Dentro o fuori/Un intero continente va al voto portandosi dietro i fantasmi del passato. Uno sguardo all’appuntamento con gli occhi di chi non è europeo
Mondo, eccoci. Gli articoli che pubblichiamo, Luciana Castellina e Saskia Sassen, Filippomaria Pontani e Anna Maria Merlo, l’intervista di Teresa Pullano a Dipesh Chakrabarty mostrano come l’Europa “comunitaria” abbia molto da imparare dal fuori, purché si lasci per un momento da parte la nostra abituale aria di superiorità, la nostra innata puzza sotto il naso. C’è molto da apprendere da coloro che arrivano, per mare e per terra, che atterrano dalle nostre parti. Dovremmo essere loro grati per quello che ci portano: loro stessi in primo luogo, con la loro giovinezza e i loro figli; e poi quello che sanno, quello che hanno voglia di fare. Anche questa è Europa. Un’Europa su cui scommettere.
Le elezioni dell’Unione europea che si svolgono in settimana per completarsi domenica 25 sono certo l’occasione per rileggere tutta la nostra storia recente, ricordare il poco di buono e vergognarsi dei molti errori accumulati in cinquanta o sessanta anni, e naturalmente elencare migliori propositi per l’avvenire. D’altro canto noi che amiamo la politica sappiamo bene che nel mondo, vasto e terribile com’è, sono in pochi a dare importanza alle nostre elezioni di maggio 2014; anzi tra i viventi fuori dell’Unione (e anche dentro, se è per questo) è solo una stretta minoranza a sapere che esiste un livello di potere e di governo collocato sotto Onu o Fondo Monetario Internazionale e sopra Francia o Germania. E coloro che si sforzano di capirci qualcosa in questo pasticcio europeo sono ancora meno, se si escludono gli stranieri migranti alla ricerca di un rifugio purchessia e che quindi non possono avere come unico obiettivo di viaggio quello di ritrovare nell’Unione persone amiche per ricongiungersi con esse e lavorare insieme, stare insieme.
L’Europa è misteriosa. Se mai gli studenti delle scuole secondarie di un continente qualsiasi dovessero fare una ricerca sull’Onu scoprirebbero subito con un certo stupore che ben tre dei paesi dotati di diritto di veto al Consiglio di Sicurezza fanno parte dell’Europa, quell’infinitesima appendice dell’Asia, un’ «espressione geografica», priva perfino di una lingua comune (come noterebbe un Metternich rinato). Sono i tre paesi che hanno vinto la cosiddetta Seconda Guerra Mondiale, insieme agli Stati uniti d’America e sconfiggendo un altro paese dell’Unione europea, Germania. La Seconda Guerra, come del resto la Prima, è stata l’ennesima guerra europea. Nel corso di centinaia di anni si sono succeduti dalle nostre parti abominevoli massacri di fanti, in campo aperto o in trincea, città assediate e messe a ferro e a fuoco, popolazioni costrette all’esilio in nome di nuovi re e di nuovi dei. Da mezzo millennio e per certi versi da un millennio intero è poi è ripresa l’abitudine di andare alla conquista di terre lontane, in Africa, in Asia, nelle Americhe. “Scoprirle”, depredarle, conquistarle, farne colonie, costruendo il proprio benessere sullo sfruttamento di interi continenti. Come spiegare la forza prepotente degli europei in giro per il globo è il vero mistero. Alcuni parlano di capitalismo.
Francia e Germania hanno infine detto «basta» agli stermini che scandivano l’eterna guerra tra di loro. Ne è nata quella che adesso è l’Unione europea, con 27 paesi insieme e nomi e leggi che nel corso di mezzo secolo sono cambiate più volte. Prima il patto per il nucleare civile, il carbone e l’acciaio; poi l’abolizione, in varie tappe, di dazi e dogane; infine qualche regola di vita in comune, con un occhio agli interessi delle multinazionali. Rimane il principio «mai più guerra tra di noi» come legge fondamentale dell’Unione.
I missili puntati a est contro la Russia, l’altro vincitore europeo della cosiddetta Seconda Guerra Mondiale, gli interventi impazienti e crudeli nei Balcani, le avventure militari in Africa e in Medio Oriente non hanno mostrato la faccia allegra e sorridente d’Europa, quella che i suoi cittadini, vecchi e nuovi, avrebbero preferito. Così in molti ricordano che dopo tutto siamo pur sempre noi, quelli dell’Unione e gli altri europei, ad avere inventato, nel secolo scorso, fascismo, nazismo e stalinismo. Mondo eccoci. Aiutaci tu, dacci qualche speranza, ché da soli siamo perduti.