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Gkn, una nuova stagione del conflitto operaio

Una nuova stagione del conflitto, con linguaggi e metodi nuovi, è iniziata con le lotte durante la pandemia dei rider e ora più compiutamente degli operai della Gkn. Un convegno della Scuola Normale ne ha discusso a livello europeo.

Nelle giornate decisive per la battaglia della Gkn, alla vigilia della sentenza che ha dato ragione agli operai per comportamento antisindacale dell’azienda sulla procedura dei licenziamenti collettivi e mentre il governo è ancora impegnato ad elaborare il decreto anti delocalizzazioni selvagge, la Scuola Normale Superiore ha organizzato il convegno annuale di studi europei su come cambiano le relazioni industriali nella prestigiosa sede di Palazzo Strozzi proprio a partire dal caso fiorentino (qui i link del 16 e del 17 settembre su YouTube). 

La sociologa dei movimenti collettivi Donatella Della Porta analizzando la dinamica dei conflitti durante il periodo della pandemia punta la lente dell’analisi sul “villaggio di Asterix” di Campi Bisenzio, come gli stessi operai del Collettivo hanno definito la loro lotta comunitaria. Della Porta sintetizza dalla sua relazione: “Ciò che vediamo nella vertenza Gkn è più proprio di un movimento sociale che di un conflitto operaio tradizionale, una capacità di salire nelle rivendicazioni proprio attraverso una solidarietà che va oltre il muro della fabbrica”. La vicenda, segnala, richiama le rivendicazioni e le denunce di grandi ingiustizie che si sono venute a creare in un momento di grande emergenza quale è stato il primo periodo della pandemia da cui forse stiamo lentamente uscendo ma solo dal punto di vista sanitario emergenziale, lasciando però un mondo del lavoro drammaticamente solo di fronte a ristrutturazioni, delocalizzazioni, chiusure, perdite di altri pezzi da novanta del tessuto industriale. Un momento in cui alcune catene di valore sono state interrotte e altre si sono rafforzate soprattutto nei servizi e nella logistica, portando alla luce nuove ingiustizie e rivendicazioni. In un caso come questo della Gkn, spiega la relazione di Della Porta, la pandemia ha messo in evidenza alcuni meccanismi del sistema capitalistico come la deresponsabilizzazione della proprietà verso il territorio e la comunità, l’affermazione di un’economia dominata da shareholders indifferenti alla produzione stessa, soggetti che decidono di chiudere un’industria che non è in crisi solo per far crescere i ricavi dei grandi fondi finanziari e quindi i loro investimenti a breve termine.

Gli operai in questo caso hanno deciso di ri-territorializzare la loro azione, allargando e aprendosi a attivisti, movimenti pre-esistenti e consumatori – come nel caso dell’esposto penale presentato dalla Rsu di Campi Bisenzio per i pezzi con etichetta contraffatta montati su due modelli di veicoli Stellantis assemblati a Melfi e alla Sevel di Atessa: semiassi che risultano prodotti dallo stabilimento fiorentino ma con codici errati, in un caso addirittura con il codice della data di produzione spostato al 2046 in palese violazione della tracciabilità di processo e di prodotto. Quando la tracciabilità è un aspetto sempre più strategico per le case automobilistiche, tanto più fondamentale quanto più l’assemblaggio avviene con pezzi provenienti da stabilimenti diversi e da ditte sparse per tutto il mondo. E lo sarà ancora di più per identificare i lotti difettosi nella prospettiva dei veicoli a guida autonoma. 

Richiamare la solidarietà dei consumatori, in questo caso per la sicurezza dei veicoli, è però solo una parte delle nuove metodologie di lotta adottate dagli operai Gkn e ricorda la solidarietà richiesta sempre ai consumatori dai riders di Amazon durante il primo sciopero per la conquista del contratto e di nuovi diritti sindacali in piena pandemia. Un modo per uscire dalla stretta comunità fiorentina e proiettarsi oltre le mura toscane del “villaggio di Obelix”, per entrare con una azione penale di disturbo nel rapporto tra l’azienda che vuole chiudere il suo stabilimento più all’avanguardia, omologato in esclusiva per le vetture ex Fiat, e la stessa Stellantis, committente del 90 per cento degli alberi motore prodotti nella fabbrica di Campi Bisenzio. Si deve ricordare la Gkn, annunciando la chiusura della fabbrica di Firenze, ha garantito a Stellantis che non avrebbe subito comunque alcun ritardo nella fornitura dei semiasse. 

