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Il Comune di Prato sulla strada del Bes

Benessere equo e sostenibile: l’esperienza del comune di Prato, da tempo in luce per le buone prassi in materia di utilizzo della statistica per la pianificazione degli obiettivi strategici comunali

Con l’articolo “Portare il Bes nelle politiche locali” abbiamo iniziato un percorso di analisi delle strategie di radicamento del Bes nelle amministrazioni comunali già partecipanti al progetto UrBes dell’Istat. Non poteva mancare uno sguardo attento al Comune di Prato, da tempo in luce per le buone prassi in materia di utilizzo della statistica per la pianificazione degli obiettivi strategici comunali.

Intervistando Ester Macrì, ricercatrice pratese operante nel locale ufficio statistica, abbiamo fatto luce sull’interesse della Giunta comunale – guidata da Matteo Biffoni – per l’utilizzo di dati numerici utili a “georeferenziare” il territorio, permettendo la pianificazione di progetti con indici scientifici più solidi. “Tutto è cominciato all’indomani della presentazione del Rapporto UrBes 2015 – spiega Macrì – quando, analizzando il rapporto pratese e i dati in esso contenuti, ci siamo resi conto che era necessario renderlo comprensibile agli occhi dell’organismo politico. Infatti il limite dell’UrBes è che traccia un quadro di indicatori che spesso vanno al di là delle competenze del Comune, e che sono misurabili solo nel lungo periodo. Per rendere interessante ed utile l’UrBes nell’attività operativa dei Comuni, serve implementare la piattaforma di indicatori il cui impatto sul territorio sia misurabile nel breve periodo. Noi ci abbiamo provato”.

Il tentativo è andato a buon fine, visto che Prato si è visto riconoscere fondi statali anche grazie alla qualità scientifica di alcuni progetti. “Abbiamo preso in mano il programma di mandato del sindaco e il nuovo Documento unico di programmazione (Dup) – continua Macrì – che ha sostituito la Relazione previsionale programmatica. Scorporando il programma in obiettivi strategici, li abbiamo collegati agli obiettivi del Dup, reperendo gli indicatori di UrBes come elementi di misurazione di tali obiettivi. In molti casi siamo stati costretti ad implementare il parco dati con altri indicatori, soprattutto di breve periodo, ed è risultato strategico l’approfondimento di UrBes che abbiamo scelto di compiere, studiando un nuovo metodo di calcolo dell’indice di deprivazione”.

La capacità di georeferenziare per unità territoriali tutto il territorio pratese, mettendo insieme gli indicatori di disagio economico con quelli di disagio sociale, ha condotto alla formulazione dell’indicatore di rischio di ciascuna area: “Osservando la mappa di rischio, la Giunta ha potuto classificare i territori secondo il grado di urgenza, presentando progetti di riqualificazione delle aree degradate”.

Un lavoro molto interessante, che tuttora l’ufficio statistica di Prato sta portando avanti, tanto più attuale se si pensa all’attenzione che il Governo nazionale sta dedicando al tema delle periferie urbane. “Segnaliamo due limiti – conclude Macrì – il primo è la mancanza, allo stato attuale, del dominio di benessere soggettivo nella piattaforma UrBes. Occorrerebbe fare indagini multiscopo a campione, ma servono fondi dedicati. In secondo luogo, UrBes non risulta ancora attraente per l’opinione pubblica. Né la stampa locale, né la cittadinanza hanno prestato particolare interesse nei confronti del progetto, che probabilmente paga l’elevata scientificità, se confrontato con indagini più note come le graduatorie di città pubblicate annualmente da alcuni quotidiani economici”.

Forse, ripartendo dalle scuole, si potrebbe cominciare un nuovo percorso di educazione alla statistica, capace di appassionare le nuove generazioni alla lettura dei numeri, intesi come strumenti necessari per imparare ad osservare il territorio.