Il Report curato da ReCommon in collaborazione con altre organizzazioni della società civile esamina il ruolo delle compagnie assicurative, e in particolare dell’italiana Generali, nel finanziamento dei cambiamenti climatici. Secondo il Report, nel 2016 Generali ha investito almeno 2,53 miliardi di euro nei combustibili fossili www.recommon.org
Re:Common ha lanciato nei giorni scorsi la sua nuova pubblicazione “Passo Falso”, che esamina il ruolo delle compagnie assicurative, e in particolare dell’italiana Generali, nel finanziamento dei cambiamenti climatici. Il rapporto si basa sull’attualizzazione di uno studio realizzato dal Sunrise Project, in collaborazione con varie realtà della società civile internazionale.
Proprio in concomitanza con l’assemblea degli azionisti di Generali, Re:Common evidenzia come ben 11 dei 15 gruppi analizzati nella ricerca, tra cui Generali, offrano coperture assicurative al settore dei combustibili fossili, in relazione del quale svolgono quindi un ruolo di primaria importanza, visti gli elevati rischi legati alla realizzazione dei vari progetti estrattivi.
Sebbene in base ai dati a disposizione si sia potuto tracciare solo il 10% degli investimenti complessivi del gruppo, risulta che nel 2016 Generali ha investito almeno 2,53 miliardi di euro nei combustibili fossili.
“Passo Falso” si concentra su alcuni casi, tra cui quello della Polonia, che, all’inizio del 2017 l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) ha etichettato come il Paese più inquinato d’Europa. Nel 2016 Generali ha investito almeno 33,8 milioni di dollari nella PGE, Polska Grupa Energetyczna (PGE), che produce l’85% della propria energia dal carbone, incluso un 30% dalla lignite, il carbone di più bassa qualità e più inquinante. Generali è quindi sponsor (forse inconsapevole?) dell’espansione del peggiore carbone esistente all’interno dei confini europei, estratto nelle miniere di Bełchatów, tra le più grandi di lignite del Vecchio Continente, e quella di Turów, che ha pesantissimi impatti transfrontalieri con la Repubblica Ceca.
Rilevante anche il caso dell’utility statunitense Duke Energy, coinvolta in cause milionarie legate all’alto livello di inquinamento provocato dalle sue attività. La Duke avrebbe calcolato che il costo delle bonifiche affrontate finora sarebbe di almeno 725 milioni di dollari, ma che la stima complessiva potrebbe raggiungere i 4,5 miliardi di dollari. Una grossa parte del conto dovrebbe essere pagata dalle 30 società assicuratrici che coprono le attività della Duke, tra cui risulta esserci anche Generali – non è dato sapere per quale ammontare.
Eppure alcuni segnali provenienti dal settore assicurativo lasciano qualche speranza. Le società francesi AXA e SCOR hanno deciso di disinvestire dalle imprese che hanno almeno il 50% delle loro entrate nel settore del carbone, una soglia relativamente alta.
“Sarebbe auspicabile che Generali facesse seguito agli impegni sulla carta presi in occasione del summit sul clima di Parigi passando all’azione” ha dichiarato Elena Gerebizza di Re:Common, intervenuta insieme ad attivisti polacchi e statunitensi all’assemblea degli azionisti della compagnia triestina. “Non investire in nuovi impianti a carbone, né concedere la copertura assicurativa al business del carbone, e spendersi per accelerare la chiusura degli impianti esistenti, ci sembra l’unica strategia di buon senso” ha concluso Gerebizza.