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Bugie non sostenibili

Dietro la recente multa comminata all’ENI dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato per pratica commerciale ingannevole, c’è la storia di tante multinazionali che dietro una maschera di sostenibilità sociale e ambientale nascondono la propria volontà di proteggere interessi e affari miliardari.

“Bugie non sostenibili”: questo il titolo che Legambiente ha dato al comunicato stampa che commenta qualche giorno fa la multa di 5 milioni di euro comminata all’ENI dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato per pratica commerciale ingannevole. Ne abbiamo parlato qui.

L’ENI ci ha infatti inondato per settimane di pubblicità mendace propagandando un diesel green e sostenibile distribuito dalla multinazionale che avrebbe ridotto del 40% le emissioni di gas serra. Di questa virtù “verde” del diesel non c’è evidenza scientifica, cioè è falso. L’ENI in questi mesi ha fatto di tutto per apparire “sostenibile” – scrive documenti, partecipa alle reti della società civile, scrive rapporti – ma in realtà così non è, come evidenziato da un puntuale rapporto sulla multinazionale partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (“Enemy of the planet”), realizzato sempre da Legambiente.

C’è un’altra multinazionale, sempre partecipata dal MEF, che scrive anch’essa rapporti “social”, fa i bilanci di sostenibilità, finanzia le reti della società civile – e che vuole partecipare ai forum per la “pace” – ma che produce e vende armi a paesi in guerra, che violano i diritti umani, autoritari: è il Gruppo Leonardo, che quando si tratta di fare business – purché sia “sostenibile” – non si fa tanti scrupoli, si parli dell’Arabia Saudita, del Qatar, del Turkmenistan.

Campioni della “sostenibilità” e della solidarietà sono poi le compagnie telefoniche, i gestori della telefonia mobile che stanno per ricevere una mega multa milionaria per aver fatto “cartello” e aver così truffato i consumatori, quando solo poco tempo fa si sono messi d’accordo per passare dalle fatture mensili a quelle a 28 giorni.

E potremmo continuare. Gli esempi di green washing e social washing si sprecano e l’inganno nei confronti dell’opinione pubblica, delle associazioni e dei decisori politici è enorme. Spesso (alcune) associazioni, reti e politici si fanno fregare per pura fesseria, in altri casi per complicità. Ma è ora che la società civile alzi la testa. Questo festival di retorica sulla “sostenibilità” sta producendo molti danni: si sdoganano imprese che inquinano, si fa marketing senza scrupoli, si baratta qualche finanziamento dando in cambio credibilità a chi ha a cuore solo il proprio business.

La sostenibilità è una cosa seria e non ci si può fa ingannare da chi la usa come un gadget etico per darsi un rivestimento sociale e verde. Le bugie in ogni caso non sono sostenibili.