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Is Blangiardo unfit to rule Istat?

Carlo Blangiardo sta per diventare il nuovo presidente dell’Istat. Ma è davvero la persona adatta per ricoprire un simile ruolo? Ci sono fondati argomenti per ritenere il contrario, non solo perché ha partecipato a scrivere il programma della Lega.

La commissione Affari costituzionali della Camera si appresta a dare l’incarico al prof. Gian Carlo Blangiardo quale nuovo presidente dell’Istat. Tale decisione è preoccupante visto che non appare dettata dal curriculum di prestigio del professore (che è ad ogni modo un demografo di rilevanza nazionale) quanto da alcune sue posizioni politiche e in particolare dalla sua vicinanza alla Lega, per la quale ha partecipato anche alla giornata di scrittura del programma.

Non voglio però entrare in questa sede nel merito politico delle idee di Blangiardo (di cui si può trovare una rassegna qui), bensì su alcuni suoi interventi che destano preoccupazione dal punto di vista della indipendenza e il rigore che dovrebbero caratterizzare il presidente dell’Istituto Nazionale di Statistica. Blangiardo è un cattolico conservatore molto esperto di migrazioni e in generale tratta i temi con rigore e sull’immigrazioni con toni non salviniani (dall’aiutiamoli a casa loro a “I numeri esposti dal Rapporto Ismu lasciano forse intendere per l’Italia un nuovo corso del fenomeno migratorio, fatto di flussi governabili e di crescita sul piano dell’integrazione”. Si vedano i suoi molti interventi su neodemos.info). Tuttavia alcune posizioni del prof. Blangiardo risultano preoccupanti nel momento in cui appaiono dettate da posizioni ideologiche che conducono ad evidentissime contraddizioni dal punto di vista scientifico, oppure di gratuito attacco alla statistica ufficiale e mancato riconoscimento del ruolo dell’Istat, oppure ancora di colpevole non riconoscimento di forzature statistiche (cosiddette “bufale”). Se ne riportano qui tre esempi.

  1. Nell’audizione tenuta presso la Commissione Affari Costituzionali il prof. Blangiardo ha continuato a difendere l’idea che sia possibile calcolare la speranza di vita a partire dal concepimento riducendolo ad un mero esercizio teorico. Nell’articolo in cui il professore sostiene la possibilità di effettuare tale stima, egli  vorrebbe includere “il così detto “popolo dei non nati” per scelta volontaria (escludendo dunque i casi di abortività spontanea)1. Tuttavia, il calcolo della cosiddetta “speranza di vita al concepimento” non dovrebbe distinguere tra le diverse cause di morte, come non avviene per la speranza di vita attualmente calcolata. Nel caso del feto potremmo distinguere diverse cause morte, quelle per malattia, che conducono ad un aborto spontaneo, e quelle “ai sensi di legge” (per usare l’espressione del prof. Blangiardo), che conducono all’interruzione volontaria di gravidanza. Qualora si volesse veramente calcolare la “speranza di vita al concepimento” dovrebbero invece essere inclusi anche gli aborti spontanei. La volontà di contare solo gli aborti volontari risulta quindi una proposta ideologica che conduce ad un evidente errore statistico ovvero il riportare all’intera popolazione la condizione di solo una parte di essa. Sarebbe come calcolare la speranza di vita per l’intera popolazione usando però esclusivamente l’età media di morte a causa di omicidi volontari e suicidi.2
  2. In secondo luogo, recentemente (4 ottobre 2018) è tornato ad occuparsi degli andamenti della mortalità scrivendo “Viene così a riproporsi un segnale di forte crescita dei decessi, simile a quello che aveva caratterizzato il 2015 e sollevato inquietanti domande circa le sue cause. Domande che non hanno mai ricevuto, almeno da parte delle fonti ufficiali, convincenti risposte3.
    Se per fonti ufficiali si intende l’Istat, il candidato alla presidenza dovrebbe sapere che il compito dell’Istituto è quello di fornire dati affidabili e commentarli solo sulla base dell’evidenza disponibile e senza congetture, cosa che l’Istat ha fatto a fine 2015 con una nota dedicata4. La questione è stata poi molto approfondita dall’Istituto Superiore di Sanità, anche questa una fonte ufficiale, anche con l’istituzione di un gruppo di lavoro e di una pagina web di approfondimento5. L’attacco del prof. Blangiardo sembra quindi solo strumentale a gettare discredito su tali istituzioni al fine di supportare alcune congetture da lui proposte: ovvero il ruolo che avrebbero i tagli al bilancio della sanità non avvallati però da alcuna evidenza empirica. È legittimo sostenere che i tagli alla sanità possano avere un effetto sulla mortalità, non è rigoroso scartare le motivazioni date dalle istituzioni preposte sulla base dei dati disponibili e sostenere ipotesi senza proporre alcun elemento quantitativo. Non è questo che ci si aspetta dal futuro presidente dell’Istat.
  1. La faziosità del prof. Blangiardo è inoltre emersa chiaramente alla scuola di formazione della Lega cui è stato invitato lo scorso 11 novembre. In questa sede ha sì parlato dell’importanza dei dati e del loro utilizzo rigoroso, ma si è ben guardato di correggere l’uso distorto che in quella sede ne stava facendo il sottosegretario Molteni per dimostrare il merito del governo nella riduzione degli sbarchi. Egli infatti proponeva un confronto tendenziale (stessi mesi dell’anno precedente) per i soli mesi dell’attuale governo, quando considerando l’intera serie6 appare lampante come il punto di svolta nella riduzione degli sbarchi avvenga molto prima, in particolare a luglio 2017 e febbraio 2018. Il prof. Blangiardo, esperto di immigrazione, conosce bene quei dati ma si guarda bene dal correggerne l’interpretazione a seconda del proprio interlocutore.

2 Volendo fare un passo avanti ci si chiederebbe a questo punto come il professore pensi di contare il numero di concepimenti e di aborti spontanei (compresi quelli che avvengono alla prima settimana e di cui non è a conoscenza neppure la madre).