La mappa dell’Italia che ha votato ritrae soprattutto due fenomeni: paura e povertà. Paura e povertà, in questo strano intreccio, sono diventate le forze che disegnano la politica italiana. La paura che si afferma come ideologia della Lega; la povertà come condizione del successo dei Cinque stelle. Al posto di destra e sinistra, la politica […]
La mappa dell’Italia che ha votato ritrae soprattutto due fenomeni: paura e povertà. Il centro-nord (Lazio compreso) si è affidato a un nuovo Centrodestra a egemonia leghista: nel nord della Lombardia e del Veneto è oltre il 50%, con la Lega che arriva a punte tra il 33 e il 38% nelle sue zone di insediamento tradizionale; nel Piemonte lontano da Torino il Centrodestra è vicino al 50%, con la Lega meno forte; nel resto del Nord è quasi ovunque oltre il 40%; in Emilia, Toscana e Umbria la percentuale è oltre il 35%; nel Lazio che esclude Roma è al 40%.
Il centro-sud (Marche comprese) vede dilagare i Cinque stelle: sfiorano il 50% in Sicilia e nel nord della Campania, sono oltre il 40% in Calabria, Basilicata, Puglia, Molise e Sardegna.
Più articolata è solo la fotografia dei collegi uninominali delle grandi città. Il Centrodestra ha vittorie in collegi a Torino, Milano, Venezia, Palermo. I Cinque stelle conquistano alcuni collegi a Torino, Genova, Palermo, Roma e hanno Napoli. Torino, Milano, Bologna, Firenze, Roma lasciano qualche circoscrizione al Pd.
Il 37-38% (rispettivamente alla Camera e al Senato) ottenuto dal Centrodestra viene dal successo della Lega, passata dal 4% delle elezioni politiche del 2013, al 6% delle elezioni europee del 2014, al 18% di oggi, mentre Forza Italia scende dal 22% del 2013 al 17% del 2014 e al 14% attuale. Il 32-33% (rispettivamente al Senato e alla Camera, con un elettorato più giovane) dei Cinque stelle va misurato con il 26% delle politiche del 2013 e con il 21% delle europee del 2014. La partecipazione al voto è stata analoga a cinque anni fa, intorno al 75%, mentre alle europee era scesa molto, al 57%.
Quelli di Centrodestra e Cinque stelle sono successi paralleli, alimentati da ingredienti comuni: il voto di protesta, la retorica populista, la critica all’Europa, l’astio contro gli immigrati. Nel Centrodestra queste spinte coesistono con interessi molto distanti – quelli del potere economico intorno a Berlusconi – e la definizione dei rapporti di forza interni alla coalizione sarà complicata, in termini di egemonia politica prima ancora che nella formazione del governo.
Nei Cinque stelle quegli ingredienti convivono con il tentativo di passare da movimento di protesta a partito di governo, anche qui con un’evoluzione dell’identità e dell’agenda politica ancora tutta da definire.
Spinte analoghe, tuttavia, prendono strade diverse al Nord e al Sud. Il radicamento leghista al Nord ha interpretato la difesa di un benessere a rischio, la richiesta di meno tasse, l’egoismo locale e nazionale. Il Sud ‘lasciato indietro’ dalla politica e dall’economia, abbandonato dalla nuova emigrazione, segnato dal degrado sociale e dai poteri criminali, prende la strada di una protesta che reclama un nuovo potere. L’operazione di Matteo Salvini per costruire un ‘Fronte nazionale’ alla Le Pen ha trovato in queste divaricazioni regionali il suo limite principale.
Dietro a tutto questo ci sono i dieci anni di crisi economica e sociale del paese. Il reddito pro capite in Italia è sceso ai livelli di vent’anni fa; dietro questa media c’è un vero e proprio crollo – del 30% circa – dei redditi del 25% più povero degli Italiani, quelli che abitano al Sud o nelle periferie in declino del Centro-Nord. Vent’anni di ristagno e declino vuol dire una generazione con aspettative di reddito, di lavoro e di vita sempre peggiori. L’impoverimento è diventato una realtà per una parte molto ampia degli italiani. Il voto ai Cinque stelle riflette la povertà del Sud – e si comprende bene il richiamo della loro richiesta di reddito minimo. Il voto alla Lega esprime la paura di impoverirsi del Nord. Solo nei centri delle città maggiori, dove vivono i più ricchi, i più istruiti, e l’economia va meglio, il voto prende direzioni diverse, verso Forza Italia e il Pd.
La povertà si accoppia alla paura: di stare peggio, di avere accanto immigrati e altri poveri con cui ci si trova in concorrenza per i lavori meno qualificati e per servizi pubblici più scarsi. In queste elezioni la paura più agitata è stata quella degli immigrati – gli sbarchi a Lampedusa, l’accoglienza impossibile, le tragedie di Macerata. Salvini ne ha fatto la sua bandiera più pericolosa, i Cinque stelle esprimono la stessa ostilità – i salvataggi delle Ong viste come ‘taxi del mare’, il rifiuto di riconoscere la cittadinanza alle seconde generazioni.
Paura e povertà, in questo strano intreccio, sono diventate le forze che disegnano la politica italiana. La paura che si afferma come ideologia della Lega; la povertà come condizione del successo dei Cinque stelle. Al posto di destra e sinistra, la politica della paura (anche quella di stare peggio) e il lamento degli impoveriti, degli esclusi dalla ‘casta’.
La tragedia della sinistra è che uguaglianza, sicurezza sociale e solidarietà sono state per duecento anni le sue insegne. Via via smarrite nella perdita di identità collettive, in pratiche politiche sempre meno coinvolgenti, in politiche di governo sempre più in contrasto con quei valori. In questo degrado politico va sottolineato che pulsioni pericolose come paura e povertà si siano espresse con gli strumenti della democrazia: il 75% di votanti e le file ai seggi sono l’unica buona notizia del 4 marzo 2018.