Nell’Allegato infrastrutture del Def si parla di politica dei trasporti sostenibile. Ma c’è il rischio che cancellata la legge Obiettivo restino in corsa le grandi opere
Cambia contenuti l’Allegato Infrastrutture al DEF 2016, almeno a parole. Non più il solito Piano di Infrastrutture Strategiche (PIS) previsto dalla Legge Obiettivo, ma un documento di “Strategie per le infrastrutture di trasporto e logistica” che configura la nuova politica del Ministro Graziano Delrio per la mobilità e le reti.
Il documento contiene in Appendice anche la “lista delle 25 opere prioritarie” – già in corso di realizzazione, approvate o in progetto secondo le procedure della Legge Obiettivo già indicate nel DEF 2015 dal Ministero – che vanno avanti come se niente fosse, mentre dovrebbero essere verificate e riviste secondo i criteri di utilità pubblica e analisi costi/benefici indicati dallo stesso documento. C’è quindi una vistosa contraddizione tra i buoni principi e la realtà delle grandi opere in corso.
Il documento è coerente con i contenuti del nuovo Codice Appalti entrato in funzione il 19 aprile 2016, che cancella le semplificazioni della Legge Obiettivo 443 del 2001 del Governo Berlusconi. Le nuove regole cancellano il Piano delle Infrastrutture Strategiche (PIS), l’esclusione dei Comuni dalle decisioni, la VIA sul progetto preliminare. Si torna ad un unico regime ordinario di regole per realizzare le opere, il procedimento sarà in mano al Ministero dei Trasporti e le Infrastrutture, ritorna la VIA sul progetto definitivo, ma resta l’approvazione dei finanziamenti e dei relativi progetti rilevanti al Cipe. L’ultima versione del Codice Appalti pubblicata in Gazzetta ha indebolito il MIT e rafforzato il Cipe, come voleva peraltro la Presidenza del Consiglio.
Il ritorno alla pianificazione dei trasporti e della logistica
La programmazione delle infrastrutture viene demandata a due strumenti fondamentali: il Piano Generale dei Trasporti e della Logistica che deve indicare le politiche, gli obiettivi e gli strumenti, che motivano la scelta delle opere, da aggiornare ogni tre anni.
Il secondo strumento è il Documento Pluriennale di programmazione(DPP) che deve integrare tutti i programmi esistenti nelle opere pubbliche – RFI, ANAS, Porti, Aeroporti, reti urbane, Concessionarie Autostradali – con coerenza secondo i principi del DglS 228 del 2011 e mai applicato. Adesso ogni piano settoriale viene approvato ed attuato in modo separato, senza attenzione ai nodi ed alla integrazione dei progetti e dei servizi. Il primo DPP dovrà essere predisposto entro un anno.
A questo strumenti si aggiunge la project review, per rivedere le opere non ancora avviate ma già decise con le procedure della legge obiettivo.
L’Allegato, con le analisi sulla mobilità e le infrastrutture sono già “la premessa ad un nuovo Piano Generale dei Trasporti e della Logistica” con un quadro organico degli obiettivi, delle strategie, delle azioni intraprese e da intraprendere.
Il contesto di riferimento si inquadra nelle politiche europee delle reti TEN, analizza lo stato dei poli e delle reti urbane e metropolitane sottolineando i problemi di accessibilità nelle città, valuta lo stato dei nodi come porti, interporti ed aeroporti, effettua una disamina delle stato delle reti come strade, autostrade e ferrovie.
Di questo contesto italiano analizza i punti di forza e di punti di debolezza, tra cui le scarse risorse investite per la manutenzione, la ripartizione disomogenea di infrastrutture e servizi sul territorio nazionale, lo squilibro modale a favore della modalità stradale.
Nel secondo capitolo vengono indicati quattro obiettivi prioritari della strategia per le infrastrutture e di trasporti:
- Accessibilità ai territori, all’Europa ed al Mediterraneo
- Qualità della vita e competitività delle aree urbane
- Mobilità sostenibile e sicura
- Sostegno alle politiche industriali e di filiera
Per l’accessibilità viene indicato un obiettivo, un target: il 30% della popolazione dovrà essere servita dall’Alta velocità entro il 2030, ed un massimo di due ore per accedere a porti ed aeroporti.
