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Huawei, Cina, Usa e la lotta per il primato tecnologico

La disputa Cina-Stati Uniti a partire dal primato di Huawei nella tecnologia G5. Con l’Europa in ordine sparso. Delle 20 più grandi imprese nelle tecnologie avanzate, 11 sono Usa e 9 cinesi. Nessuna europea. 

Cosa sta succedendo alla Huawei

Intorno ai casi di Huawei, la grande compagnia di telecomunicazioni cinese, si vanno sviluppando da qualche mese molte questioni  e diversi interrogativi, insieme a parecchia confusione. Appare importante soffermarsi sulle vicende di questa impresa, cruciali da molti punti di vista, per valutare tra l’altro in che direzione sta andando l’innovazione tecnologica nel mondo, come si presenta poi il quadro della situazione competitiva tra Cina e Stati Uniti, quali i risultati dei tentativi sempre più marcati di un’applicazione extraterritoriale delle leggi americane, quali infine  i possibili sviluppi delle vicende relative nel prossimo futuro.

Il peso della società nei suoi mercati di riferimento

Preliminarmente ad un’analisi del quadro politico della situazione, appare opportuno ricordare il posizionamento della società cinese sui suoi due mercati principali, gli smartphone e gli apparati per telecomunicazioni.

-Il mercato dei telefonini

Qualche settimana fa la Apple annunciava che l’azienda stava vendendo meno smartphone che in passato a causa di un rallentamento generale del mercato cinese. Si trattava di un annuncio che in realtà affermava al massimo solo una mezza verità. 

E’ certamente vero che il mercato cinese degli smartphone sta rallentando, non si sa se temporaneamente o meno, ma è anche vero che la Apple sta vendendo di meno nel Paese anche, se non soprattutto, perché essa sta perdendo quote di mercato a favore dei produttori cinesi ed in prima fila di Huawei. Quest’ultima invece sta collocando sempre più prodotti non solo sul mercato interno, ma anche all’estero (tranne che negli Stati Uniti, dove il suo sviluppo è sostanzialmente impedito politicamente). E la Apple sta lentamente perdendo quote  su tutti i mercati, non soltanto in Cina. 

In una situazione analoga a quella della Apple si trova nella sostanza la coreana Samsung, sino ad oggi ed ancora presumibilmente per poco, primo produttore mondiale. Huawei, in particolare, ha raggiunto nel 2018 il livello di vendite quantitative della Apple, avendo collocato sul mercato 206 milioni di unità, contro i 153 milioni del 2017 e si appresta a superare anche Samsung, diventando così il leader di mercato; l’evento, secondo gli esperti, dovrebbe verificarsi entro 12-15 mesi.

Il numero dei produttori del Paese ora all’assalto dei mercati mondiali appare rilevante: per citare solo i più importanti, accanto a Huawei/Honor, bisogna ricordare almeno Xiaomi/Redmi, Oppo/Vivo, Lenovo/Motorola, Zte, Wiko, Meizu, Nomu, ma diversi altri seguono, tutti molto aggressivi.  I telefonini cinesi presentano un rapporto prezzo/prestazioni che appare, in generale, migliore di quello dei concorrenti e il mercato comincia ad accorgersene. 

E Huawei appare ormai comunque largamente in testa nel settore dal punto di vista dell’ innovazione tecnologica. I suoi ultimi prodotti si collocano ai primi posti nelle classifiche stilate di recente dalle società specializzate, mentre vengono annunciate per i prossimi mesi altre novità tecnologicamente all’avanguardia. 

-E quello del 5G

Delle considerazioni almeno per alcuni versi non molto differenti si possono fare per la situazione esistente nel settore degli apparati di telecomunicazioni. 

Lo sviluppo in atto nel mondo del nuovo e più avanzato sistema relativo – il 5G – sta avvenendo mentre una valutazione unanime tra gli esperti del settore afferma che l’azienda cinese è tecnologicamente la più avanzata (con un distacco che qualcuno valuta di almeno due anni rispetto ai concorrenti) nello sviluppo del nuovo sistema rispetto ai concorrenti europei (Nokia, Ericson), statunitensi (Cisco) e degli altri Paesi. 

La Huawei ha peraltro acquisito ormai da qualche tempo la leadership anche per quanto riguarda le quote di mercato a livello mondiale, anche se di nuovo non è presente, per questioni di forza maggiore, sul mercato degli Stati Uniti.  

