Top menu

L’esplosione della bolla Bitcoin, un’autopsia

Il 2018 si è chiuso con un crollo su tutta la linea delle criptovalute, la capitalizzazione complessiva è passata dal picco di 830 miliardi di dollari a inizio anno ai 130 attuali. Ma non è detto che nel 2019 non risorgano.ilsole24ore.it

Ad un anno di distanza esatto dal picco del prezzo di Bitcoin a 19.100 $, è possibile apprezzare in retrospettiva la magnitudo della bolla sulle valute digitali e la violenza della sua esplosione nel 2018. Da dicembre 2017 il prezzo ha ceduto l’85%, il secondo calo mai registrato, anche per un asset non convenzionale che ha mostrato storicamente cicli di boom & bust molto accentuati. Nel 2011 il prezzo declinò del 93% a 2 $ da un massimo di 39$, mentre nel 2013 in poche settimane il prezzo esplose a 1.151 $ per declinare a 177 $ nell’arco di 12 mesi.

Non è certo che stavolta si sia toccato il fondo: storicamente alla fase di rapido declino segue una stagnazione del prezzo che può anche durare anni definita in gergo come “crypto-winter”.

Nell’economia della bolla speculativa le c.d. alt-coins si sono rivelate, a prescindere da qualsiasi valutazione tecnica, semplici varianti più volatili e meno liquide di Bitcoin, correlate quasi perfettamente tra loro. Questa caratteristica ha reso futile qualsiasi tentativo di diversificazione del rischio tra diversi crypto-assets.

Tra le alt-coins una menzione specifica va ad Ethereum; si tratta della valuta digitale al secondo posto come livello di capitalizzazione che è stata sfruttata come piattaforma tecnica per la proliferazione delle c.d. ICO (Initial Coin Offering). Queste in sostanza sono vere e proprie offerte pubbliche di acquisto mascherate, che sono state utilizzate per raccogliere risorse finanziare al riparo dei regulators e finanziare progetti di dubbia efficacia. Gran parte di queste iniziative hanno invariabilmente distrutto risorse economiche o si sono rivelate vere e proprie truffe in cui il potere di difesa degli investitori era sostanzialmente azzerato.

Ex-post il pattern del prezzo durante la bolla Bitcoin ha seguito con precisione l’andamento asimmetrico dei suoi cugini storici, a partire dalla bolla dei tulipani del 1637, passando per quella della South Sea Company fino al più recente burst della bolla .com del 1999-2000. Dopo una fase di moderata ascesa, è seguita una rapidissima fase maniacale di crescita verticale del prezzo di circa 9 mesi con un finale folle nel dicembre 2017, mese in cui il prezzo è più che raddoppiato partendo da una base già altissima. Il vertice si è toccato con un classico “doppio picco” a gennaio 2018, sincronizzato – non a caso – con il raggiungimento dei massimi sui mercati azionari globali ed il picco della liquidità immessa nell’economia dalle principali banche centrali del mondo. Da allora il prezzo Bitcoin ha avuto un declino pressoché ininterrotto, con crolli molto rapidi e brevi riprese sempre meno convinte, con massimi relativi discendenti.

Qual è il floor di questa incredibile discesa? Sul tema c’è da considerare che Bitcoin, i suoi cloni ed il resto delle valute digitali non hanno un proprio valore intrinseco. I prezzi sono determinati semplicemente dall’incrocio di domanda e ed offerta sui singoli mercati di scambio; si tratta di prezzi spesso altamente illiquidi, diversi tra loro anche di centinaia di euro senza che sia possibile un efficace arbitraggio tra i vari mercati per i limiti strutturali di Bitcoin e delle piattaforme di regolamento. Dunque è assai difficile pensare di determinare quale possa essere il fair value. Spesso per i trader che operano su questi mercati l’analisi tecnica è l’unico strumento guida per interpretare i movimenti del prezzo. Ciò paradossalmente fa sì che la dinamica del prezzo, determinata dalle azioni collettive dei trader, segua a volte i pattern previsionali dell’analisi tecnica.

Con questo quadro d’insieme è possibile isolare i principali driver dell’ascesa e vertiginoso declino di Bitcoin e, a cascata, di tutte le altre alt-coins. Nella fase di forte ascesa del prezzo tra marzo e dicembre 2017 è stato preponderante il ruolo svolto dalla stablecoin Tether. Una stablecoin è una valuta digitale ancorata con un cambio fisso ad una valuta fiat scambiata sul mercato FOREX, come il Dollaro o l’Euro. La sua esistenza è giustificata dal fatto che – allo stato attuale – la conversione tra valute fiat e valute digitali è lenta e farraginosa dato che richiede il trasferimento di fondi dalle banche tradizionali alle crypto-exchange attraverso bonifici transfrontalieri, il cui regolamento può richiedere diversi giorni. La conversione tra valute digitali è invece istantanea e permette ai trader di proteggersi tramite le stablecoin dall’elevatissima volatilità delle quotazioni di Bitcoin ed affini. Naturalmente 1 Tether non equivale ad un Dollaro perché non può essere convertito liberamente, sebbene la stessa società ha sempre dichiarato di detenere una riserva di Dollari corrispondente alla quantità di Tether emessa e circolante sulle exchanges. Tuttavia per i trader svolge la stessa funzione, quindi è irrilevante che ci sia o meno convertibilità.