Molto significativo ed opportuno per le aree urbane e metropolitane il target di mobilità sostenibile entro il 2030: la ripartizione modale della mobilità urbana dovrà raggiungere il 40% di trasporto pubblico, il 10% di mobilità ciclopedonale e si dovrà incrementare con un + 20% i km di tram/metro per abitante.
Obiettivi davvero sfidanti e necessari per garantire accessibilità, vivibilità nelle città, riduzione dei gas serra e delle emissioni inquinanti, che qualificano in senso innovativo la strategia del Ministro Delrio sulla mobilità urbana.
Le linee d’azione puntano all’integrazione modale, alla cura del ferro, allo sviluppo urbano sostenibile, alla crescita della portualità e della logistica, al riequilibro modale, favorire l’uso degli ITS, ad incrementare la manutenzione delle reti e la valorizzazione del patrimonio esistente, il potenziamento tecnologico delle infrastrutture.
Un’osservazione critica: tra gli strumenti non viene mai richiamata la VAS, la Valutazione Ambientale Strategica che dovrà accompagnare tutti i processi di elaborazione, partecipazione e valutazione dei Piani e Programmi, ormai obbligatoria. Non era un richiamo inutile in un documento che si pone obiettivi di sostenibilità e che dovrà fare i conti anche con la riduzione delle emissioni dei gas serra – i trasporti pesano per il 26% delle emissioni totali – con gli impegni sottoscritti dal governo italiano.
Positivo che si torna a ragionare di pianificazione, di programmazione, di qualità dei progetti, con una critica esplicata alle semplificazioni ed alle liste della Legge Obiettivo, da sostituire con “investimenti realmente utili al Paese” per offrire servizi di trasporto capaci di soddisfare i bisogni di mobilità ed accessibilità del paese.
Ma intanto avanzano le grandi opere della legge obiettivo
Infrastrutture utili, snelle e condivise: cosi è il titolo del capitolo dedicato agli investimenti per i trasporti nell’Allegato: ottimo principio ma quando accadrà davvero?
Come detto nello stesso Allegato DEF 2016 si confermano in Appendice le 25 opere strategiche già decise con l’Allegato Infrastrutture del 2015, in parte in corso di realizzazione ed in parte in corso di progettazione, del valore di 70 miliardi di costo e di cui sono disponibili 48 miliardi, incluse le risorse private dei concessionari. Ma anche su queste opere sarebbe necessario applicare la project review, la revisione di progetto per verificarne l’utilità ed il sovradimensionamento.
Tra queste 25 opere vi sono opere utili come metropolitane, reti tramviarie e Servizi Ferroviari Metropolitani. Ma ci sono anche pezzi di alta velocità come il terzo valico Milano-Genova o nuove autostrade come la Pedemontana Lombarda, che davvero dovrebbero essere riviste dato che la loro realizzazione è al 15% ed hanno un impatto e costi davvero notevoli a fronte di una scarsa utilità collettiva.
Una analogo ragionamento riguarda l’Alta Velocità Torino-Lione, di cui si è ampiamente documentato la scarsa utilità, gli alti costi ed impatti: difficile quindi considerarla una priorità come fa il documento del Ministro Delrio, che motiva la scelta in relazione alle reti TEN europee.
Si dovrebbe rivedere anche la Pedemontana Veneta, che è diventata un ibrido tra superstrada a pagamento ma con caratteristiche autostradali, che grazie al Commissario è stata approvata in deroga alla stessa legge obiettivo e di cui la Corte dei Conti ha denunciato nella sua relazione l’insostenibilità finanziaria.
Di una verifica hanno bisogno anche gli investimenti sulla SS Ionica 106, di cui circa 1 miliardo sono lavori in corso ed altri 6, 3 miliardi sono quelli in progettazione: abbiamo visto progetti sovrastimati, impatti devastanti e costi insostenibili che niente hanno a che fare con il necessario adeguamento della Strada Statale Ionica.
