Top menu

Ferma il furto di futuro, “Ferma il riarmo”

Lanciata a Montecitorio la campagna “Ferma il riarmo” promossa dalla Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace, Greenpeace Italia, Rete Italiana Pace e Disarmo, Sbilanciamoci!: analisi dell’impatto della spesa militare su società e economia, proposte come tassare gli extraprofitti bellici e mobilitazioni.

Un “furto di futuro”, una spirale che innesca le guerre, depotenzia la diplomazia e sottrae risorse fondamentali alle necessità della popolazione, dalla sanità ai servizi sociali, dalla scuola alla ricerca civile, fino alle opere necessarie per far fronte ai cambiamenti climatici e invertire la rotta del dissipamento ambientale. È questo in sintesi l’effetto devastante, anzi solo alcuni dei molteplici effetti, del progressivo aumento della spesa militare in Italia e nel mondo. Ed è da questo che parte la nuova campagna della società civile per la riduzione delle spese militari, lanciata il 22 ottobre a Roma in una conferenza stampa alla Camera dei Deputati e promossa dalla Fondazione PerugiAssisi per la  Cultura della Pace, Greenpeace Italia, Rete Italiana Pace e  Disarmo e Sbilanciamoci!. I promotori dell’iniziativa intendono approfondire le analisi sull’impatto del riarmo italiano e mondiale sulle nostre società, indicare proposte su come ri-orientare la spesa pubblica e gli investimenti, produrre azioni collettive di sensibilizzazione e nuovi percorsi per il disarmo e la liberazione di risorse dalla spesa militare alle spese sociali, ambientali e per il rafforzamento degli strumenti di pace. Tra queste, tassare gli extra profitti dell’industria militare; diminuire i fondi destinati alle missioni militari all’estero; aumentare controlli su influenza indebita dell’industria militare su bilancio ed export militare.

“Greenpeace –  spiega Sofia Basso – è tra i promotori di questa nuova campagna perché siamo convinti che  l’aumento della spesa militare sia la risposta sbagliata: più armi non significano maggiore sicurezza. Anzi, la corsa al riarmo sta trascinando il mondo in una spirale di guerre fuori controllo”. “Chiediamo – continua  la ricercatrice di Greenpeace- un taglio netto delle spese militari che  stanno sottraendo risorse alle vere priorità del Paese e una  tassa sugli extra profitti dell’industria bellica, perché mentre  i conflitti in Ucraina e in Medio Oriente continuano a fare  stragi di civili, mentre in Italia e nel mondo aumentano le  disuguaglianze e gli effetti della crisi climatica, il settore  delle armi sta incassando profitti record. È inaccettabile che si continui a finanziare la guerra mentre il mondo brucia e milioni  di persone lottano per la sopravvivenza”.    “Cura, non bombe – sintetizza in uno slogan Flavio Lotti, presidente della  Fondazione PerugiAssisi – Di questo abbiamo bisogno. Di fronte alle  guerre e alle gravissime crisi globali che incombono, ogni parlamentare è chiamato a scegliere se investire sulla corsa al riarmo o sulla sicurezza delle persone che stanno subendo un  continuo peggioramento delle condizioni di vita. Ciascuno si assuma la responsabilità di fare la pace ovvero: aiutare chi non ce la fa, soccorrere chi è in difficoltà, proteggere chi è minacciato, nutrire chi è affamato e assetato, curare chi è  ammalato, sostenere chi è fragile, ridurre le disuguaglianze,  preservare i beni comuni, salvare la nostra umanità e il nostro  pianeta”.    

“Ben 4 milioni di italiani non si curano più per mancanza di  soldi – ricorda  Giulio Marcon, Portavoce di Sbilanciamoci! – circa 9000 scuole sono a rischio crolli, l’Emilia Romagna  è sotto l’acqua dopo l’ennesima alluvione: queste sono le  priorità dove mettere le risorse, non le armi da guerra”.”La militarizzazione del pensiero, del linguaggio, delle politiche in corso negli ultimi anni sta portando ad un aumento folle e pericoloso delle spese militari (in particolare per nuovi sistemi d’arma): lo certifichiamo da tempo e da tempo chiediamo  una inversione di rotta”, sottolinea Francesco Vignarca,  Coordinatore Campagne della Rete Italiana Pace Disarmo. “Queste scelte di investimento armato non portano maggiore sicurezza – continua Vignarca – ma solo più affari per il complesso  militare-industriale-finanziario. Con questa campagna – spiega – non solo  vogliamo rendere evidente la posizione della maggioranza  dell’opinione pubblica, ma domandiamo alla politica una presa di  responsabilità: gli interessi di chi vuole davvero fare? Vogliamo una riduzione delle spese militari italiane così come chiediamo, nell’ambito di diverse Campagne internazionali, la riduzione di  quelle globali e la Convocazione di una nuova Conferenza Onu per il Disarmo”.