Al fondo della battaglia degli operai fiorentini ci sarebbe dunque un tentativo  di mettersi alla guida di un messaggio di nuova egemonia operaia sia territoriale che culturale, una aspirazione che mancava da decenni come è stato riconosciuto anche dall’istituto di studi della cultura popolare Ernesto De Martino, che ha organizzato proprio nei giorni precedenti alla manifestazione nazionale di sabato 18 settembre, un convegno proprio sulla vertenza Gkn e ha lanciato il progetto di un documentario di antropologia visuale, il primo lavoro di questo genere su una lotta operaia dalla vertenza Fiat dell’80. La cultura sta dunque rispondendo all’appello operaio. Uno stuolo di giuristi democratici sta aiutando il collettivo di Campi Bisenzio alla redazione di un testo da utilizzare come proposta di legge autonoma per impedire le delocalizzazioni, viste le difficoltà del governo Draghi a superare l’altolà del presidente della Confindustria Bonomi e del ministro leghista dello Sviluppo economico Giorgetti. (qui il link alla bozza dei giuristi democratici)

Secondo Donatella Della Porta si sta aprendo una stagione nuova di conflittualità del mondo del lavoro che va al di là dei sindacati più rappresentativa. I fattori di questa nuova modalità si basano dunque su una rete estesa di relazioni, su un richiamo diretto alla mobilitazione dei singoli, dei precari, delle categorie di lavoratori meno rappresentati ma anche su un linguaggio e su metodi di lotta originali che includono l’utilizzo massivo dei social media e di testimonial o influencer. “La pandemia – riprende a spiegare Della Porta- ha rafforzato la rilevanza di settori tradizionalmente poco sindacalizzati, dai rider agli infermieri, e ha messo in evidenza come le risorse tradizionali del sindacato non siano sufficienti per ridare egemonia alle lotte operaie. Dopo le sconfitte degli anni 80, la combattività e la militanza erano state superate o considerate residuali a fronte di una riduzione di capacità negoziale sia da parte del sindacato sia da parte della politica nella risoluzione delle problematiche alla base delle vertenze. C’è un ritorno al conflitto, con l’emergere di nuovi attori e di forme nuove di mobilitazione, un po’ come fu negli anni Settanta. La ricerca di egemonia, ricorda, è una fase iniziale dei movimenti, “e si costruisce da manuale su identità preesistenti”, specifica. Ciò spiega i continui riferimenti ai valori della resistenza fiorentina a partire dal motto “Insorgiamo” e anche la grande partecipazione del sindacalismo di base e delle mille sigle della sinistra dispersa alla grande manifestazione del 18 settembre. 

Nel nuovo linguaggio dei “seguaci di Asterix e Obelix dell’Armonica-Toscana” – immortalati in un manifesto donato al collettivo Gkn dal disegnatore Zerocalcare – il messaggio e la richiesta di solidarietà sono diretti ai cittadini-lavoratori. Così sui cartelli e nei volantini con cui gli operai Gkn hanno attraversato le strade della loro città e nel tour delle prime settimane di settembre nelle altre città, da Nord a Sud, era scritto: “Noi stiamo così, voi come state?”. Una domanda rivolta ai singoli, volta a riannodare i fili di mondi del lavoro diversi e resi sempre più insicuri e marginali non solo per i licenziamenti ma anche per le oggettive condizioni di lavoro. Anche l’inno “Tutti insieme”, sui ritmi cadenzati delle canzoni da stadio, è un invito e insieme una spiegazione, quasi uno scusarsi, per i disagi e la fatica di uno sciopero e una lotta concepita come a oltranza contro la rassegnazione e la resa preventiva. 

“Nel linguaggio usato – ribadisce Della Porta – c’è il riconoscimento che viviamo in una società liquida in cui si costituiscono identità sulla base di una mobilitazione connettiva più che collettiva”. Fuori dal gergo delle scienze sociali significa che gli operai della Gkn non si rivolgono ai cittadini come monadi ma ai piccoli gruppi non rappresentati. 

Guglielmo Meardi, sociologo delle relazioni industriali e organizzatore del convegno della Normale, aggiunge una spiegazione in più: “Fino a venticinque anni fa, quando il tessuto industriale aveva una integrazione più forte, i 422 operai della Gkn non sarebbero stati soli, avrebbero avuto al fianco tutta la filiera interna della Fiat, poi con la progressiva frantumazione dell’organizzazione industriale, la terziarizzazione degli anni 90, la responsabilità sociale delle imprese è venuta meno e così si è indebolita la protesta sindacale e anche la risposta politica è risultata insufficiente”. Anche Meardi ritiene prevedibile un aumento del conflitto industriale, “ma se il sistema produttivo è frammentato, è più difficile contrastare le tendenze strutturali con una mobilitazione locale”. Perché chi lavora solo in un segmento della catena di produzione ha poco potere negoziale e non può fare affidamento sulla solidarietà degli altri in un mercato molto competitivo. “E solo se i conflitti creano reti più estese in grado di ottenere una massa critica, possono riuscire ad ottenere soluzioni politiche”.

Esattamente ciò che il Collettivo dei lavoratori della Gkn stanno tentando di fare, purché la politica poi riesca a rispondere con una politica industriale adeguata ai tempi e un nuovo sistema di relazioni industriali, meno sbilanciato verso gli interessi delle aziende. E soprattutto delle multinazionali impegnate a rastrellare soldi annunciando tagli al personale e potere assoluto verso regole e sindacati. Così ha fatto il fondo Melrose, proprietario di Gkn, il cui imperativo dichiarato da Firenze al sito produttivo di Birmingham che pure intende chiudere, è “buy, improve, sell”, compra, migliora – da leggere come ristruttura abbattendo il costo del lavoro – e vendi.