A livello complessivo, sulle venti più grandi imprese operanti nel mondo nei settori delle tecnologie avanzate, oggi 11 risultano essere statunitensi e 9 cinesi. Nessuna azienda europea è presente. 

Ancora in termini generali, risultano sussistere pochi dubbi oggi tra gli esperti a proposito del fatto che la Cina supererà gli Stati Uniti in tale campo in un prossimo futuro. Questo, naturalmente, con l’attuale livello di informazioni disponibili e non escludendo mai le sempre possibili, quanto in questo caso forse improbabili, giravolte della storia.

Furto di tecnologie e spionaggio 

E’ anche sulla base di tale quadro di mercato e tecnologico, per molti versi inedito rispetto soltanto a qualche anno fa, che bisogna valutare quello che sta succedendo. 

Si può partire dalla considerazione che i gruppi dirigenti degli Stati Uniti, sia quelli economici che quelli politici (in quest’ultimo caso sia di destra che di sinistra), non riescono ad accettare  il fatto che un Paese che possiede un’economia con un vasto settore pubblico, un sistema finanziario controllato in gran parte dallo Stato (le prime quattro banche del Paese sono tutte pubbliche e sono anche le prime quattro banche del mondo come dimensioni) e con un intervento rilevante in economia, riesca a fare progressi così rapidi ed incisivi nel settore tecnologico. Il pensiero neoliberista, soprattutto nella versione anglosassone, non  consente di accettarlo. 

Ecco che la colpa di quel che sta succedendo viene attribuita al fatto che i cinesi rubano, in vari modi,  i segreti tecnologici ai Paesi occidentali. Si è arrivati persino a pensare che la vendita alla città di Boston di un certo numero di vetture per la metropolitana da parte di una società del Paese asiatico comporterebbe la conseguenza che nei vagoni vengano nascosti degli apparecchi con cui i cinesi potrebbero spiare quello che avviene nella città!

Ora, è probabilmente vero che i cinesi cercano di frequente di spiare le innovazioni tecnologiche degli altri Paesi, ma pensiamo che questa sia una pratica portata avanti da tutti e comunque è quanto succede quasi da sempre quando un Paese si sviluppa e deve rincorrere i Paesi più avanzati. 

L’industrializzazione degli Stati Uniti fu avviata rubando i piani delle macchine per la tessitura agli inglesi; l’industrializzazione italiana del dopoguerra si compì per una buona parte copiando le tecnologie tedesche ed in parte statunitensi e francesi; e si potrebbe continuare. Se vogliamo, fatto questo poco noto, l’industrializzazione inglese si fece anche utilizzando delle tecnologie originarie della Cina; e il cerchio a questo punto si chiuderebbe. 

Ricordiamo comunque che la Cina è stata nel tempo forse l’innovatore più importante di tutta la storia. 

Da segnalare comunque che sempre i cinesi si sono messi, almeno da qualche anno, a produrre in maniera molto rilevante innovazione propria in molti campi. E se Huawei è in testa alle tecnologie nel suo settore appare difficile affermare che essa va avanti perché ruba i segreti di qualcun altro.

Su di un altro piano in realtà nessuno, per quanto abbia cercato, è riuscito a dimostrare che Huawei esercita attività di spionaggio, come suggerirebbero invece con insistenza gli americani; paradossalmente, le carte di Edgar Snowden hanno a suo tempo rivelato che sono stati gli Usa, qualche anno fa, a cercare di penetrare il quartier generale di Huawei e che comunque essi obbligano le imprese di telecomunicazione a aiutarli nell’attività di spionaggio degli altri Paesi. 

Semmai, come suggerisce qualcuno, se il 5G si sviluppa grazie in particolare a Huawei, gli Usa avranno più difficoltà a continuare nelle attività di spionaggio. Per altro verso, non è certo necessario utilizzare la rete 5G per carpire i segreti delle persone e delle imprese. 

La ragione vera del contendere

Dietro le dichiarazioni oltranziste di Donald Trump sullo squilibrio commerciale Cina/Usa, si intravede, quasi ovviamente, la più importante questione del predominio tecnologico mondiale, se almeno le mosse del presidente americano hanno un fondamento razionale. 

Gli Stati Uniti, sino a ieri leader indiscussi nell’innovazione, sono ora minacciati dalla crescita rapida del know-how cinese e temono di dover a loro volta restare indietro. 

