Da una parte la Cina è riuscita ad accumulare ingenti risorse, dall’altra la loro gestione presenta problemi molto rilevanti, dalla spinta all’indebitamento del sistema, al rischio di bolle speculative
Appare certamente di grande interesse analizzare la dimensione finanziaria dello sviluppo cinese e la sua dinamica nel tempo. Da una parte il paese è riuscito ad accumulare ingenti risorse, dall’altra la loro gestione presenta problemi molto rilevanti, dalla spinta all’indebitamento del sistema, al rischio di bolle speculative, allo sviluppo di un sistema finanziario ombra, alle possibili questioni suscitate dalla liberalizzazione in atto dei movimenti di capitale.
Nell’articolo che segue abbiamo cercato di passare in rassegna alcuni degli sviluppi recenti relativi a tali temi.
Dobbiamo tenere presente sullo sfondo che il rapporto tra sistema finanziario e potere politico in Cina, almeno sino ad oggi, appare abbastanza diverso che in occidente: nel mondo atlantico assistiamo da molto tempo a una prevalenza della finanza non solo sul sistema economico, ma anche sul potere politico. Nel paese asiatico la situazione ci sembra ancora relativamente lontana da tale assetto e il potere politico ancora abbastanza saldo nel comando sull’economia, anche se non mancano spinte contrarie.
Tra l’altro, almeno sino ad oggi, le grandi banche sono a proprietà pubblica e i movimenti di capitale sono in qualche modo sotto controllo; la forte presenza delle grandi imprese occidentali nel paese appare anch’essa in qualche sorta tenuta sotto tutela. Non bisogna peraltro sottovalutare il fatto che la situazione è in qualche modo in movimento e che si possono comunque registrare degli intrecci tra esponenti del potere politico nel paese e alcuni gruppi economici.
Vogliamo infine segnalare che nelle previsioni catastrofiste sullo sviluppo della situazione cinese, che circolano con qualche variante ormai da alcune decine di anni, molto spesso le presunte difficoltà del settore finanziario sono al centro delle supposte gravi sciagure future.
L’indebitamento
Qualche settimana fa abbiamo appreso che il rapporto tra il debito totale e il pil del paese avrebbe ormai raggiunto alla fine di giugno 2014, secondo alcune stime, il valore del 251% rispetto al 148% che esso presentava alla fine del 2008.
Tale livello appare molto elevato per gli standard dei paesi emergenti anche se molti paesi ricchi presentano un rapporto più alto. Bisogna sottolineare che il livello del debito cresce ogni anno percentualmente più di quanto faccia il pil. La spinta alla crescita è, in parte almeno, dovuta ai piani di investimento posti in essere a partire proprio dal 2008 per evitare di essere in qualche modo coinvolti nella crisi. Due elementi che rendono meno negativa la situazione di quanto possa a prima vista apparire son costituiti da una parte dal fatto che quasi tutto il debito è finanziato da fonti interne e dall’altra che esso è per la gran parte nelle mani delle istituzioni finanziarie pubbliche.
Veniamo intanto informati che le grandi banche pubbliche hanno avviato dei massicci programmi di ricapitalizzazione per far fronte presumibilmente alle rilevanti perdite su crediti originate dai prestiti frettolosi concessi a suo tempo per tenere su l’economia negli anni delle difficoltà. Parallelamente la banca centrale ha iniettato recentemente 81 miliardi di dollari nel sistema per aiutare lo sviluppo dei prestiti.
Questa mossa segnala peraltro la presenza di una contraddizione, tra il desiderio di tenere a freno la speculazione immobiliare e il desiderio di spesa dei governi locali da una parte e le esigenze opposte di sostenere finanziariamente lo sviluppo economico. La navigazione appare difficile ma essa va avanti sotto un attento controllo a vista.
A proposito in particolare del settore immobiliare preoccupa da molto tempo la minaccia di una bolla. Soprattutto nelle grandi città la crescita dei prezzi negli ultimi anni è stata molto sostenuta, alimentata appunto anche dall’abbondante credito del settore bancario. Ma ora un stretta finanziaria su questo fronte, avviata dal governo centrale, sembra stia dando dei risultati.
La liberalizzazione dei movimenti di capitale
Sono disponibili dei dati che danno un’idea della forza finanziaria raggiunta dalla Cina. Il livello del risparmio ha ormai raggiunto nel paese circa 5 trilioni di dollari, contro 3 trilioni per gli Stati Uniti (Wolf, 2014). Questo renderebbe relativamente facile al paese, tra l’altro, di maneggiare con una certa disinvoltura un qualche shock finanziario che si dovesse manifestare in futuro.
Bisogna sottolineare che in un sistema di restrizioni ai movimenti di capitali normalmente si verificano delle entrate e delle uscite clandestine, sotto varie forme. Ma nel caso cinese tutto è smisurato, sia per i capitali in entrata che per quelli in uscita; non conosciamo l’entità vera dei primi, ma quelli in uscita, secondo una stima (Global Financial Integrity, 2013), sono ammontati, nel solo periodo tra il 2005 e il 2011, a ben 2,83 trilioni di dollari, una cifra pari da sola quasi all’intero risparmio statunitense. E questo flusso enorme in uscita non sembra avere peraltro prodotto grandi guasti finanziari nel paese.