Oltre le 25 opere prioritarie ci sono altre 165 le opere – per un costo complessivo di 145 miliardi – che sono state approvate dal Cipe con progetto preliminare, progetto definitivo e/ quadro economico e finanziario, ai sensi della Legge Obiettivo. Sarà necessario intervenire per selezionare, ridimensionare e cancellare una buona parte di queste opere come prevede lo strumento della project review previsto dal nuovo Codice Appalti.
Tra queste opere c’è l’Autostrada della Maremma, che dopo molte polemiche e revisioni di tracciato, con l’ultimo accordo MIT-SAT-Regioni prevede un progetto autostradale tra Grosseto e Tarquinia a ridosso dell’Aurelia: i scarsi volumi di traffico non giustificano un sistema chiuso, basta adeguare l’Aurelia dove è ancora a due corsie ed introdurre un pedaggio free flow che escluda i residenti.
Ci sono opere come l’Autostrada Cispadana, la Gronda di Genova, il Passante di Bologna che dopo l’abbandono del tracciato nella pianura adesso è tornato come potenziamento del fascio tangenziale ma non avrà pochi problemi di impatto sulla città: bisognerebbe ragionare su come usare in modo efficiente le attuali corsie senza ampliamenti, aprendo anche quelle autostradali (in gergo si chiama banalizzazione).
Per il TiBre autostradale Parma-Verona, il Ministero e Regione Emilia Romagna hanno deciso di abbandonare il secondo lotto – costoso ed impattante – con il disaccordo delle Regioni Veneto e Lombardia. Puntano comunque alla realizzazione del primo lotto, 10 km per 513 milioni di euro: anche qui serve un miglioramento della viabilità locale in diversi punti, un potenziamento delle ferrovie e l’abbandono definitivo del tracciato autostradale.
La cancellazione del progetto autostradale Orte Mestre è già stato annunciato dal Ministro Delrio e Anas ed si punta al miglioramento della E45 e della E55: questo è un bel passo in avanti e sarà importante la qualità dei progetti di adeguamento.
Pessime notizie invece sulla bretella Campogalliano Sassuolo, con il Cipe che nella seduta del 1 maggio 2016 avrebbe sbloccato e risolto gli aspetti finanziari, con la concessione di un prestito statale (da restituire nei primi 10 anni di gestione) e la defiscalizzazione dall’undicesimo anno di gestione in poi. Decisione prese al CIPE ai sensi Dlgs 163/2006 parte Legge Obiettivo, che quindi anche in questo caso continua a produrre i suoi effetti.
Con il nuovo Codice ha debuttato l’obbligo nelle concessioni di traferire al privato il “rischio operativo”, incluse le fluttuazioni del traffico per quelle autostradali, senza che siano presenti garanzie pubbliche. Resta da capire come e se verrà applicata alle concessioni in essere, che hanno atti convenzionali già sottoscritti e che faranno una resistenza granitica all’introduzione di questo principio.
E le preoccupazioni aumentano con il parere circolato nei giorni scorsi del DIPE, Presidenza del Consiglio, in cui si ipotizzava che tutte le opere con procedure autorizzative avviate con la legge obbiettivo dovranno concludersi nello stesso modo.
Se poi aggiungiamo le semplificazioni in arrivo ai sensi della norma Madia, come la nuova Conferenza dei Servizi con il silenzio assenso anche per gli enti di tutela e la VIA ed il Regolamento “sblocca opere” per la completa delegificazione della Pubblica Amministrazione, il quadro è completo e preoccupante.
Il rischio concreto è che, cancellata la legge obiettivo, non si cancellino le grandi opere inutili e devastanti, mentre nuove semplificazioni sostituiscono quelle previste dal Codice Appalti del 2006. Serve una azione energica di indirizzo sul regime transitorio della legge Obiettivo del Ministro Delrio, capace di trasformare in fatti concreti le politiche positive annunciate nell’Allegato al DEF, per realizzare le opere utili, snelle e condivise.