il settore dell’auto e la Fiat: notizie estive

La Fiat auto non decolla, anzi perde colpi, mentre è in corso il rilancio di Chrysler, ciò che prelude – forse – a uno spostamento della direzione da Torino agli Usa. Nel frattempo si conferma la forza dell’auto tedesca e prosegue lo sviluppo cinese.

Premessa

Durante l’estate la stampa nazionale e internazionale non ha mancato di pubblicare ampie notizie sull’andamento del settore dell’auto in generale e della Fiat in particolare. Le note che seguono rappresentano un tentativo di riflessione su alcuni dei temi riferiti dai giornali.

L’industria tedesca e i produttori cinesi

Partiamo da quelli che sono apparsi i maggiori protagonisti del settore in questi ultimi mesi e cioè i produttori tedeschi da una parte, il mercato e le case cinesi dall’altra.

Sul primo tema, ci hanno fornito informazioni rilevanti, tra gli altri, Automotive News (Jolley, 2011) e il Financial Times (Reed, Bryant, 2011,a). Come riferiscono i due articoli, le case tedesche che occupano la fascia alta del mercato, Bmw, Daimler Benz, Audi, Porsche, hanno rivelato ai primi di agosto i loro dati economici per il primi sette mesi dell’anno 2011 ed essi appaiono “stellari”, come afferma il Financial Times. Le vendite e gli utili sono in generale in forte aumento, mentre molte fabbriche del paese lavorano al 100% della loro capacità produttiva.

I giornalisti sottolineano che, con risultati come questi, le società tedesche saranno in grado di spendere ancora di più in ricerca e sviluppo nei nuovi prodotti, allargando il loro vantaggio competitivo rispetto ai loro rivali produttori di massa. Essi stanno già riducendo fortemente il livello di emissioni inquinanti dei vari modelli, elevando la loro qualità, tagliando i costi, spingendo sulle vetture elettriche. Essi tendono poi a inserirsi progressivamente in tutti i segmenti del mercato, anche quelli della fascia medio-bassa, sino a oggi propria in particolare dei produttori francesi e italiani.

Da sottolineare che la Bmw, che sembra in questo momento essere quella messa meglio nel gruppo, prevede che i suoi livelli di produzione possano raggiungere a fine anno il livello di 1,6-1,7 milioni di vetture; sempre la Bmw potrebbe ottenere un utile netto per il 2011 intorno ai 3,6 miliardi di euro.

Per quanto riguarda il mercato cinese, già da molti mesi si conoscevano i dati di produzione e vendita per il 2010, mentre in questo ultimo periodo sono uscite sulla stampa notizie relative ai primi sette mesi dell’anno in corso. Nel 2010 sono state immatricolate nel paese più di 18 milioni di vetture, quasi un terzo in più che nel 2009; anche se nel 2011, venuti meno gli incentivi governativi al settore, l’incremento sarà molto più ridotto e secondo alcune previsioni potrebbe essere inferiore al 5%, ci troveremo comunque di fronte a un totale che raggiunge ormai sostanzialmente la produzione statunitense, tedesca, giapponese messe insieme. Da rilevare che, anche se si teme un raffreddamento del mercato, molti gruppi stanno programmando l’apertura di diversi nuovi stabilimenti nel paese (Wang Chao, 2011,a).

In Cina operano sia produttori interamente nazionali che imprese frutto di joint-venture tra società locali e società europee, statunitensi, asiatiche. In particolare è attiva una decina di case cinesi che presentano una produzione di rilievo. Ma quella più grande, la Chery, senza considerare le joint-venture, non ha raggiunto nel 2010 le 700.000 unità prodotte. Tali società, pur di ridotta dimensione, presentano comunque in generale risultati economici positivi.

Le esportazioni cinesi di veicoli sono state pari nel 2010 a circa 545.000 unità, di cui poco meno della metà, peraltro, sono veicoli commerciali; la cifra appare, tutto sommato, modesta. I primi mercati prospettati sono stati a suo tempo paesi come Iran, Algeria, Vietnam. Ora le ambizioni tendono a crescere. La Chery ha già 16 impianti all’estero, per la gran parte semplici unità di montaggio. Il primo è stato inaugurato nel 2006 in Egitto. Ora è stato avviato uno stabilimento in Brasile che dovrebbe cominciare a produrre nel 2013 (Wang Chao, 2011,b). L’assalto ai mercati occidentali è programmato più in là, quando le case cinesi si saranno ancora rafforzare come dimensioni e come know-how.

Le conseguenze per il gruppo Fiat

Le notizie sopra riportare ci aiutano a mettere in rilievo tre conseguenze abbastanza rilevanti, e certamente non positive, per il gruppo Fiat.

L’esempio dei produttori tedeschi di gamma alta, che vendono poco più di un milione di auto all’anno – 1,35 milioni la Mercedes, 1,6 milioni la Bmw – da una parte, quella dei produttori cinesi dall’altra, con meno di un milione di unità a testa, pure essi realizzando profitti, mostrano con evidenza che non è necessario produrre 6 milioni di vetture all’anno per essere competitivi sul mercato, come ci racconta da tempo Marchionne; peraltro sulla dubbia realizzabilità di tale traguardo per il gruppo Fiat si veda più avanti.