A dicembre 2018 esistono almeno 5 diverse stablecoin sul mercato che offrono questo servizio, ma nel 2017 Tether ha gestito sostanzialmente un monopolio che ha influenzato pesantemente l’andamento dei prezzi sui vari exchange, come evidenziato da un’analisi statistica dell’Università di Austin, Texas. Molto è dipeso dal fatto che la società che emetteva i Tether era de facto controllata dalla più grande crypto-exchange dell’Asia, Bitfinex.

ANDAMENTO DEL PREZZO UNITARIO DI BITCOIN (BDT) E CAPITALIZZAZIONE DI THETER (USDT)
(Fonte: Coinmarketcap.com – Blockchain.info)

Esaminando i dati (cfr. Figura) si nota come l’andamento del prezzo di Bitcoin (e delle altre alt-coins) nella fase di pump della bolla sia perfettamente correlato all’immissione di Tether sulle exchanges. Come la ricerca citata evidenzia, è statisticamente probabile che l’exchange Bitfinex abbia alimentato artificialmente il manic buying di valute digitali attraverso quantità crescenti di Tether. In una fase di rialzo esponenziale del prezzo questa strategia permette di “emettere allo scoperto” Tether senza adeguata copertura in Dollari al fine di acquistare valute digitali, contando sul fatto di poterle rivendere ad un prezzo maggiore in un secondo momento e ricostituire le riserve. L’effetto segnale di forti aumenti del prezzo in tempi sempre più accelerati ha contribuito alla crescita dell’hype su Bitcoin che ha attirato nella fase terminale della bolla a fine 2017 speculatori ed investitori poco esperti di asset digitali ed inconsapevoli dei rischi.

La lunga contrazione dei prezzi, forse non ancora terminata, è stata causata da 2 principali fattori operanti in due fasi temporali distinte. Nel periodo gennaio-aprile 2018, il calo è stato demand-driven e dunque determinato dalla fuga di investitori speculativi dell’ultim’ora, fortemente esposti per via dell’acquisto a prezzi molto elevati e spaventati dall’improvviso turn-around del mercato dopo una crescita insostenibile. In questo classico panic-selling si può notare come venga a mancare sui mercati anche il sostegno prima presente di una crescente emissione di Tether. Da febbraio infatti la crescita dei Tether in circolazione rallenta per poi appiattirsi; ciò è segnaletico del fatto che in un mercato declinante la strategia di emissione allo scoperto non è più in grado di dare più i suoi frutti.

A giugno 2018 il prezzo sembra trovare apparentemente un floor a circa 6.000$ un livello comunque oltre 10 volte maggiore del prezzo che Bitcoin aveva ad inizio 2017. A questo punto la maggioranza degli investitori speculativi è già sparita e la volatilità delle valute digitali tende a ridursi drasticamente mentre si assottigliano progressivamente gli scambi. Molti analisti ritengono che in questa fase 6.000$ sia il livello minimo necessario per compensare i costi energetici dei miners che “coniano” digitalmente nuovi crypto-assets. Fino ad allora, l’esigenza di una crescente popolazione di miners di recuperare costi di produzione in tendenziale aumento era stata una forza che sosteneva il prezzo.

Tuttavia il fragile equilibrio non regge. A novembre 2018 l’annuncio di un ennesimo split tra valute digitali che punta ad ottenere un nuovo clone di Bitcoin privo di innovazioni sostanziali provoca un terremoto sui prezzi che rompe i fragili equilibri raggiunti. In questo contesto il fattore determinante sembra essere offer-driven e riguardare la comunità dei miners di valute digitali. Infatti una quota sostanziale di miners sposta la propria potenza di calcolo (o hashrate) da Bitcoin verso le valute-clone nella speranza di poter ottenere dalla duplicazione dei profitti privi di rischio, come avvenuto più volte in simili occasioni nella fase ascendente della bolla.

Tuttavia il quadro ora è cambiato: lo shift anomalo di potenza di calcolo toglie supporto a Bitcoin che riprende la spirale discendente del prezzo, trascinando con sé anche le valute-clone su cui i miners avevano investito. Una parte dei miners, che già operava in perdita prima del recente crollo, viene buttata fuori dal mercato provocando per la prima volta in assoluto uno shut-down della potenza di calcolo complessiva della rete Bitcoin, che declina del 50% in poche settimane. In questo breve lasso di tempo Bitcoin e le alt-coins vanno in free-fall come mai successo nella fase demand-driven dello scoppio della bolla, subendo perdite dell’ordine del 70%.

Difficile dirsi quando questa “selezione darwiniana” tra miners possa fermarsi. Il protocollo di Bitcoin prevede un meccanismo automatico di auto-regolazione tale per cui il costo di mining delle valute tende a scendere a fronte di un calo della potenza di calcolo della rete. Questo aggiustamento periodico permette agli operatori che operano al margine di rientrare sul mercato a costi inferiori.

Il 2019 potrebbe essere un punto di ripartenza per le valute digitali. Gli investimenti in innovazione tecnologica ed infrastrutture non si sono mai fermati e gli interessi degli investitori istituzionali vanno al di là della frenesia speculativa di breve periodo. Anche i regulators stanno gradualmente intervenendo nel riordino di questi mercati di frontiera, anche se, come delineato in un recente paper di Mirella Pellegrini (Open Review of Management, Banking and Finance) il lavoro è oltremodo complesso. Tutto considerato, il crypto-winter potrebbe non essere così lungo.

Da Il Sole 24 ore