Ma quello della liberalizzazione totale, ipotesi di cui si comincia in qualche modo a discutere, sarebbe un passaggio molto delicato. Da una parte si dovrebbe comunque cercare di bloccare i capitali speculativi e dall’altra il processo dovrebbe svolgersi comunque con grande prudenza e gradualità, per evitare gravi contraccolpi. Tra l’altro, non bisogna dimenticare che in Cina manca ad oggi un mercato finanziario sufficientemente sviluppato ed anche la sofisticazione del sistema bancario non appare ancora adeguata.
In ogni caso sembra proprio che i cinesi stiano, passo dopo passo, avanzando nel processo, anche se non è chiaro sino a dove ci si spingerà. Comunque, se le cose raggiungeranno un certo grado di liberalizzazione, con il tempo senza dubbio i risparmiatori cinesi, con la loro forza finanziaria, diventeranno proprietari di una larga fetta del mondo e comunque ristruttureranno completamente il sistema finanziario mondiale (Wolf, 2014).
Intanto crescono fortemente gli investimenti diretti all’estero che forse già nel 2015 potrebbero superare quelli in entrata nel paese (Jao Jiing, 2013). Parallelamente, negli ultimi mesi il processo di internazionalizzazione del renminbi, spinto dalle autorità centrali, ha fatto molti passi in avanti. Uno dei fatti più rilevanti appare quello che molte banche centrali dei vari paesi hanno incominciato ad acquistare renminbi come valuta da inserire nelle loro riserve. D’altro canto sono in forte progressione gli accordi tra la Cina e molti altri paesi per l’uso del renmimbi al posto del dollaro nelle loro transazioni commerciali.
Per altro verso fa qualche passo avanti l’esperimento di Shangai, importante tentativo di spingere sul fronte della liberalizzazione finanziaria. La notizia più recente al riguardo appare quella di un grande accordo tra la borsa di Shangai e quella di Hong-Kong che dovrebbe portare al risultato di creare la terza borsa mondiale come dimensioni; tra l’altro, l’accordo significa che gli investitori cinesi potranno ora acquistare liberamente i titoli quotati a Hong-Kong e quelli internazionali, sia pure gradualmente, i titoli cinesi.
Il sistema finanziario ombra
Nell’ambito delle questioni finanziarie un tema molto dibattuto è quello dello sviluppo progressivo di un importante sistema finanziario ombra, che diversi commentatori temono possa mettere in seria difficoltà l’economia del paese.
Alcune cifre che sono fornite al riguardo sembrano a prima vista impressionanti. Il credito bancario ufficiale che sino a qualche anno fa toccava il 90% di quello totale concesso all’economia ora si colloca a meno del 50%; per alcuni analisti il prestiti del settore dello shadow banking ora toccano il 50- 60% – per altri sino all’84%- del pil; il settore controllerebbe circa il 25-30% del totale degli attivi bancari del paese.
Ma bisogna aggiungere che un’analisi più attenta della situazione riesce a ridimensionare notevolmente l’importanza del settore e il livello dei rischi. Intanto va considerato che, a livello mondiale, lo shadow banking raggiunge in media il 117% del pil ed esso controlla il 52% del totale degli attivi bancari; poi, comunque, da un’analisi attenta del settore in Cina i rischi veri sembrano aggirarsi su partite che raggiungono al massimo il 15% del pil e toccano soltanto il 6% degli attivi bancari (Yukong Huang, 2014), cifre ampiamente gestibili.
Il renmimbi
Il renmimbi sembrava una scommessa sicura per gli speculatori, dal momento che per diversi anni il suo valore nei confronti del dollaro non cessava di crescere; così dalla metà del 2011 alla fine del 2013 la rivalutazione è stata di circa il 20%. Nel 2013 gli afflussi di fondi in Cina, per molte vie, sono così ammontate a 500 miliardi di dollari, attratte anche dai relativamente elevati tassi di interesse.
Le ragioni per cui la moneta continuava a rivalutarsi erano molte: tra l’altro, da una parte le pressioni statunitensi, più o meno motivate, che sottolineavano il grande sbilancio della bilancia dei pagamenti del paese, dall’altra il desiderio da parte cinese che la moneta giocasse un ruolo molto maggiore sulla scena internazionale, unito alla la stessa e crescente forza dell’economia.
Ma dal febbraio 2014 le cose sono cambiate; la moneta ha cominciato a svalutarsi. Con questa mossa Pechino ha intanto presumibilmente voluto rimarcare che la scommessa sullo yuan non è più a senso unico; ha pesato poi nelle decisioni la preoccupazione per il precedente grande afflusso di hot money; si è anche voluto dare una qualche risposta ai giapponesi che avevano svalutato la loro moneta del 25%, mentre molte merci cinesi competono sui mercati internazionali con quelle del paese vicino. Negli ultimi mesi, peraltro, raggiunti gli obiettivi che la direzione della banca centrale si era prefissa, il renmimbi ha ricominciato a crescere e tutto per il momento è rientrato nell’ordine; ma il segnale è stato dato.
Testi citati nell’articolo
-Global Financial Integrity, Global illicit funds flows report, Washington, dicembre 2013
-Wolf M., Chinese savers can scorch the world, www.ft.com, 8 aprile 2014
-Yukong Huang, Alarmists overstate shadow banking threat, www.ft.com, 17 luglio 2014
-Yao Jing, Odi on track to outstrip Fdi, official says, www.chinadaily.com, 27 dicembre 2013