L’insegnamento di Aldo Capitini torna al centro della marcia Perugia-Assisi che si terrà il prossimo 24 aprile: un appuntamento importante per mobilitare tutti coloro che vogliono far sentire la voce della pace, della condanna della guerra, dell’alternativa ad un mondo fondato sulle armi e la sopraffazione.
Il 24 aprile da Perugia ad Assisi
Sono da poco passati 60 anni dalla prima marcia per la pace da Perugia ad Assisi, quando nel 1961 il filosofo nonviolento Aldo Capitini lanciò l’idea di un appuntamento nazionale per fermare la corsa al riarmo e ribadire la prospettiva della pace e della nonviolenza. Capitini – al contrario di molti che, pur citandolo, ignorano le basi del suo pensiero – parlava di nonviolenza, come unica parola, che esprimeva l’idea positiva dell’alternativa alla guerra e non di non-violenza (con il trattino) come negazione a qualcosa di deprecabile.
Ora, l’insegnamento di Aldo Capitini torna al centro della prossima marcia Perugia-Assisi che si terrà il prossimo 24 aprile: un appuntamento importante per mobilitare tutti coloro che vogliono far sentire la voce della pace, della condanna della guerra, dell’alternativa ad un mondo fondato sulle armi e la sopraffazione. Le posizioni dei promotori della pace sono nette: a fianco della popolazione ucraina colpita dagli aggressori e a fianco dei pacifisti russi incarcerati dal regime di Putin; a favore del negoziato e di una soluzione politica (cioè con un accordo) alla guerra, l’unica soluzione possibile.
Molte delle organizzazioni della campagna Sbilanciamoci hanno già aderito alla marcia e hanno detto che ci saranno. La pace è l’unica politica possibile, mentre la guerra – oltre ad essere un crimine – si è dimostrata un fallimento negli ultimi anni: in Afghanistan, in Iraq e in Medio oriente, in Libia, gli interventi militari non hanno lasciato in eredità sicurezza e diritti umani, ma instabilità, ulteriori sofferenze per le popolazioni, guerre civili e autoritarismo. Le guerre umanitarie sono state sempre disumane e “l’imperialismo dei diritti umani” (come una volta lo chiamò Tony Blair) si è dimostrato alla fine imperialismo senza aggettivi e qualifiche. L’aggressione di Putin va fermata, ma non facendo la guerra per procura sulla pelle della popolazione ucraina, né rischiando un conflitto devastante, persino nucleare. E la discussione su come far finire la guerra in Ucraina (che è l’obiettivo di tutti) dovrebbe essere aperta, senza la faziosità di chi agita una insulsa retorica bellicista e le liste di proscrizione (dei pacifisti).
Noi di Sbilanciamoci con l’ebook I pacifisti e l’Ucraina abbiamo dimostrato che questa discussione è possibile e – dal nostro punto di vista, comunque contrario alla guerra – abbiamo voluto inserire tante voci, anche quelle per noi poco digeribili di Kissinger e Friedman, e naturalmente anche quelle di esponenti della società civile ucraini e russi. Questo ebook, secondo noi, è uno strumento prezioso per capire le cause di questa guerra e disegnare le possibili strade di un’alternativa di pace fondata sul negoziato ed un compromesso possibile. Nel 1980 Enrico Berlinguer (eravamo nel pieno della stagione del riarmo con gli euromissili) notò che allora si era “come in presenza di una intensificata militarizzazione della politica e dello stesso pensiero politico”. Esattamente, come oggi, con la differenza che una parte di quello che una volta si sarebbe definito come “spirito o campo progressista”, si è fatto militarizzare idee e intelletto. Quello di cui abbiamo bisogno oggi, non è di buttare all’ammasso il cervello, ma di continuare a ragionare su come raggiungere l’obiettivo comune di fermare la guerra in Ucraina, senza sacrificare altre vite umane e allargare la guerra in modo pericolosissimo. Le proposte concrete nel nostro libro ci sono tutte. Invitiamo a scaricarlo.
È con questo spirito che il prossimo 24 aprile molti di noi e delle nostre organizzazioni saranno in marcia da Perugia ad Assisi, nel nome di Aldo Capitini, per difendere le ragioni della nonviolenza, dei diritti umani e della pace, del rifiuto di ogni aggressione ai popoli sovrani e della guerra. Come ricordava Capitini: “A ognuno di fare qualcosa”.