Sullo sfondo del fatto che essi sono ancora oggi complessivamente il Paese all’avanguardia dello sviluppo tecnologico, non è solo il settore delle telecomunicazioni quello in cui gli asiatici tendono a conquistare il primato; si potrebbe parlare ancora del fintech, dell’ e-commerce, di alcuni settori dell’intelligenza artificiale, dei droni, dei grandi computer e dei grandi radiotelescopi, sino all’auto elettrica e alle batterie relative, ai treni ad alta velocità, alle linee di trasmissione elettrica, alle centrali nucleari (solo ai cinesi è riuscito per il momento l’arduo compito di far funzionare le centrali nucleari di nuova concezione francese), ecc.. 

Vero è che in alcuni settori cruciali il Paese è ancora anche parecchio indietro (chip, aeronautica civile), fatto che la mette per alcuni aspetti in posizione  di almeno relativa debolezza nei confronti degli Stati Uniti, ma essa sta cercando di colmare i suoi ritardi, anche se ci vorranno da cinque a dieci anni per riempire i buchi nei due settori.

Va anche ricordato che ormai la Cina produce ogni anno più ingegneri e scienziati degli Stati Uniti, chiede ogni anno un maggior numero di brevetti, è leader nelle pubblicazioni di articoli sulle riviste scientifiche e così via.

Il caso del Giappone e quello della Warren

E appare evidente che nei confronti della Cina gli Stati Uniti non sono in grado di applicare gli stessi metodi di pressione utilizzati a suo tempo nei confronti del Giappone e della Russia. Nel caso del primo Paese in particolare, quando esso sembrava essere all’assalto in molti settori industriali di punta, gli Stati Uniti lo obbligarono in sostanza a fermarsi, in particolare costringendolo ad una forte rivalutazione dello yen e con la minaccia di chiudere il mercato statunitense con quote e tariffe. Ma gli Stati Uniti vinsero a suo tempo per la totale sudditanza politica generale del Paese asiatico e la marcata differenza tra i due Stati anche nei rapporti di forza finanziari. Con la Cina il gioco si presenta come più difficile.

Va curiosamente sottolineato come sulla necessità del contenimento tecnologico, economico, finanziario, politico, della Cina ci sia oggi una sostanziale unanimità di vedute tra repubblicani e democratici. Qualcuno ha provato, ad esempio, a leggere il programma elettorale di Elizabeth Warren  sul fronte del confronto con la “minaccia” cinese e più in generale per quanto riguarda le linee della politica estera e delle questioni militari? Esso appare più bellicoso e interventista di quello di Trump.

L’applicazione extraterritoriale delle leggi statunitensi

L’arresto del direttore finanziario della Huawei e poi il suo collocamento su cauzione agli arresti domiciliari in Canada indica un altro aspetto della controversia. Gli Stati Uniti, nell’ambito del tentativo di dare fastidio alle società tecnologiche cinesi e di imporre il loro peso politico al resto del mondo, si stanno spingendo fortemente in direzione di una applicazione extraterritoriale delle leggi americane; si sono utilizzate comunque a tale proposito le sanzioni (Russia, Corea del Nord, Iran, Venezuela), la minacce di esclusione dal mercato interno, nonché quella dai circuiti finanziari internazionali, e così via.

Ma questo atteggiamento tende a spingere ormai sempre più i Paesi interessati a trovare delle via alternative per andare avanti, in particolare ad utilizzare mezzi di regolamento alternativi per le  transazioni commerciali e ad accelerare in particolare i processi di internazionalizzazione della moneta cinese. 

Per quanto riguarda la Huawei, mentre Paesi come l’Australia e il Giappone, i più fedeli alleati degli Stati Uniti, hanno subito accettato le richieste di Trump di escludere la società cinese dal loro mercato del 5G, la Gran Bretagna e la Germania sembra invece che si potrebbero accontentare, come sembra ragionevole, di controllare le loro tecnologie attraverso apposite agenzie, anche se le pressioni statunitensi si vanno facendo sempre più forti. Staremo a vedere.   

Conclusioni

Appare plausibile, anche se non certo, che nella prossime settimane verrà segnato un accordo sul fronte della disputa commerciale tra Cina e Stati Uniti, accordo che potrebbe prevedere anche dei riferimenti al caso Huawei ed altri affari simili. Ma tutti i commentatori sono d’accordo nel sottolineare che, se ci sarà un’intesa, essa sarà a titolo provvisorio, dal momento che gli Stati Uniti non accetteranno sino all’ultimo che il Paese asiatico acquisisca la leadership o anche solo la parità tecnologica con gli Stati Uniti, fatto che viene considerato da molti ormai, come già accennato, peraltro  inevitabile. Speriamo soltanto che il conflitto non diventi armato.