Il caso dei produttori tedeschi appare poi rilevante anche per un’altra ragione; essi, come già accennato, stanno attaccando con vetture adeguate anche il mercato proprio della Fiat, mentre tutti si aspettano entro 3-4 anni – lo fa lo stesso Marchionne in una sua dichiarazione – l’assalto dal basso dei produttori cinesi. La società torinese tende quindi a essere presa in una tenaglia da cui sarà difficoltoso uscire.

La terza conseguenza di quanto sopra indicato riguarda il livello delle ricerche nel settore delle auto elettriche e di quelle ibride. I produttori tedeschi, da una parte – si veda, ad esempio, in proposito quanto scrivono Reed e Bryant, 2011,b –, i cinesi dall’altra, stanno andando avanti in particolare nel primo settore con grandi investimenti; la Fiat è in ritardo e mostra di non credere molto all’affermazione di tali prodotti.

Notizie economiche dal gruppo Fiat-Chrysler

Come ci informa il New York Times (Stewart, 2011), nel giugno del 2011 la Chrysler registrava il quindicesimo mese consecutivo di incremento delle vendite e il trend è continuato anche in luglio, quando le sue consegne, come riferiscono altre fonti, sono ancora aumentate del 20% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. La sua quota di mercato, che era caduta negli scorsi anni sul mercato Usa sino al 6%, è ormai risalita al 10,6%. La società impiega oggi 55.000 addetti e ha aggiunto 9.000 nuovi posti di lavoro dal momento del bailout a oggi.

Notizie differenti arrivano invece sullo stesso fronte dalla Fiat; le sue vendite nel primo semestre, come ci informa ad esempio il Financial Times (Reed, Simon, 2011), sono scese del 13% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, contro una diminuzione del mercato di riferimento del solo 2%. Nei primi sette mesi dell’anno, poi, per quanto riguarda l’Italia, le vendite sono state inferiori del 16,6% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, registrando una quota del 29,7%, con 1,4 punti percentuali in meno rispetto all’anno precedente.

Vanno bene comunque il mercato brasiliano, che regge economicamente tutta la costruzione – ma nelle prime due settimane di agosto la Volkswagen ha sostituito il gruppo torinese nella leadership del mercato locale – e il settore dei veicoli leggeri.

I risultati economici e finanziari della Chrysler e anche quelli della Fiat –questi ultimi grazie anche a quelli della stessa Chrysler – appaiono positivi e in miglioramento. Per fine anno, come ci informa ad esempio S. Tropea (Tropea, 2011,a), si dovrebbe registrare un utile netto di 1,1 miliardi di euro per la prima e di 635 milioni per la seconda società.

Ma le vendite complessive di auto sul mercato statunitense sono tuttora ben al di sotto del livello pre-crisi e le recenti vicende dell’economia del paese non permettono di guardare con molta fiducia ai prossimi mesi e anni. Anche quello europeo appare soggetto a ulteriori turbolenze, in relazione alle notizie sempre più negative sui prossimi sviluppi dell’economia.

Almeno secondo quanto suggerisce lo stesso Tropea (Tropea, 2011,b), data la crisi di Usa e Europa, Marchionne sembra scoprire che bisogna guardare più operativamente alla Russia e alla Cina. Ma l’iniziativa programmata in tale ultimo paese dovrebbe arrivare a produrre 140.000 vetture e 220.000 motori all’anno, in un mercato di almeno 20 milioni di unità. Una goccia nel mare. In Russia, poi, l’amministratore delegato vorrebbe creare un impianto da 200.000 vetture all’anno, ma si aspetta da molto tempo l’assenso dal governo. Intanto i giornali riportano la notizia che in India la joint-venture con la Tata Motors presenta dei problemi rilevanti.

Complessivamente siamo di fronte, in tali paesi fondamentali per il futuro del settore, a prospettive certamente non entusiasmanti.

Viste anche le previsioni per i mercati nei paesi avanzati e comunque i ritardi e le difficoltà dell’azione del gruppo su vari fronti, la strada per raggiungere i 6 milioni di vetture nel 2014 appare tutta in salita; nel 2010 il gruppo Chrysler-Fiat ha prodotto 3,58 milioni di auto, mentre le previsioni per il 2011 sono per una cifra vicina ai 4 milioni. Noi pensiamo che, se tutto andrà bene, in realtà nel 2014 il risultato si dovrebbe collocare al massimo vicino ai 5 milioni.

Il mercato statunitense e i nuovi modelli

Automotive news con le sue statistiche mensili sul mercato statunitense e Repubblica del 13 agosto 2011 (Longhin, 2011) ci informano che le vendite della 500 in tale paese sono molto inferiori a quanto si sperava. Dai responsabili della casa torinese tale problema viene attribuito alla ritardata apertura delle sedi di molti nuovi concessionari.

