Top menu

Quale impatto per la Tobin Tax in Italia?

Un working paper della BCE analizza il potenziale impatto dell’introduzione della Tobin Tax su volumi, volatilità e liquidità dei titoli italiani quotati nella borsa di Milano

E’ stato appena pubblicato un interessante lavoro di ricerca sull’impatto della Tobin tax in Italia nella collana dei working paper della BCE. Come tale (e come è ben noto agli addetti ai lavori) si tratta di un lavoro di ricerca realizzato da autori dell’ufficio studi che non rappresenta il punto di vista dell’istituzione. Il lavoro di ricerca è stato ripreso in un articolo di Milano Finanza in modo piuttosto impreciso. Si parla di aumento della volatilità quando i risultati del working paper indicano che la variazione di volatilità non è significativa. Ma andiamo per ordine.

La sostanza del working paper BCE sulla Tobin tax è la seguente. Si analizza, con l’approccio “difference in difference”, l’impatto dell’introduzione della tassa su volumi, volatilità e liquidità dei titoli italiani quotati nella borsa di Milano (c.d. “gruppo trattato”). L’idea è quella di cogliere differenze significative tra la reattività dei titoli soggetti alla Tobin tax e quella del “gruppo di controllo”, composto dai titoli italiani non sottoposti alla tassa. Questi ultimi, tuttavia, rappresentano un termine di paragone eterogeneo rispetto ai titoli tassati, essendo titoli a minor capitalizzazione (meno di € 500 milioni). I risultati dello studio indicano una non significativa differenza dei volumi e dei rendimenti, una significativa riduzione della liquidità e una non significativa variazione della volatilità nei titoli sottoposti a tassa rispetto al campione di controllo.

L’articolo conclude riconoscendo onestamente i limiti della portata dell’analisi e ammettendo che la valutazione dell’opportunità o meno della tassa va fatta sulla base di una funzione di benessere nella quale si specifichino i pesi dei diversi obiettivi (es. raccolta fiscale, liquidità, volatilità, volumi).

I risultati appaiono difformi a quelli di un nostro lavoro relativo all’impatto della Tobin tax francese (in larga parte analoga per caratteristiche a quella italiana) pubblicato nel 2014 sul Journal of Economic Stability e con 33 citazioni al momento (inclusa quella nello studio in commento). Nel nostro lavoro i volumi scendono significativamente, la liquidità e la volatilità si riducono lievemente.  In un analogo lavoro sui titoli italiani in corso di completamento troviamo invece impatti non significativi su volatilità e liquidità a fronte di riduzione di volumi. I nostri risultati sono confermati anche nello studio dei titoli italiani quotati su borse estere, dove il campione di controllo è costituito da società estere con capitalizzazione analoga ai titoli italiani tassati.

Le variabili utilizzate sono diverse rispetto al nostro lavoro sull’impatto in Francia, peraltro citato dagli autori, ed in Italia. Noi guardiamo anche alla volatilità intraday (differenza tra prezzo massimo e minimo giornaliero) perché riteniamo che sia una misura significativamente influenzata dal comportamento dei traders ad alta frequenza e, comunque, misura le fibrillazioni che producono preoccupazioni ed agitazioni nei media e nell’opinione pubblica. Per lo stesso motivo consideriamo anche la liquidità intraday. Inoltre, le definizioni delle ulteriori variabili utilizzate per volumi, volatilità e liquidità nel nostro studio sono più elaborate e sofisticate delle classiche variabili, in linea con la letteratura, allo scopo di cogliere al meglio gli effetti del fenomeno studiato.

La conclusione del working paper BCE è molto importante e sincera. Per valutare l’impatto e l’opportunità di introdurre una Tobin tax bisogna decidere quanto è importante raccogliere risorse fiscali con questo strumento e per farne cosa, e se e quanto è importante aumentare o ridurre volatilità, liquidità e volumi di transazioni sui mercati.

La posizione dei sostenitori della tassa (tra i quali anche noi) è ben nota. Le diseguaglianze sono arrivate ad un livello tale da minare il funzionamento delle economie reali e i mercati finanziari con crisi periodiche finiscono per accentuarle. Raccogliere risorse fiscali è importante e i livelli di liquidità dei mercati sono già molto elevati e non necessariamente più liquidità è sempre meglio (uno dei motivi della formazione e dello scoppio della bolla immobiliare negli Stati Uniti, alla radice della crisi finanziaria globale, è proprio il livello troppo basso di costi di transazione nell’acquisto/vendita delle case che le hanno trasformate in attività speculative tout court avvicinando scommettitori e non cittadini che volevano acquistare prime o seconde case). Pertanto un’imposta che allontana il trading ad alta frequenza dai mercati regolamentati, raccoglie risorse fiscali e riduce la volatilità intraday (anche nel caso in cui riduca un pochino la liquidità) ha un rapporto benefici/costi largamente positivo. Anche se ovviamente non è sufficiente di per se eliminare tutti i limiti e le storture dei mercati finanziari. Le opinioni contrarie sono ovviamente lecite. Tutti gli studi, inclusi i nostri e quello in commento confermano una sola cosa: la scelta di imporre una Tobin tax è una scelta politica, ovvero scegliere gli obiettivi della funzione di benessere, nel linguaggio degli economisti. Non ci sono da una parte quelli che fanno i conti bene e quelli che li sbagliano, ma solo due diverse scale di valori che si contrappongono.

Con enorme pragmatismo gli inglesi sono riusciti da tempo ad avere “the best of the two worlds” (o si direbbe da noi la botte piena e la moglie ubriaca). Con una pesantissima tassa sulle transazioni finanziarie allontanano gli speculatori puri e i traders ad alta frequenza dalla compravendita delle azioni inglesi sulla borsa di Londra. Lasciandoli pascolare su altri mercati finanziari che loro stessi tollerano o creano come i mercati delle differenze dove si può scommettere sulle differenze di prezzo degli stessi titoli azionari pur non comprandoli e dunque non pagando la tassa. Il risultato è un sostanzioso prelievo fiscale (almeno 2 miliardi di sterline l’anno) la riduzione della volatilità della borsa inglese e i proventi derivanti dall’attività degli speculatori che pascolano su altre e vicine praterie.

In conclusione, un chiarimento. Nell’articolo di Francesco Ninfole su MilanoFinanza del 30/08/2016, come in altri casi (De Bortoli sul Corriere – Risparmio e Finanza del 23/07/2016), si evidenzia che il gettito effettivo della Tobin tax italiana sia inferiore (meno della metà) rispetto alle aspettative di 1 miliardo/anno. Al riguardo, occorre chiarire che le stime del Ministero furono sviluppate su una proposta di legge ben più incisiva di quella in fine approvata, che essendo una versione “depotenziata” rispetto all’originale proposta ha generato gettiti fisiologicamente inferiori, ma tutt’altro che deludenti.