Alla conferenza stampa è intervenuto anche Nicola Fratoianni, presente alla conferenza stampa insieme a Angelo Bonelli e Marco Grimaldi di Alleanza Verdi Sinistra, ringraziando le associazioni promotrici della campagna “Ferma il riarmo”, che Avs ha deciso di sostenere. ”Credo che questo tema delle spese militari  sia cruciale – ha detto Fratoianni- perché qui si incrocia il modello di sviluppo industriale, la questione della crisi climatica e della transizione ecologica, il grande dramma a cui assistiamo quotidianamente delle guerre in corso. E si incrocia il ruolo della politica di fronte alle  tensioni del mondo”. “La verità – ha proseguito – è, come ricordano le associazioni pacifiste, che ogni volta che aumenta la spesa militare  aumentano le tensioni internazionali. E ciò ci dice che continuare ad investire in spese militari significa rassegnarsi all’idea che i conflitti che abbiamo davanti nel mondo abbiano una sola soluzione: quella della forza militare. È un incubo a cui occorre opporsi, e reagire con la mobilitazione. Ed è per questo – ha concluso l’esponente di Avs – che saremo sabato 26 ottobre a Roma e in tutte le altre piazze previste con la manifestazioni pacifiste. Ma occorrerà anche un’iniziativa anche politica nei palazzi del Parlamento per  riaffermare con i fatti e con coerenza quanto si dice: poco fa ad esempio in commissione bilancio il collega Grimaldi a nome di Avs ha votato giustamente contro l’ennesimo incremento di 400 milioni per spese militari. E continueremo ad insistere che è sbagliato voler ottemperare al raggiungimento del 2% in spese militari, anzi bisogna diminuirle: nelle situazioni in cui è il nostro  Paese il punto è ridurre le spese militari non aumentarle”. 

IL MANIFESTO DELLA CAMPAGNA “FERMA IL RIARMO!”

Come facciamo a difendere il nostro diritto alla salute, a salvare il nostro sistema sanitario, ad affrontare le emergenze climatiche e i disastri ambientali, a investire sui giovani, sulla scuola e sul diritto ad un lavoro dignitoso, a contrastare la povertà e le disuguaglianze sociali che stanno esplodendo, a sviluppare la solidarietà e la cooperazione internazionale se non riduciamo le spese militari?

La risposta è evidente. Eppure alcune lobby politico-mediatiche, militari e industriali vorrebbero continuare ad aumentare le spese per le armi e gli eserciti, togliendo altre preziose risorse alla cura dei nostri bisogni vitali. Una autentica follia! Mentre le sanguinose guerre in corso e la totale assenza di politiche di pace ci stanno impoverendo a vista d’occhio, mentre si sta distruggendo il tessuto produttivo italiano ed europeo aumentando la disoccupazione, il lavoro povero, precario e sfruttato, i signori della guerra e i mercanti d’armi vogliono alimentare la più pericolosa corsa al riarmo della storia.

Aiutaci a fermarli!

L’URGENZA DI QUESTA AZIONE

La spesa militare globale è in crescita da oltre due decenni, come dimostrano tutti i dati internazionali più attendibili: una tendenza ulteriormente rafforzata negli ultimi due anni e mezzo a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina e della ripresa di retoriche e politiche sempre più allineate alle richieste del comparto militare-industriale-finanziario.

Ciò che prima veniva deciso in termini meno dispendiosi, ma con opacità e reticenze, oggi viene rivendicato: da qui la crescita enorme delle risorse che gli Stati mettono a disposizione del comparto militare, in particolare per quanto riguarda la produzione e il commercio di nuovi sistemi d’arma.

Contemporaneamente, l’opposizione alle spese militari rimane uno dei punti qualificanti dell’azione del variegato movimento pacifista, nonviolento e per la giustizia sociale, trovando sempre un buon riscontro sia degli attivisti che nell’opinione pubblica in generale (come dimostrano anche diversi sondaggi d’opinione). Per tale motivo pensiamo sia venuto il momento di rilanciare una mobilitazione collettiva forte contro le spese militari, con nuovi strumenti e nuova capacità di attivazione. Senza partire da zero, ma anzi rafforzando tendenze e collaborazioni già presenti per essere sempre più incisivi grazie a una nuova “campagna/mobilitazione” che vuole rimettere in fila quanto già fatto, riprendendo e rilanciando i punti e ragionamenti “chiave” già sviluppati per dimostrare che l’aumento della spesa militare (sia in termini quantitativi che qualitativi) è una minaccia per il futuro di tutti, oltre a costituire un “gap democratico” rispetto al volere della maggioranza dell’opinione pubblica. 

E’ tempo di intervenire, tutte e tutti, sulla politica, sui media, sulla nostra stessa società, per stimolare una riflessione su queste nostre proposte di alternativa alle spese militari, e su cosa davvero sia necessario per ridurre l’insicurezza armata globale e ridare fiducia nel futuro, in particolare alle nuove generazioni.