Sempre da vari numeri di Automotive News e Automotive News Europe siamo informati che la Chrysler nel 2012 rivelerà il primo modello basato su di una piattaforma Fiat modificata e con un motore Fiat; la stessa piattaforma equipaggerà poi diversi altri prodotti. Intanto l’Alfa Romeo ritornerà negli Stati Uniti, operativamente, verso la metà del 2013 con un crossover compatto. Il piano originale di Marchionne prevedeva la vendita di 85.000 esemplari di Alfa nel 2014, su di un totale di 500.000 vetture della marca che si prevedeva di mettere in vendita. Ma i ritardi nei piani si accumulano e tale obiettivo appare comunque ormai poco realistico.

Le notizie che non abbiamo trovato e una notizia sgradevole su cui ci siamo imbattuti

Una notizia abbiamo cercato con attenzione sulla stampa di queste settimane, ma purtroppo non l’abbiamo trovata, quella di Marchionne che annunciava solennemente la conferma dei 20 miliardi di euro di investimenti nel nostro paese; sospettiamo comunque che tale notizia non arriverà mai. Anzi a metà luglio, dal momento che la sentenza di un tribunale non gli aveva dato piena ragione nella sua disputa con la Fiom, il manager aveva annunciato la sospensione degli impianti di Mirafiori e di Grugliasco. Ma ora il nuovo decreto legge del governo dovrebbe avere, per così dire, sistemato le cose. Ciononostante l’azienda, mentre conferma l’impianto di Grugliasco, pone di nuovo dei dubbi su quello di Mirafiori, con il pretesto, questa volta, che i conti forse non tornano (Griseri, 2011); tutto torna nel vago.

Intanto, come ci ricordano sempre in queste settimane i giornali, viene varata la prima pietra di una nuova fabbrica in Brasile. Essa produrrà circa 250.000 vetture, occupando 3.500 persone.

C’è un’altra notizia che non abbiamo ancora trovato sui giornali, ma di essa si rintracciano già molti indizi e premonizioni, quella del passaggio dei corporate headquarters, come si dice in gergo, dall’Italia agli Stati Uniti, ma siamo questa volta quasi sicuri che la troveremo entro qualche mese. Alla direzione dell’auto a Torino oggi lavorano circa 5.000 persone e sospettiamo che tale probabile decisione ridurrà drasticamente il loro numero.

Intanto in luglio la Fiat è salita al 53,5% del capitale di Chrysler; entro la fine dell’anno potrebbe acquisire un’ulteriore quota del 5%, raggiungendo quindi complessivamente il 58,5%. I giornali ci informano anche delle dichiarazioni di Marchionne che sottolineano, verso la fine di luglio, che le due case vanno velocemente verso una piena integrazione.

Per il momento, come ci informa sempre la stampa, l’amministratore delegato ha varato l’attesa riorganizzazione che, nell’ambito appunto di un’ormai tendenziale piena integrazione, prevede quattro divisioni, Asia, Europa, Nord America, America Latina. S. Tropea (Tropea, 2011, a), viene, come spesso succede, mandato in avanscoperta e fa capire che la strategia attuale del gruppo sembra molto americana e molto poco italiana e che il nostro paese rischia di diventare un presidio produttivo come tanti altri.

Abbiamo invece trovato sulla stampa la notizia della chiusura di un altro stabilimento, quello dell’Irisbus e di nuovo al Sud; l’impianto occupa direttamente circa 700 persone. Si tratta di una vicenda di cui non si intravedono possibili soluzioni adeguate. Ma speriamo di essere smentiti presto.

Testi citati nell’articolo

Griseri P., Fiat conferma Maserati a Grugliasco, ma sui suv a Mirafiori tornano i dubbi, La Repubblica, 26 agosto 2011

Jolley D., BMW mantains global-sales lead over rivals Audi, Mercedes, www.europe.autonews.com, 8 agosto 2011

Longhin D., Fiat, per la 500 si allontana l’obiettivo di vendite negli Usa, La Repubblica, 13 agosto 2011

Reed J., Bryant C., Carmaking: brands to build on, www.ft.com, 9 agosto 2011,a

Reed J., Bryant C., VW to unveil single-seat electric car, www.ft.com, 21 agosto 2011,b

Stewart J. B., Salvation at Chrysler, in the form of Fiat, www.nyt.com, 29 luglio 2011

Tropea S., la Fiat dei due mondi ancora un po’ più lontana dall’Europa, La Repubblica, Affari & Finanza, 25 luglio 2011, a

Tropea S., Gli Usa in crisi spaventano Fiat. Dobbiamo guardare alla Cina, La Repubblica, 11 agosto 2011, b

Wang Chao, Chinese auto market hit the skids, www.chinadaily.com.cn, 12 agosto 2011,a

Wang Chao, Stalled Chery looks for some cheer, www.chinadaily.com.con, 12 agosto 2011,b